Wormhole, invasori da un’altra galassia
Il Wormhole è una ben nota condizione cosmica soprattutto fantascientifica: una curvatura spaziale provocata (si dice) da un buco nero che permette di mettere improvvisamente vicine due regioni dello spazio, normalmente lontane, se non addirittura lontanissime. Una volta piegato e ravvicinato lo spazio, è evidente che dovrebbe essere possibile passare da una regione all’altra con mezzi volanti spaziali più o meno tradizionali e (apparentemente) sconfiggendo il limite della velocità della luce.
Due tra i massimi conoscitori della scienza e della fantascienza, come Donato Altomare e l’astronauta Umberto Guidoni scrivono assieme un’avventura davvero oltre il tempo e lo spazio, per lo meno rispetto ai più diffusi generi fantascientifici attuali.
Devo confessare che erano anni che non mi divertivo come con Wormhole, Ugo Mursia Editore, circa 300 pagine di adrenalinica avventura spaziale basata sul mai dimenticato stile dei migliori Pulp.
Un’unica critica, se vogliamo dire così, da parte di uno come me che nasce con i famosi titoli su Urania di Monicelli e non ho resistito. Perché solo Wormhole? Piuttosto il monicelliano Wormhole: I vampiri da un’altra galassia, titolo che davvero richiamerebbe gli amanti di questo tipo di fantascienza.
Che dici Donato?
Donato:
Ci abbiamo pensato, ma c’è il libro (e poi il film) di Colin Wilson I vampiri dello spazio…
Si inizia con una specie di prologo, in cui l’Umanità di fatto ignora, come è davvero accaduto, il passaggio a distanza ravvicinata (dal punto di vista astronomico) di un asteroide. Si tratta dell’impronunciabile ‘Oumuamua, che in lingua hawaiana significa qualcosa come messaggero che arriva per primo da lontano. Come ci spiegano Donato e Umberto, si tratta di un oggetto interstellare e mostra caratteristiche curiose: velocità superiore a quella che parrebbe possibile, per esempio. Si direbbe non un corpo naturale, ma qualcosa di artificiale.
Qui abbiamo un bell’esempio di scienza applicata alla fantascienza.
Umberto e Donato: Come avete fatto a lavorare così bene assieme? E chi ha elaborato principalmente la parte scientifica?
Donato:
L’idea di partenza è stata di Umberto. Tutto ciò che riguarda la scienza e l’universo è opera sua. Mi ha fatto capire che non è affatto facile raccontare dello spazio se non hai una solida preparazione. Io poi ‘narravo’ quella ‘scienza’. Tornavamo a parlarne più volte, apportando modifiche o aggiunte, sino a quando entrambi non eravamo soddisfatti.
Umberto:
Hai detto benissimo: «scienza applicata alla fantascienza». Uno degli obiettivi era proprio quello di provare a divulgare concetti scientifici raccontando una storia capace di intrattenere e divertire (edutainment). L’alternanza fra le conoscenze scientifiche presenti e le possibili estrapolazioni future è una delle chiavi di lettura di tutto il romanzo. Partendo da temi attuali come i cambiamenti climatici e l’esaurirsi delle materie prime, l’esplorazione spaziale e la colonizzazione di Marte, abbiamo provato a immaginare quello che potrebbe accadere tra mezzo secolo.
Il romanzo è nettamente diviso in due parti.
Nella prima assistiamo a uno straordinario evento di contatto alieno, con difficoltà incredibili e insuperabili. Leggendo non si riesce a smettere.
Donato mi sembra difficile elaborare una storia così bilanciata e senza soste scrivendo in due. Qual è il vostro segreto?
Donato:
Ho una certa esperienza riguardo l’indispensabile bilanciamento di un romanzo. Quindi non ho avuto problemi, vieppiù che Umberto mi ha sempre lasciato campo libero nella narrazione. Il segreto per poter scrivere a quattro mani è il classico uovo di Colombo: io non discutevo le sue idee di astrofisico, lui non discuteva il mio modo di scrivere. Un connubio perfetto.
Umberto, quanta parte della tua fantasia è andata a letture come La Guerra dei Mondi in questa fase e in tutto il libro direi?
Umberto:
Sicuramente le storie di invasioni aliene, da quella classica di Herbert G. Wells a quella più recente della trilogia di Liu Cixin, hanno avuto un ruolo nell’ideare l’incontro-scontro con gli abitanti di Gliese 1061d. È estremamente difficile immaginare qualcosa di totalmente nuovo ma uno dei punti da cui siamo partiti è stato proprio provare a descrivere una civiltà extraterrestre che fosse, per quanto possibile, “diversa” da quelle che abitualmente popolano i romanzi di fantascienza.
Poi avviene un fatterello così significativo da cambiare il corso universale della sfiga. Forse! Chissà!
Ovviamente i buoni autori di fantascienza non si lasciano scappare questa opportunità ed è allora che incomincia la parte davvero originale e decisamente interessante di questo romanzo.
Grandi avventure e grandissimi pericoli per i nostri eroi. Il lettore rimane sempre con la voglia di capire cosa succederà alla pagina successiva e l’impossibilità di smettere di leggere.
Donato e Umberto: ho l’impressione che uno di voi mettesse i personaggi in condizione di non poter uscire da una situazione infernale, mentre l’altro dovesse immaginare qualcosa che li facesse scampare da morte sicura.
Donato:
Per la verità è ‘colpa’ mia. In tutte le mie storie anche fantasy, mi sono sempre divertito a mettere i miei personaggi in serie difficoltà, poi li tiravo fuori dai pasticci. In Wormhole, spesso ne parlavamo insieme e spesso insieme trovavamo le soluzioni.
Umberto:
Donato è un vero vulcano di idee e ha reso la storia davvero accattivante e ricca di sorprese. Nonostante avessimo discusso insieme come concludere la storia, io stesso sono stato colto alla sprovvista dai colpi di scena finali.
Donato, per finire, avevi già scritto dei libri con un altro autore?
Donato:
No, mai fatto. Non credo che due autori possano scrivere agevolmente un romanzo, specie se ciascuno ha la sua personalità. Se lo fanno c’è sempre uno che ‘domina’ l’altro e che imposta la narrazione secondo il suo stile. Ma l’altro deve accettarlo, e non è facile. La nostra fortuna è che abbiamo campi di esperienza e conoscenza differenti, quindi non potevano entrare in conflitto.
Umberto, come ti è venuta la voglia di cimentarti in un romanzo?
Umberto:
Da adolescente ho amato la fantascienza che mi ha ispirato a intraprendere la carriera di astronauta. Qualche decennio dopo, quando ero in orbita intorno al nostro pianeta, ho pensato che lo stavo guardando proprio come farebbe un extraterrestre. Questa riflessione mi ha spinto a scrivere un romanzo, quasi a chiudere un percorso iniziato proprio con la fantascienza, ma non avrei mai affrontato questa sfida senza il prezioso contributo di Donato. È stato grazie alla sua grande esperienza di scrittore che Wormhole è diventata una storia coinvolgente fino all’ultima riga.
Ritenete che questa esperienza co-autorale potrà essere ripetuta?
Donato:
Disponibilissimo, mi piace lavorare con Umberto.
Umberto:
Lavorare con Donato è stata una bella esperienza che spero di ripetere, specialmente se il pubblico dimostrerà di apprezzare il nostro lavoro.
Quindi che si può dire di più?
È un romanzo che non può assolutamente mancare nell’esperienza di un lettore di fantascienza in genere. E soprattutto in quella di un vecchio amante dei Pulp.
Mi dispiace solo che Donato Altomare non accetti che i suoi lavori possano essere segnalati al Premio Vegetti, perché questo vale certamente una bella segnalazione.
Donato:
Per tutto il periodo in cui sono stato Presidente della World (quest’anno festeggio il decennale) mi sono sempre auto escluso dal Vegetti. Quest’anno non me la sono sentita poiché l’esclusione avrebbe coinvolto Umberto e lui merita tutta la segnalazione per il Vegetti, come del resto è avvenuta da parte di molti lettori e Wormhole è in finale.