Valerio Evangelisti: l’ultimo viaggio
Valerio Evangelisti ci ha lasciati.
Il suo sarà un viaggio di grande avventura, come ha sempre voluto fosse la sua vita e il suo scrivere.
L’ho conosciuto la prima volta per caso ed esattamente all’inizio della sua carriera.
Che fosse l’inizio è facile a dirsi: aveva appena vinto il Premio Urania ed era il suo ingresso ufficiale nel mondo della fantascienza.
Doveva essere il 1994. Non ricordo esattamente la data, ma faceva caldo.
Mi aveva telefonato l’amico Antonio Bellomi dicendomi che si sarebbe tenuto un pranzo tra amici per festeggiare la vittoria al Premio Urania di un nuovo scrittore.
Era sempre Antonio che mi teneva aggiornato su ciò che succedeva nell’Empireo di allora. Eppure, tra gli amici c’erano persone che conoscevo bene: mi rendo conto che oggi sono quasi tutti morti; il che è davvero triste: Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Antonio Bellomi, e non escludo ci fosse Ernesto Vegetti.
Ma certo anche un paio di altri che non ricordo con sicurezza. Sperabilmente ancora vivi. Immagino, ad esempio, Marzio Tosello, ché all’epoca partecipava sempre volentieri a questi simposi ed è una vera icona della fantascienza italiana.
Ci siamo ritrovati a Milano, all’incirca in zona Città Studi, in un ristorante che oggi non potrei mai identificare.
Pur nell’incertezza delle cose lasciate perdere perché all’epoca ritenute di scarsa importanza, oserei dire che Giuseppe Lippi avesse già una copia del libro Nicolas Eymerich, inquisitore che sarebbe uscito solo su Urania n. 1241, a ottobre.
Valerio mi fu subito simpatico: il solito intellettuale di sinistra, come si era più o meno tutti all’epoca, allampanato, timido, ma non tale da risultare silenzioso. Nell’occasione si è parlato abbastanza di Eymerich, di cui Valerio sapeva veramente tutto. Anche le avventure che probabilmente non aveva ancora nemmeno pensato.
Lui ne parlava come se fosse esistito davvero e si capiva che ci viveva assieme da un bel po’.
La saga di Eymerich è infatti lo stilema più importante nel lavoro di Valerio Evangelisti.
Era una caratteristica delle sue storie, quella di presentare una parte importante che si svolgeva nel 1300 e una, o più sottotrame che si svolgevano in epoche diverse: tipicamente nel futuro rispetto al medioevo di Eymerich.
Non è stato durante quel pranzo, ma in un incontro molto successivo quando gli ho chiesto come facesse a organizzare queste trame multiple. E Valerio mi ha risposto tranquillamente che le scriveva in modo separato: “Di solito faccio Eymerich, poi le altre. Alla fine, col computer, le suddivido in capitoli opportuni e controllo che siano conseguenti.”
Ciò che mi affascinava nei lavori di Valerio Evangelisti è che aveva trovato un modo di inserire una novità nel narrare fantascienza.
Già per lui, la fantascienza era più sense of wonder, che una vera unione tra scienza e fantasia. La parte fantascientifica, in senso stretto, nelle opere di Valerio era sempre piuttosto limitata.
Durate quel pranzo, la cosa più divertente che ricordo è quando Valerio rivolto al gruppo Mondadori presente, ma soprattutto a Vittorio Curtoni con cui diventerà molto amico, domandò: “Vorrei capire una cosa, se posso!? Come mai avete premiato questo romanzo di Eymerich e non quello che ho mandato l’anno scorso, Le catene di Eymerich?”
È palesemente sceso il gelo nel gruppo di lettori e giudici.
L’anno prima era stata premiata Nicoletta Vallorani, con Il cuore finto di DR. Libro che non ha inciso molto nel panorama della fantascienza italiana.
Vittorio e soci debbono aver pensato a chi aveva vinto l’anno prima e chissà che cosa sapevano, che nessuno di noi sapeva.
Alla fine, Vittorio Curtoni ebbe il coraggio di provare a giustificare quella situazione: “Ma… Perché quello dell’anno scorso non era molto di fantascienza.”
Valerio si ritenne soddisfatto. Ma sapeva benissimo che prima o poi quel primo romanzo glielo avrebbero pubblicato. Lo avevo capito perfino io, che ero al di fuori di tutto il meccanismo.
In quel periodo gli scrittori italiani di fantascienza erano fondamentalmente orientati su due tipologie. Come anche oggi, purtroppo.
- Gli appassionati di fantascienza americana: comunque in via di estinzione già a quel tempo. Tra questi si contavano quasi tutti i precursori, come Antonio Bellomi, Ugo Malaguti, Inisero Cremaschi, Roberta Rambelli che si firmava spesso John Rainbell e parecchi altri.
- Poi c’erano gli intellettuali moraviani: tra questi moltissimi miei amici che ho molto apprezzato come operatori nel campo, ma in genere molto meno come scrittori. Questo per via dell’abuso che facevano delle esplorazioni all’interno dell’animo umano, lì dove il lettore comune avrebbe voluto trascorrere due ore di avventure.
Era assolutamente d’obbligo trovare un metodo di scrittura che fosse diverso dalle due categorie sopra descritte e Valerio Evangelisti c’era riuscito perfettamente.
Si era reso conto che forse come scrittore lui non era particolarmente portato a raccontare di tecnologia e forse nemmeno molti lettori volevano saperne di più. Tuttavia, quello che cercavano i ragazzi del Baby Boom era di stupirsi. Spaventarsi piacevolmente di fronte ai fantasmi e agli eretici cattivi.
Il romanzo storico si proponeva immediatamente come fonte di mistero. Come poi avrebbero ben dimostrato Dan Brown e compagnia.
Non ho avuto modo di incontrare Valerio Evangelisti molte altre volte: gli avevo chiesto di venire a un incontro coi fan ad Acqui Terme, ma lui al tempo mi disse che era impegnato a fare un film in Francia.
Valerio era davvero multiforme.
Il suo romanzo era più o meno sempre scritto seguendo un meccanismo ben oliato, ma del resto è così che vanno i classici.
Ci mancherai Valerio.
Buon viaggio.
Immagine di Eymerich tratta dal sito ufficiale di Valerio Evangelisti
Franco Giambalvo
Appassionato di fantascienza da sempre, ma ha scoperto di esserlo in quarta elementare quando lo hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrebbe compiuto nove anni in quell'autunno. In seguito ha potuto scrivere con l'aiuto di Vittorio Curtoni e ha pubblicato un romanzo, del tutto ignorato, dagli Editori e dai lettori. Ma non si lamenta troppo: ama la fantascienza!