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Un sogno premonitore

Un sogno premonitore

Devo raccontarvi il sogno che ho fatto stanotte. È così straordinario… Devo assolutamente raccontarlo e credo proprio che cambierà completamente il modo in cui vedete il mondo e gli altri e voi stessi. Dunque… Oh bussano alla porta, vado ad aprire, attendetemi qualche minuto.

(Paolo Marongiu)

 

«E questo cosa sarebbe?». L’ispettore capo Jeremy Blankott stava sventolando un foglio di carta davanti all’agente Bob Frankbauer.

«È la trascrizione di una registrazione video documentale» rispose impassibile il poliziotto.

Blankott decise di scegliere con attenzione le parole. Era stanco, sveglio da venti ore e da quasi cinque non era riuscito a fumare. Più che l’educazione, furono le labbra a trattenere in parte ciò che avrebbe voluto dire, mentre queste si contorcevano in una smorfia tipica di chi è abituato a trattenere tra esse una sigaretta.

«Questo lo vedo anch’io, Bob. Riformulo la domanda in maniera più precisa. Perché questa trascrizione dovrebbe interessarmi?»

«Perché è del professor Thieth».

«Stai migliorando. Ti chiedo un ulteriore piccolo sforzo. Chi sarebbe il professor Thieth?» Non era pazienza, erano rassegnazione e stanchezza a portare avanti quello che sembrava un interrogatorio.

«Il più famoso precog al mondo. Le sue precognizioni oniriche vengono da anni vagliate dai nostri servizi segreti».

«Ecco, vedi che era facile? Se mi avessi spiegato tutto all’inizio avremmo risparmiato del tempo prezioso. Ora hai catturato la mia attenzione».

L’ispettore rilesse attentamente la trascrizione poi, quasi tra sé, disse: «Quindi il professore ha avuto un sogno premonitore a suo parere molto interessante» poi, rivolgendosi a Bob, «Prelevatelo dal suo appartamento e portatelo qui immediatamente, vediamo cos’ha da dirci».

«Abbiamo già tentato, capo. Al suo indirizzo non risponde nessuno».

«In questo caso diramate un avviso di scomparsa e divulgate la sua foto. Non può essere molto lontano. Quanto tempo fa è stato registrato il video?»

«Il video risulta delle 9.37 del 25 Maggio 2031».

L’ispettore guardò l’orologio appeso alla parete e iniziò mentalmente a calcolare la differenza di orario ma si bloccò quasi subito.

«Come 25 Maggio? Ci dev’essere un errore, oggi è il 28 Aprile!»

«Nessun errore capo, abbiamo verificato. L’impronta oraria è corretta e non è stata contraffatta. Il professore effettuerà questa registrazione fra circa un mese».

«Dannazione! Trovatelo subito!»

***

I giorni che seguirono furono frenetici ma infruttuosi. Ogni tentativo di rintracciare il professor Thieth fallì miseramente. Vennero interrogati i colleghi universitari più vicini a lui e controllate le immagini delle videocamere di sorveglianza: lo studioso sembrava sparito nel nulla. Venne coinvolta la Guardia Nazionale e attivate tutte le cellule di spionaggio all’estero nel timore che il professore fosse stato rapito o avesse venduto il suo segreto a potenze straniere. Vennero tenuti sotto controllo porti, aeroporti e i principali caselli autostradali. Si cercarono di tracciare gli addebiti della sua carta di credito ma fu tutto inutile: il professore sembrava essersi volatilizzato.

Le settimane passarono inesorabili.

 

Era mattina quando l’agente Frankbauer entrò nell’ufficio di Blankott con il suo solito atteggiamento dinoccolato. «Ritengo di aver individuato il professore».

«Dove?»

«A casa sua, ovviamente».

L’ispettore decise di non fare domande, salì con l’agente sull’auto di servizio e dopo pochi minuti di viaggio raggiunsero la villetta del professore. Salirono le scale e bussarono alla porta.

Un anziano uomo calvo, con piccoli occhiali tondi, comparve dietro l’uscio.

«I signori desiderano?»

«Polizia locale, professor Thieth, le dispiace se entriamo e le facciamo alcune domande?»

«Accomodatevi pure».

L’ingresso era luminoso, il professore accompagnò i due poliziotti in un ampio salone facendoli accomodare su due comode poltrone.

«Stavo per preparare il caffè: ne gradite una tazza?»

«Un buon caffè non si rifiuta mai» rispose il commissario.

«Allora mi assento solo un attimo e vi raggiungo subito». Così dicendo si avviò verso la porta e uscì dalla camera.

«Come hai fatto a sapere che oggi avremmo trovato il professore in casa?» chiese l’ispettore all’agente.

«Perché oggi è il 25 Maggio e, come risulta dalla trascrizione, qualcuno bussò alla porta del professore che andò ad aprire. Quindi siamo venuti qui, abbiamo bussato e lui ci ha aperto».

«Ditemi tutto signori. Spero non siate qui per notificarmi una contravvenzione».

«Assolutamente no professore,» rispose Blankott osservando con la coda dell’occhio l’agente senza però notare in lui alcun atteggiamento di superiorità per aver avuto quell’idea geniale, «siamo qui per una sua registrazione fatta…» soppesò attentamente le parole «presumibilmente pochi minuti fa». Non voleva correre il rischio di passare per un credulone, i viaggi nel tempo erano argomento di ambito fantascientifico, non poliziesco.

«Hmm… Può essere più preciso, ispettore?»

Con fare consumato, il poliziotto bevve lentamente il caffè.

«Nel video lei parlava di un sogno straordinario, di qualcosa che aveva visto e che avrebbe cambiato la vita di tutti noi».

Il professore li osservò con sguardo attento inarcando leggermente le sopracciglia.

«Immagino voi abbiate già intuito a cosa mi riferissi».

«Un’idea ce la siamo fatta, ma preferiremmo fosse lei a confermarcela».

«Non vi basta l’evidenza? Va bene, da fedeli servitori della legge capisco che abbiate bisogno di prove concrete. Ebbene sì, stanotte ho sognato qualcosa che cambierà la vita di molti di noi negli anni a venire; qualcosa che lascerà il segno, qualcosa che avete avuto modo di sperimentare in prima persona».

La tensione si palpava nel silenzio che era sceso, Blankott decise di porre fine a quel gioco fatto di affermazioni lasciate sospese. «Lei ha scoperto come viaggiare nel tempo» disse infine.

«Viaggiare nel tempo?» Il professore corrugò la fronte con fare indispettito. «Non diciamo fesserie! I viaggi nel tempo sono impossibili! Al massimo possiamo parlare di spostamenti sui vari piani temporali, ma quelli, anche se nessuno mi credette, li scoprii già anni fa! Io sto parlando di una nuova miscela di caffè, quella che state assaggiando: non vi sembra eccezionale?»

L’ispettore poggiò delicatamente la tazzina sul tavolo. «Miscela di caffè ha detto? Decine di pattuglie in queste ultime settimane si sono adoperate per ricercarla temendo un suo rapimento e lei ci parla di miscele di caffè?»

L’agente Frankbauer, che sembrava estraneo alla discussione in corso, osservava con molta attenzione i vari attestati assegnati al professore e appesi in bella mostra sulle pareti dello studio.

«Non ci avevo pensato, la mia scoperta potrebbe anche espormi a rischi di questo tipo».

Blankott era rosso d’ira. Non capiva se il motivo fosse il tempo perso o la figura da sprovveduto appena fatta. «E quindi lei non ha viaggiato nel tempo, ha semplicemente attraversato dei piani temporali. Che stupidaggine sarebbe questa? Lei ora è qui mentre ieri era nel Medioevo? Ha già deciso domani quale futuro vorrà visitare?»

«Domani sarò in quel preciso presente, ovunque questo si collochi, nel passato o nel futuro rispetto a questo piano. Anche questa nostra discussione potrebbe avvenire fra cento anni e nello stesso tempo essere già accaduta decine di volte in piani passati!»

«La ringraziamo professore» tagliò corto Blankott «eventi del presente molto più importanti ci aspettano».

Il professore, con fare dispiaciuto, li accompagnò alla porta. «Capisco – disse – non siete amanti del caffè. Pazienza. Per scusarmi del tempo che avete perso sarete i primi ad essere informati appena vivrò un altro sogno degno di nota».

«Non si disturbi» rispose l’ispettore salendo in macchina.

«Non capisco, Frankbauer, come abbia fatto a non andare in escandescenza nel sentire quelle fesserie!»

«Seguo da anni gli studi del professore e mi sembrano interessanti, inoltre quel caffè era veramente ottimo, capo».

«Frankbauer, lei sta correndo dei rischi. Sento crescere l’impulso di verificare se la pistola che ho nella fondina funziona ancora bene». Così dicendo appallottolò la trascrizione che aveva con sé e la lanciò con rabbia attraverso il finestrino aperto. «Mi è venuta fame. Fermiamoci nel prossimo locale».

«Lasci stare capo, ultimamente il servizio e la qualità del cibo sono peggiorati».

«Ultimamente? Ma se ha aperto solo ieri sera. Lei quante volte ci è già stato?»

L’agente sorrise impercettibilmente. «Almeno una decina di volte».

Beffarda, la trascrizione del video del professor Thieth veniva trasportata da una leggera brezza mattutina.

 

Copertina tratta da The Hotcorn
il racconto è © 2021 di Mirco Goldoni

Mirco Goldoni
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nasce presso questo sito come autore inizialmente di Twincipit e successivamente pubblicando un primo racconto tratto dal Twincipit di un altro Autore. Ha uno stile sicuro, che lo potrà lanciare verso mete più importanti.

1 Comment

  1. Paolo Marongiu

    Un racconto pieno di colpi di scena, al tempo stesso intenso e leggero. Complimenti all’autore.

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