TRUE LEGENDS; LA FANTASCIENZA CALCISTICA NASCE NEL LAZIO
True Legends: Interessante esperimento di quattro Autori laziali che scrivono separatamente, magari rischiando di produrre un romanzo parecchio slegato, ma invece la scampano alla grande.
Si tratta (in ordine rigidamente alfabetico) di Cristian Gaito (38 anni), Sergio Mastrillo (43 anni), Riccardo Vezza (45 anni) e Salvatore Vita (39 anni). Ho sentito di autori che scrivevano in coppia, però raramente di chi scrivesse in doppia coppia.
Ovviamente il libro è una specie di Fix-up, anche se ogni capitolo/racconto nasce nuovo e allo scopo di produrre il romanzo stesso. Diciamo che è un libro alla Kim Stanley Robinson.
La storia è semplice nella trama principale: l’uomo ha conquistato lo spazio, vive in mille mondi diversi. Del che non se ne parla moltissimo, lanciando solo alcuni lampi dedicati a bestie mostruose, mutanti, paesaggi straordinari. In questa società tutto si basa sul calcio: la FIFA controlla l’universo. Non sono ammessi sport diversi dal calcio. Si gioca in ogni luogo, dai campetti dei suburbi assolutamente irregolari, ai grandi impianti. Un ex giocatore, di nome Johnny Fresco, della Fresco’s Company, si è arricchito vendendo all’ingrosso i merluzzi surgelati. Ha un mucchio di soldi e decide di affidare a un allenatore (Diomede Beaumont, detto Dio) e a una sorta di procuratore (Clayton Rogers) la ricerca e la scelta di una ventina di giocatori (22 per la precisione) sparsi per tutto l’Universo. Scopo finale di tale selezione è di mettere assieme una super squadra, che parteciperà a un Campionato Universale detto True Legends.
I racconti hanno una sola cosa in comune: il linguaggio.
Gli Autori hanno scelto di seguire lo schema stilistico “incazzato” così tipico degli scrittori di fantascienza italiani. Nel racconto non c’è alcuno spazio per l’affabulazione, o per lo meno lo stile scelto la sconsiglia. Va di normalità la parolaccia, le cose schifose da raccontare per fare effetto, uno stile tra Dario Tonani e Blade Runner. Manca del tutto la critica politica, ma questo (perdonatemi) per me non è un difetto.
È invece abbondante la denuncia ecologista, lo spregio per le droghe, il disprezzo per il razzismo, tutte cose che vanno benissimo, anche se piuttosto sfruttate. Poi c’è la nostalgia del calcio passato, elemento che evidentemente accomuna il quartetto.
Qualcuno di loro deve aver messo assieme i diversi testi, con grande attenzione a mantenere uno stile sempre coerente e in questo senso ha fatto un buonissimo lavoro. È evidente che a me questo stile “incazzato” non piace tantissimo, ma qui confermo che è notevole. Non arriverò mai ad amare questo stile, comunque devo ammettere che il lavoro fatto è più che buono.
Poi, uno di loro che non nominerò (Sergio Mastrillo, come avrebbe scherzato Massimo Boldi), mi ha spiegato che nessuno è mai riuscito a capire “chi abbia scritto che cosa.”
“Sono sicuro che, se tu cercassi di capire chi ha scritto ogni capitolo, non riusciresti a indovinare di quale delle quattro mani si tratta. Finora nessuno ci è riuscito.”
Infatti, per me sarebbe un’operazione del tutto impossibile, non conoscendo affatto le caratteristiche di ognuno degli Autori. Quello che è certo è che i diversi capitoli hanno delle qualità decisamente diverse. Si va dal capitolo mediocre, al capitolo geniale. In questo senso la scrittura multipla si intuisce facilmente.
L’opera è prevista svilupparsi in tre libri separati: la ricerca della squadra è l’argomento del volume uno. Questo True Legends: Reclutamento.
La solita Gola Profonda di cui non dirò il nome (Sergio Mastrillo) mi spiega, che “Il secondo libro non si limiterà a seguire la convivenza in squadra dei personaggi e l’evoluzione del torneo, ma cercherà soprattutto di diradare La Grande Nebbia di cui si parla nel libro.”
Devo confessare che questa “Grande Nebbia” mi era del tutto sfuggita, se non me ne avesse parlato la mia Gola Profonda! Infatti appare in modo davvero appena accennato nel capitolo 11: un capitolo che a mio avviso è da includere tra quelli geniali.
L’odore di Martin Plaza e delle aiuole dai gigli profumati mi rallenta per qualche attimo d’estasi, poi riprendo la discesa verso i terrazzi mozzafiato di Le Guin Avenue.
Da qui il Generale, con la sua chioma bruna, si lascia ammirare in tutta la sua magnificenza.
Più in là, il Lago della Progenie sfavilla alla luce dell’aurora.
[…]
Scendo due rampe di scale bianchissime e mi ritrovo a passeggiare per il lungo Viale Tolkien: il mercato è già vivo e fremente, i barroccini magnetici fluttuano ai bordi della strada ed esibiscono ogni sorta di mercanzia.
[…]
Mi accerto che sia tutto a posto e riprendo a scendere, sempre più in basso, fino al Palazzo del Censimento, il tempio delle nascite.
Mi ha sempre inquietato quel pilone di pietra nera! Talmente levigato da assomigliare a uno specchio magnetico. Cerco di non fissarlo troppo e me la svigno verso ovest, tra i Vicoletti della Regina, dove le case e le serre si alternano con la consueta armonia.
Riesco a vedere la sagoma del Generale persino passando nei vicoli tra i palazzi più alti. Imbocco l’ultima rampa di scale.
Stavolta non è bianca e fredda, ma un nero tappeto mobile che scorre a perdita d’occhio, fino al livello del lago.
[…]
Oltre al calcio, del quale ci sono gli archivi più dettagliati, quel po’ che sappiamo a Happytown del periodo precedente al ventitreesimo secolo è preservato qua dentro.
Mi guardo intorno.
Qualcuno occupa già alcune delle postazioni per l’ascolto dei vecchi racconti: leggende tramandateci attraverso secoli di desolazione.
La “Grande Nebbia”, la chiamiamo noi.
Non c’è altro ed è decisamente possibile che questa citazione passi inosservata al lettore normale, anche se il capitolo ha delle caratteristiche assolutamente affascinanti. Lo stile di scrittura non è del tutto diverso dal resto del romanzo, ma abbastanza dissimile da colpire la mia attenzione: uno stile vagamente alla Jack Vance, che come forse qualcuno saprà, è proprio il mio punto debole! La qualità di questa scrittura riaffiora in altri due o tre capitoli e qui si capisce dunque, che c’è la medesima mano!
Per concludere, consiglio assolutamente la lettura di questo libro. Al momento devo ammettere che è uno tra quelli scritti meglio e con più idee, di quelli che mi sono capitati in lettura. L’ultimo capitolo, poi, è una sintesi perfetta della storia e devo dire certamente commovente.
Il che non è poco per un romanzo italiano di fantascienza!
Sul tema calcistico, Cose da Altri Mondi aveva recensito anche il libro Santi, poeti e commissari tecnici di Angelo Orlando Meloni.
Franco Giambalvo
Appassionato di fantascienza da sempre, ma ha scoperto di esserlo in quarta elementare quando lo hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrebbe compiuto nove anni in quell'autunno. In seguito ha potuto scrivere con l'aiuto di Vittorio Curtoni e ha pubblicato un romanzo, del tutto ignorato, dagli Editori e dai lettori. Ma non si lamenta troppo: ama la fantascienza!