THIRST (1979)
Nel mare magnum dei film sui vampiri, uno dei titoli più singolari è senz’altro Thirst di Rod Hardy, non fosse altro per come cerca di combinare tradizioni “storiche” e tematiche moderne e aggiornate.
Il film nasce da un copione originale del giornalista australiano John Pinkney, che fu influenzato dalla macabra vicenda della contessa ungherese Elizabeth Báthory, che a cavallo fra il 16° e 17° secolo uccise orrendamente diverse giovani contadine per nutrirsi del loro sangue, convinta che in esso si celasse una specie di elisir di giovinezza. A questa suggestione se ne aggiunse un’altra: il film di fantascienza 2022: i sopravvissuti (Soylent Green, 1973) di Richard Fleischer, che immagina una società futura che ricicla i cadaveri come cibo industriale per risolvere il problema della crisi alimentare in un mondo sovrappopolato.
Il copione di Pinkney trovò l’entusiasmo di Anthony I. Ginnane, un giovane ma agguerrito ex-critico ed ex-distributore cinematografico australiano che da alcuni si era lanciato nella produzione. Il suo primo film da produttore fu Fantasm (1974) di Richard Franklin, una commedia sexy girata in California, con scene decisamente spinte, ai limiti dell’hardcore (la porno-star John Holmes era fra gli interpreti), che fu un grosso successo. Dopo un film per famiglie come Blue Fire Lady (1977) di Ross Dimsey, la vera svolta per Ginnane fu il film Patrick (Patrick, 1978), ancora di Richard Franklin: un thriller parapsicologico incentrato su un giovane caduto in coma che conserva però dei poteri paranormali che usa per compiere feroci vendette. Il film fu un inaspettato successo in tutto il mondo (Italia inclusa), e Ginnane decise di lanciarsi sull’horror.
Ginnane affidò la regia di Thirst a Rod Hardy, un regista televisivo al suo esordio nel cinema. Affidarsi a registi esordienti è una costante di Ginnane, che la motivò così :
“Penso che puoi ottenere un impegno maggiore da un regista esordiente che si sforza di mostrare il suo valore. Non credo che un regista al suo terzo o quarto film abbia lo stesso slancio.”
Questo però rimane l’unico film per il cinema di Hardy, che continua tutt’ora una proficua carriera televisiva anche in America, e ha al suo attivo vari episodi di serie famose come X-Files, JAG, The Mentalist. Il cast di Thirst vede come protagonista Chantal Contouri, celebre in patria e sconosciuta all’estero, due “reduci” di Patrick (Rod Mullinar e Robert Thompson), accanto a David Hemmings, attore inglese famoso anche in Italia come protagonista di Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni e Profondo rosso (1975) di Dario Argento, e a Henry Silva, caratterista americano spesso usato nei ruoli di cattivo, anche lui con una stagione “italiana”, avendo partecipato a molti film del filone “poliziottesco” in voga nel nostro Paese negli anni Settanta. Quella di unire attori australiani con nomi inglesi e americani, nell’intento di facilitare le vendite all’estero, è un altra tipica pratica di Ginnane.
ATTENZIONE SPOILER
Cate Davis (Chantal Contouri) è una ricca donna d’affari di Melbourne, fidanzata con l’aitante Derek (Rod Mullinar) Per sua disgrazia, la donna è discendente della contessa Bathory, e per questo motivo Cate viene rapita dall’Hyma, una congrega che conta 70.000 adepti nel mondo, composta da persone ricche e potenti che si nutrono di sangue umano, convinti che sia un alimento benefico e ringiovanente. Cate viene rinchiusa nella “Fattoria”, un complesso in cui molte persone giovani di ambo i sessi, drogati per annullarne la volontà, vengono “allevati” in modo tale da fornire il loro sangue ai membri dell’Hyma. Cate subisce un programma diretto dal dr. Fraser (David Hemmings), che mira a farla aderire alla Hyma e a “convertirla” al vampirismo. Sottoposta a cure farmacologiche e a condizionamenti psicologici, l’inorridita Cate lotta strenuamente per mantenere la sua identità, ma intorno a lei la realtà si sbriciola in un delirio allucinatorio e perverso…
L’idea di usare il vampirismo come metafora dello sfruttamento dei ricchi sui poveri non è nuovissima, e secondo molti critici è già insita nella mitologia stessa sui vampiri, che non a caso sono spesso dotati di titoli nobiliari, come il conte Dracula o la contessa Bathory. Thirst aggiorna il mito, cancellando ogni aspetto soprannaturale nei vampiri dell’Hyma e introducendo aspetti moderni come la farmacologia e la psicanalisi, e dando all’atto stesso di bere sangue un vero e proprio carattere industriale: i prigionieri della Fattoria sono trattati come dei veri e propri capi d’allevamento umani, costretti a seguire un protocollo studiato scientificamente e applicato su larga scala. Per questi aspetti e per la tematica paranoico-complottista, Thirst finisce col dare al vampirismo un sapore quasi fantascientifico.
La sceneggiatura di Pinkney è ben congegnata e segue una struttura solida, e la regia di Hardy non perde un colpo nell’allestire un crescendo drammatico sapiente e ben dosato, capace di passare dal realismo al sogno all’allucinazione con la dovuta scioltezza, senza quasi farcene accorgere. Chantal Contouri è bravissima nel passare da un registro all’altro, e ci dà un ritratto intenso e coinvolgente di Cate, un personaggio che vive molte trasformazioni caratteriali durante il film, ora combattiva, ora vittima, ora carnefice, ora amante appassionata, talvolta tutte queste cose. David Hemmings ritrae il personaggio del dr. Fraser con magnifica ambiguità, riuscendo a seminare continui dubbi sulle sue vere intenzioni, sulla sua alternanza di ferocia e pietà, che verranno risolti solo in un efficace finale a sorpresa.
Le scene memorabili abbondano, citiamo solo quella forse più complessa e articolata, quando la lussuosa prigione di Cate rotea, si sgretola e si trasforma come la stessa identità di Cate: una scena in cui effetti speciali, montaggio, gusto pittorico e recitazione si fondono con grande potenza espressiva e drammatica.
Una menzione la merita anche il commento musicale di Brian May (musicista australiano, da non confondere con l’omonimo membro dei Queen), che sa sempre ben adattarsi ai vari cambi di registro del film. Ora romantiche, ora evocative, ora incalzanti, le melodie di May riescono a creare una sapiente carica emotiva, di grande valore anche al di fuori delle immagini del film. May è autore anche dell’inno corale che accompagna le cerimonie della Hyma, il cui testo altro non è che il motto della società, composto da 6 parole latine: Hyma perpetuis semper ubique photis vanium.
Il film fu girato interamente a Melbourne e dintorni. La location principale è Montsalvat, dove furono girate tutte le scene della Fattoria. Si tratta di una grande villa in stile gotico a nord di Melbourne, sorta nel 1934 come una comune artistica, funzione che mantiene tuttora. La scena del picnic “onirico” fu invece girata nel Giardino Botanico di Melbourne.
David Hemmings partecipò ad altri tre film prodotti da Anthony I. Ginnane; fu infatti il co-protagonista di Harlequin (Harlequin, 1980) di Simon Wincer, il regista di Survivor – L’aereo maledetto (The Survivor, 1981), regista e co-produttore di Il tesoro dello Yankee Zephyr (Race for the Yankee Zephyr, 1981).
Thirst è tutt’ora inedito in Italia, e la cosa lascia stupiti non solo per il suo valore, ma anche perché nel suo cast ci sono due nomi celebri e legati con successo al cinema italiano, come appunto David Hemmings e Henry Silva. Inoltre il film fu realizzato dallo stesso team produttivo e e con due attori di Patrick, film come dicevamo di grande successo nel nostro Paese: tutti potenziali commerciali che nessuno distributore italiano, chissà perché, ha mai pensato di sfruttare.
anno: 1979
produzione: Australia
regia: Rod Hardy
musica: Brian May
cast: Chantal Contouri, David Hemmings, Max Phipps, Shirley Cameron, Henry Silva, Rod Mullinar, Robert Thompson
Mario Luca Moretti
Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano