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STATICA DI EANDO BINDER

STATICA DI EANDO BINDER

Mondi Passati – Vintage

Mario Luca Moretti ci presenta un altro inedito straniero da lui tradotto.

Eando Binder è lo pseudonimo usato dai fratelli Earl Binder (1904-1965) e Otto Binder (1911-1974) per i loro racconti pubblicati a partire dal 1932 su diverse riviste pulp dell’epoca. La loro creazione più famosa è il personaggio del robot Adam Link, protagonista di 7 racconti scritto tra il 1939 e il 1942. Dopo l’ultimo di questi, il sodalizio letterario si ruppe. Earl intraprese l’attività di agente letterario, mentre Otto continuò a scrivere da solo, mantenendo la firma Eando Binder, e alternò racconti e romanzi di SF con le sceneggiature di fumetti, fra cui la serie di Superman, a cui collaborò dal 1948 al 1969.

Titolo originale Static, Thrilling Wonder Stories, dicembre 1936
Traduzione: Mario Luca Moretti 2019

– Fermo, professore! Abbiamo una pistola!

L’uomo al tavolo di lavoro, alto, smilzo, con un camice da laboratorio grigio, si voltò lentamente.  Appoggiò l’elettrometro che aveva in mano. Quando finì di voltarsi, vide le due figure mascherate sulla porta del ripostiglio. Gli occhi si fissarono sulla pistola minacciosa, dotata di silenziatore che uno dei due gli puntava al cuore e sulla tozza automatica che l’altro aveva in mano. Lo sguardo di infastidita sorpresa sul volto si mutò in attonito smarrimento. Che cosa potevano cercare dei rapinatori nel laboratorio di un ricercatore?

– Non siamo ladruncoli, – lo informò il più alto dei due, che si mise in tasca l’automatica. Nel punto in cui copriva la bocca, il fazzoletto si arricciò come se stesse sorridendo. – No, non siamo rapinatori. Siamo venuti per qualcosa di più prezioso dei soldi. – S’interruppe come se aspettasse una risposta, ma lo scienziato lo fissava muto.

– Ecco, vogliamo quello!

L’uomo mascherato indicò un’apparecchiatura a un’estremità del lungo tavolo di lavoro. Ricordava i congegni interni di una radio, con molti tubi e bobine, e non aveva l’aria di essere l’invenzione radicalmente nuova che invece era. Un metro sopra, sostenuto da aste di bachelite, c’era uno specchio parabolico in cromo lucido. Lo scienziato non si girò per guardare dov’era puntato il dito, ma i suoi occhi si allargarono di colpo e subito si restrinsero. Fissava gli intrusi in silenzio.

– La sta prendendo con una certa calma, professor Hobson. Deve capire che la sua invenzione potrebbe fare un gran danno, nelle mani sbagliate!

– Danno? – chiese lo scienziato, aprendo bocca per la prima volta. -Proprio non capisco. Continuò:

– Trasmette energia ad alta frequenza lungo l’etere, ma solo in una forma sfasata – direi meglio statica. Ha il pregio di sprecare poca energia, però dà il suo piccolo impulso al processo. L’energia ricevuta prende la sgradevole forma di elettricità “a macchia”. Statica artificiale, in parole povere. È come trasmettere un maiale e farlo uscire a forma di wurstel. Vedete…

– Può risparmiarsi il resto, professor Hobson – tagliò corto l’uomo alto. Fece un gesto al compagno, poi si avvicinò allo scienziato. – Le dirò cosa può fare il suo aggeggio in una forma ingrandita. Può orientare e sparare un raggio di qualunque kilowattaggio, in forma di alta frequenza, a una distanza di 1500 chilometri, senza una evidente dispersione di energia. Così l’energia trasmessa senza cavi non può essere ricevuta in forma utile, perché è sfasata… ammucchiata e imprigionata in nodi statici. Tuttavia, professore, ha la peculiare facoltà di produrre scariche violente contro gli ostacoli metallici. Scariche mortali, professore!

Gli occhi dei due uomini lo fissarono. L’altro uomo mascherato era al suo fianco, pistola puntata con sicurezza sullo scienziato.

Di nuovo l’uomo mascherato sorrise dietro il fazzoletto, un sorriso che, se svelato, sarebbe stato sardonico.

– Pensi professore, se il raggio fosse indirizzato verso un aeroplano in volo. Pensi a migliaia di watt che roteano come un vortice attorno al pilota, che lo arrostiscono in tre secondi. Pensi a un raggio della morte che spazza via l’avanguardia di un esercito in marcia; s’immagini i fucili trasformati in una scintillante una macchina superstatica, che carbonizzano le mani e le braccia dei soldati. Cosa farebbe questo raggio puntato su un arsenale e trasformando ogni contenitore di metallo in incandescenti lampi elettrici!

Seguì un silenzio carico di tensione, che lo scienziato spezzò con una risatina. Eppure il suo sguardo restò cupo e serrato. Raddrizzò una piega del camice e disse con calma:

– Perché siete venuti da me così? Con le pistole, come ladri. Perché non un semplice appuntamento a casa mia?

– Ragioni di segretezza, – replicò l’altro seccamente. – Rappresento una potenza straniera. A essere melodrammatico, sono una spia. Nel tipico stile delle spie, sono entrato da una finestra aperta. La nostra organizzazione ha notato il suo primo articolo, sull’Electronic Journal, inerente la trasmissione d’energia via etere. Il terzo articolo, che riportava la caratteristica statica dell’esperimento, ha suscitato un vivace interesse nei nostri scienziati. Tre mesi fa il suo lavoro è progredito al punto da eliminare quasi tutta la dispersione di energia. Abbiamo pensato che non ci serviva nient’altro. Sono stati costruiti dei proiettori giganti, modellati sul suo apparecchio, ma non funzionano a dovere… Mancava qualcosa.

Lo scienziato si limitò a sollevare le sopracciglia, mentre l’altro parlava senza levargli gli occhi di dosso.

– La chiave di tutto, qualcosa che gli articoli non rivelavano, era chiuso nella mente dell’inventore. Le offriamo centomila dollari, se ci dà la formula nascosta nel suo cervello.

– Mmm… centomila – rifletté lo scienziato. – Centomila dollari per la formula che scatenerebbe un inferno di raggi su esseri umani inerti. Signori, la mia risposta è NO!

L’uomo mascherato gettò uno sguardo tagliente allo scienziato.

– Duecentomila!

– La mia formula non è in vendita!

I due uomini mascherati si scambiarono uno sguardo. Il più basso dei due fece un passo avanti. La punta della sua pistola si piegò leggermente, mentre l’altro uomo mascherato lo tirò indietro e si mise di fronte allo scienziato.

– Non faccia lo stupido, professore! – ringhiò. – Lei non è nella posizione di rifiutare. Il suo tono si fece di scherno. – Se sta pensando di tirare in lungo fino all’arrivo della guardia notturna a mezzanotte, la informo che sia il guardiano che il portiere di notte stanno elaborando una bella dose di narcotico! L’abbiamo sorvegliata per settimane, e sapevamo che spesso lei passa molte notti a lavorare in questo laboratorio. Questo ci ha reso il compito facile; è bastato levare di mezzo i due custodi. Adesso, che scelta le rimane?

Il professor Hobson poteva intuire il ghigno trionfante dell’altro sotto la maschera. Si sforzò di mantenere un’espressione imperturbabile. Lo aiutò a mantenere calmo il battito del suo cuore.

– E se rifiuto?

Qualcosa di simile a una risatina aspra giunse da sotto la maschera, mentre la spia rispondeva:

– L’alternativa può immaginarla facilmente. – Fece un gesto col pollice. – Il mio amico ha il grilletto facile.

– Vedo, – sospirò lo scienziato. – Tuttavia se mi uccideste, la mia formula morirebbe con me.

– Dimentica che c’è sempre la macchina, professore. Possiamo portarla via e svelare il segreto così. Sarebbe complicato, e richiederebbe tempo, per cui preferiremmo di gran lunga avere la formula direttamente da lei, la pagheremmo bene e avremmo un amico invece che un nemico.

Lo scienziato sospirò e raddrizzò la schiena. Alzò le spalle, rassegnato.

– Avete vinto, signori – Parlando, si spostò verso il banco all’angolo del laboratorio.

– Fermo! Non si muova!

Hobson si girò sorpreso.

– Non volete la formula della chiave dell’apparecchio? Devo scriverla!

– Furbo, professore, furbo, – disse la spia divertita. – Non vorremmo ritrovarci con la formula sbagliata. Mi dia la formula che voglio a parole e io la scriverò.

– Ma lei non capirebbe. È in simboli matematici complicati.

La spia rise beffarda.

– Sono uno scienziato, oltre che una spia. Ne mastico di equazioni. È il motivo per cui sono stato scelto per questa missione, per poter controllare sul posto la formula chiave del suo proiettore di raggi. Al lavoro, professore.

La spia si fece avanti fino all’apparecchio alla fine del tavolo da lavoro. Notando quanto fossero metodici i suoi movimenti, il professor Hobson sentì la raggelante sensazione che nasce da una situazione disperata.

Non vedeva via d’uscita. La minacciosa pistola bloccava ogni fuga. Doveva consegnare la formula segreta se voleva avere salva la vita! La sua stessa vita! Ma quante incalcolabili vite sarebbero andate perse come diretta conseguenza? Quante migliaia, forse milioni, sarebbero morte fulminate a causa della sua scoperta? Lo scienziato era sicuro che, quale che fosse la nazione dietro gli eventi di quella notte, avrebbe fatto pieno uso del potenziale distruttivo della sua invenzione.

Il professor Hobson era ancora immerso in questi pensieri, quando la sua mano toccò il cuore della macchina e ne estrasse un oggetto a forma di pera, in vetro e metallo.

– È abbastanza facile, cominciò mentre la spia ascoltava, – trasmettere lungo l’etere forme di energia ad alta frequenza, ma la dispersione è enorme. Il mio approccio al problema è stato scoprire un nuovo mezzo di trasmissione, il sub-etere, che…

– Tutto questo c’era già nei suoi articoli sul Journal, – tagliò corto la spia. – Conosco bene ogni passo delle sue operazioni tranne quello finale, cioè dare al suo raggio una forma definita come un raggio di luce visibile.

– Semplice emanazione neo-catodica, – spiegò lo scienziato. – Incanalo l’energia indotta ad alta frequenza in questo elettrificatore, la intrappolo, e la mando fuori come un raggio catodico che, come saprà, è un raggio e non una radiazione.

– Lo intrappola! Questo è il segreto! Ma come lo intrappola, professore?

Lo scienziato trasse un lungo respiro, si guardò intorno sconsolato, e poi cominciò la spiegazione del segreto che solo lui conosceva. Parlò per molti minuti, enunciò in parole stringate lo stupefacente metodo con cui convertiva la sua energia in un raggio. Uno sguardo di comprensione albeggiò negli occhi dello scienziato mascherato. Fu come versare liquido in un ampio imbuto e vederlo uscire come un sottile rivolo.

Improvvisamente, il professor Hobson si interruppe, prendendo fiato.

– Devo dimostrarlo a questo punto, – disse. I suoi occhi celavano una cupa, selvaggia intenzione. Le sue labbra si contorcevano. Prima che la spia s’insospettisse guardandolo in faccia, riprese il controllo delle sue emozioni. Le sue labbra assunsero un sorriso ingenuo. – Capirà meglio quello che segue, se mostro come i contatori leggono ogni stadio del processo.

– Molto bene, – acconsentì la spia-scienziato. – Comunque la avviso, Hobson, nessun trucco, oppure… – Indicò il suo scagnozzo. – Lei è ben coperto, professore. Ora vada avanti con la sua piccola dimostrazione.

Lo scienziato annuì, mise il tubo catodico a forma di pera nel macchinario con dita nervose. Lo agganciò fermamente al suo posto. Girò una levetta, girò un quadrante. Risuonò un ronzio, sempre più acuto, raggiunse la sua tonalità e si fermò. Girando la manopola di un aerostato, una fila di tubi si accesero come carboni bianchi. – All’inizio la posiziono sui 50 watt. – disse il professore. – Osservi gli indicatori, ora.

Ma fu solo dopo che il professore ebbe girato l’ultima levetta che l’uomo mascherato, ancora sospettoso, tolse gli occhi dal suo viso e guardò i quadranti.

– Vede? – indicò lo scienziato. – L’energia si accumula, diventa statica. E questa statica non è più utile della statica che esce dalle trasmissioni radiofoniche. Quando aumento l’energia, questa volta 100 watt, aumenta il valore di sfasamento. Può vedere, a occhio, il difetto di questa macchina per la trasmissione d’energia.

– Ma è l’ideale per un’arma a lungo raggio, – disse illuminandosi l’uomo mascherato. – Che potenza, e…

– 150 watt, – lo interruppe lo scienziato. – Guardi l’indicatore per l’elettrificatore catodico. Noterà che la “nota che tiene il tempo”  è più pronunciata quanto più aumenta l’energia. Ora 200 watt: noti che il flusso diminuisce quanto più l’energia è concentrata nella “nota tempo”.

– 200 watt è la sua capacità, non è vero? – ricordò la spia. – L’elettrificatore catodico si sta scaldando, per cui sarà meglio spegnerlo, se no…

– 250 watt! – gridò lo scienziato all’improvviso, dando una secca svolta al quadrante, – e guardi tutto bruciare all’inferno!

L’uomo mascherato si irrigidì di colpo con un ringhio. L’uomo con la pistola alzò la mano, tirò il grilletto. Il professor Hobson allungò un braccio davanti agli occhi, fece un salto all’indietro.

Sentì due forti rumori, così vicini l’uno all’altro da sembrare quasi all’unisono. L’acre odore di ozono riempì i suoi polmoni.

Dieci minuti dopo, sebbene barcollando per il sangue perso dalla spalla ferita, il professor Hobson aveva finito di fare a pezzi la sua macchina. Il segreto della trasmissione del raggio distruttore sarebbe morto con lui; il mondo sarebbe stato meglio senza di essa.

Poi si appoggiò annaspando al tavolo da lavoro, e guardò di nuovo i due corpi abbattuti sul pavimento, entrambi orrendamente maciullati. Quando la polizia fosse arrivata, avrebbe voluto sapere che cosa aveva fatto esplodere tutte le cartucce nelle loro pistole, uccidendoli all’istante.

– Non sapranno mai, – mormorò tra sé il professor Hobson, – che nell’inserire l’elettrificatore catodico, l’ho messo alla rovescia, rendendolo una comune macchina statica. I 20.000 volt che ne sono scaturiti, hanno colpito il metallo più vicino, cioè le loro pistole, come avevo calcolato. – Fece una risata debole, quasi isterica. – Stavo spiegando la trasmissione dei raggi, e tutto a un tratto c’è stata una trasmissione di scintille… statiche…

 

In copertina la locandina ufficiale di Prato Comics + Play 2018, realizzata da Francesco “Ausonia” Ciampi.

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano

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