Questo non lo avevo considerato
Il professor Quercioli stava seduto alla sua scrivania, fissando il computer dove scorreva un saggio in lenta e meticolosa elaborazione, quando sulla soglia apparve sua moglie Tina, col viso un po’ preoccupato.
«So che non vuoi essere disturbato quando lavori,» gli dice. «Ma c’è una visita che non credo possa essere rimandata.»
«Non aspettavo nessuno, comunque, chiunque sia fallo passare. Credo che un diversivo mi farà bene.»
La moglie fece un’espressione di evidente sollievo e si ritirò. Al suo posto entrò un uomo dall’aspetto aitante e probabilmente più giovanile di quelli che erano i suoi anni. Indossava uno zainetto tecnologico, percorso da luci che rivelavano che in quel momento l’apparecchiatura era in funzione. La sua mano destra ne trasportava un altro similare, anche se più piccolo e leggero, che invece era spento.
«Sovraintendente,» fece Quercioli a mo’ di saluto, «non aspettavo una sua visita… oh, e per di più in veste ufficiale a quanto vedo.»
L’uomo si guardò intorno e il professore comprese che cercava qualcosa su cui sedersi senza doversi togliere qual coso dalle spalle.
«Là dietro,» disse indicando un punto vicino al caminetto, «dovrebbe trovare uno sgabello senza schienale che fa al caso suo.»
Il nuovo venuto lo prese e lo mise di fronte alla scrivania per poi accomodarsi.
«Dunque c’è un’anomalia temporale,» osservò Quercioli. «vedo che lei è in Stasi.»
«Sì, sono parzialmente al di fuori del corso degli eventi.»
«Affascinante… Un conto è scrivere di queste cose, ma vederlo di persona… C’è come un leggero alone intorno a lei, appena percettibile…»
«Noi lo chiamiamo “Guscio”.»
«Direi appropriato. Cosa posso fare per lei?»
L’uomo fece una pausa, dalla quale lui intuì che quello stava per chiedergli un grandissimo favore.
«Ha ragione, professore, c’è un anomalia temporale grave. Un viaggiatore non autorizzato, un dissidente quasi di sicuro, è andato nel passato e ha fatto qualcosa che ha messo in pericolo la stabilità degli eventi odierni.»
«Come sempre nel vostro lavoro, immagino.»
«Più che giusto. Purtroppo…» esitò, «nessuno dei nostri operatori può intervenire, perché è una questione che solo lei può sistemare e nessun altro. Dobbiamo quindi chiederle, in via eccezionale, di fare un intervento nel passato per noi.»
«No, no, no!» protestò Quercioli. «Io sono solo un teorico dei viaggi nel tempo…»
«Il massimo direi…» lo corresse l’altro.
«Grazie. Ma non sono tuttavia stato addestrato a questo genere di… operazioni.»
«Più che giusto, ma non ci sono alternative…» il suo volto era così serio che il professore si decise a prestargli maggiore attenzione.
«Mi dica meglio cosa sta succedendo.»
«Qualcuno, come le dicevo, è tornato nel passato e, avvalendosi delle più moderne conoscenze sulla dinamica temporale è riuscito convincerla che i viaggi nel tempo sono perniciosi e a farle rinunciare ai suoi studi. Per cui…»
«Niente viaggi nel tempo…»
«Già…»
«Ovviamente siete riusciti a mettere in Stasi quel periodo temporale in modo circoscritto. Altrimenti non staremmo qui a parlarne.»
«Sì. Per il momento siamo riusciti a congelare quell’onda temporale. Ma sa bene che non potremmo contenerla ancora per molto.»
«Certo, certo… La rifrazione è troppo potente e prima o poi la vostra… piccola diga cederà.»
«Nulla sarà più come prima.»
«Diamine…» disse Quercioli con una nuova risoluzione in volto. «Che volete che faccia?»
«Sfortunatamente il dissidente ha messo in guardia la versione più giovane di lei sul fatto che riceverà visite per fargli cambiare idea.»
«Capisco, lui… Io, non cederò. Sulle questioni di etica scientifica sono sempre stato molto sensibile. Quel tizio mi avrà fatto credere di aver sottovalutato questi aspetti e le implicazioni dei miei studi.»
«Esattamente. E a questo punto c’è una sola persona che potrebbe convincerlo del contrario. Una sola di cui si potrebbe fidare.»
«Io stesso.»
«Appunto.»
Non c’era altro da fare, così il professore si alzò e andò a prendere lo zainetto che il sovraintendente gli aveva portato.
«È una versione esemplificata di quello che usiamo noi,» spiegò. «Ci sono solo tre banali pulsanti. Quello verde lo manderà direttamente nel luogo e nel momento più appropriato per l’incontro…»
«Senza testimoni, immagino.»
«Ovviamente. Il pulsante nero la riporterà a casa.»
«E questo rosso.»
«Quello serve solo in caso di malfunzionamento. Se avrà problemi, lo prema e verrà un nostro tecnico ad aiutarla.»
«Mi sembra fattibile. Ma mi dica quali sono… i parametri della missione; voi dite così, vero?»
«Sì. Lei deve solo parlare con se stesso e convincerlo a proseguire nel suo lavoro. Ovviamente fornendogli le minori indicazioni possibili, per non turbare…»
Quercioli non lo fece finire.
«Non deve spiegare certo a me i pericoli delle informazioni sul futuro. Comunque, è sempre bene essere chiari su tutto, quindi la rassicuro; mi limiterò a tranquillizzarlo, parlandogli solo di questioni puramente etiche, ma senza fornirgli dettagli storici o scientifici.»
«Mi fido di lei professore. Anche se non è addestrato, in un certo senso è lei che ha insegnato tutto a noi del mestiere.»
«La ringrazio.»
«Doveroso, io comunque, come da protocollo, me ne starò qui in Stasi per controllare che il flusso temporale sia tornato in ordine e non abbia in qualche modo subito altri contraccolpi relativi al suo intervento.»
«Molto assennato, non si sa mai. Ora, forse, è il caso che mi dia una mossa, se non vogliamo che sia tutto rovinato.»
L’altro annuì e il professore indicò il pulsante verde per essere sicuro di avere ben compreso, il sovrintendente confermò e lui lo premette.
Ci fu un breve fluttuazione e Quercioli scomparve.
Al suo ritorno, con suo stupore, Quercioli vide che il sovrintendente non lo degnava di uno sguardo e controllava ossessivamente un pad che era collegato al suo zainetto.
«Qualcosa non va?» gli chiese.
Lui continuava a guardarsi intorno stupito.
«In teoria non ci sono stati problemi, mah…»
In quel momento la porta si aprì ed entrò Tina.
«Tutto bene, voi due…? Avete bisogno di qualcosa…?»
«Be-ne, gra-zie…» biascicò il sovrintendente completamente basito.
«No. Non serve nulla, Tina,» fece il professore con un sorriso amorevole.
«Allora vi lascio alle vostre cose,» concluse lei, con voce accogliente e premurosa, e si ritirò.
«Che le succede? Sembra che abbia visto un fantasma?» chiese Quercioli, tornando al suo interlocutore. «Crede, forse, che io abbia commesso qualche grave errore, durante la missione?»
L’altro si rimise a osservare il suo monitor e si grattava la testa.
«Non capisco,» disse. «Secondo gli strumenti, l’anomalia è stata recuperata e il flusso storico ripristinato. La sua missione è stata un successo e non ha avuto alcuna ripercussione negativa.»
«E dunque…?»
«Ma qui è tutto un po’… cambiato.»
«Come cambiato?»
«Non dimentichi, professore, che io sono ancora in una bolla di Stasi e non sono per ora soggetto alle onde di rifrazione. Insomma… Anche se la strumentazione non indica nulla. Il suo studio è mutato sotto i miei occhi.»
«Mutato… come?» chiese Quercioli, guardandosi intorno come chi osserva la più assoluta normalità.
«Beh, non so come dire. Mi scuserà. Prima, era tutto un po’ più dimesso, trascurato. Ora sono apparsi alcuni mobili nuovi e qualche altra suppellettile… Mi pare che ci siano tutti i suoi attestati, certo… Ma ce n’è anche qualcuno in più.»
«Ad esempio?»
«Mmmh…. quello lassù. Alla destra del caminetto, che tra l’altro prima era spento ed ora è acceso.»
«Dice quello dell’Istituto Dithers?»
«Esatto.»
«L’ho preso per le mie attività di beneficenza.»
«È questo il problema, professore. Che io sappia lei non si era mai interessato a queste cose.»
«Oh, disdicevole.»
«E sua… moglie poi…»
«Tina? Cos’ha Tina…?» fece Quercioli più allarmato.
«Non so come dirglielo… La donna che mi ha accompagnato qui era completamente diversa. Una donna, mi scuserà, insignificante, con lo sguardo triste, i capelli crespi e vestita in modo sciatto. Ma ora…»
«Non so di cosa parla. L’ha ben visto…»
«Sì, ora è una donna affascinante, sicura di sé, elegante, curata. Stento a riconoscerla…»
«Ma che strano,» fece il professore. «Le assicuro che ho rispettato tutto quello che ci siamo detti. Abbiamo solo parlato di etica della scienza, confermandogli solo che l’umanità avrebbe tratto soprattutto benefici dalle sue… dalle mie scoperte…»
Restarono un attimo a riflettere, poi Quercioli scoppiò a ridere.
«Che succede professore?»
«Forse ho capito?»
«Mi dica.»
«Vede, caro amico, in effetti questo viaggio in prima persona mi ha consentito di comprendere qualcosa che prima d’ora mi era sfuggito, perché il me stesso originale non era in grado di comprenderla.»
«Vuol dire che… lei è cambiato?»
«Esattamente,» confermò il luminare. «Vede, io sono stato attento a non rivelargli nulla del suo futuro, ma la mia sola presenza gli ha detto molte cose… Troppe.»
«Ad esempio.»
«La certezza sulla morte per esempio.»
«Come?»
«Certo… Noi viviamo i nostri giorni anche con la consapevolezza che potremmo morire in qualsiasi istante, magari per un banale incidente. È un pensiero che rimuoviamo, ma che fa parte di noi in modo profondo, da quando nell’infanzia ci viene strappata la convinzione di essere immortali.»
«Quindi, quando lei ha visto se stesso più anziano…»
«Ha potuto avere l’assoluta certezza di una vita lunga e magari di successo. Una fortuna data a pochi.»
«In effetti sono cose che cambiano la prospettiva,» ammise il Sovrintendente.
«Ma la cosa più importante è il fatto di aver osservato la versione invecchiata di me stesso. Questo si che ti cambia notevolmente. E ora comincio a ricordare, a riconfigurare il mio nuovo flusso temporale. Non credo di aver cambiato di molto la mia vita, ma il mio atteggiamento verso tutto quanto non era più lo stesso. Sono sicuro che la mia vita prima era molto più infelice. E, da quello che mi dice, anche quella di mia moglie.»
«Sono cose che non sapevamo. Noi solitamente non mandiamo nessuno a incontrare se stesso nel passato, il rischio di paradossi è troppo elevato. Mi scusi.»
«Non si scusi. Sono sicuro che questa mia nuova vita è stata migliore di quella originale. Diciamo che questo è stato il mio compenso per il favore che vi ho reso…»
«Sì, sì…» bofonchiò il Sovrintendente. «Credo che per stavolta possiamo lasciar correre.»
«Ecco, ecco… Lasci correre. Ma ora la devo congedare. Devo uscire a cena con mia moglie. Lo facciamo tutti i giovedì.»
L’altro, che aveva spento il suo zaino ed era uscito dalla Stasi, lo guardò in modo perplesso.
«Non mi dica che anche uscire a cena con mia moglie è qualcosa che il mio sé precedente non avrebbe fatto…»
«L’altro scosse la testa: «Che io sappia, non era nelle sue abitudini.»
«Disdicevole. Veramente disdicevole… Anche se Tina non ne è più consapevole, questa sera bisogna che mi scusi con lei.»
© Giorgio Sangiorgi 2023,
Copertina © Giorgio Sangiorgi 2023, per Edizioni Scudo
Giorgio Sangiorgi
Sangiorgi lavora e vive a Bologna. Dopo un esordio nel campo del fumetto, ha vinto alcuni premi letterari locali per poi diventare uno degli autori e dei saggisti della Perseo Libri Il suo libro "La foresta dei sogni perduti" ha avuto un buon successo di pubblico. Ora pubblica quasi esclusivamente in digitale e alcuni suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati in Francia e Spagna.