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RAT’ (La guerra) di Veljko Bulajic

RAT’ (La guerra) di Veljko Bulajic
Anno: 1960 – produzione: Jugoslavia – inedito in Italia

Il film jugoslavo Rat’ (La guerra) è uno strano ma affascinante UFO cinematografico, fugacemente apparso all’inizio degli anni ’60 e poi ingiustamente scomparso. Singolare la sua genesi, a cominciare dall’autore del suo soggetto, l’italiano Cesare Zavattini (1902-1989), grande scrittore e sceneggiatore, entrato nella storia del cinema soprattutto per la sua lunga collaborazione con Vittorio De Sica, del quale co-sceneggiò quasi tutti i film da regista, da Teresa Venerdì (1941) a Una breve vacanza (1973).

Trama – ATTENZIONE SPOILER

La guerra: Vejko Bulajic

Vejko Bulajic

Nella capitale di una nazione imprecisata, Ton Toni (Antun Vrdoljak) è in procinto di sposarsi con Marija (Ewa Krzyzewska), ma proprio il giorno delle loro nozze la sua nazione dichiara guerra a un’altra nazione imprecisata, e alla popolazione vengono distribuite delle cerate nere che dovrebbero potrebbero dalle radiazioni di un attacco nucleare. Ton è convinto che tutto si risolverà in 24 ore, ma un bombardamento nemico rovina proprio la sua funzione nuziale. Come non bastasse, Ton e suo cognato Los vengono arruolati a forza, e iniziano un grottesco arruolamento, mentre le città vengono bombardate. Ton perde i contatti con Marija, ma durante un bombardamento la ritrova in un rifugio e insieme i due decidono di guidare una manifestazione pacifista. Giudicato un rivoltoso, Ton viene catturato dal suo stesso capitano, che controvoglia deve eseguire la sua condanna a morte. Arriva la notizia della disfatta del nemico, distrutto dalle armi atomiche nazionali. Il capitano spera che Ton sia graziato, ma il presidente della nazione, casualmente di passaggio con il suo seguito, conferma la sentenza capitale, nonostante l’accorata autodifesa di Ton, sostenuta dal capitano e da Marija, e il suo invito alla trattiva con il presidente avversario. Ma subito arriva la notizia che il nemico, prima di essere colpito e di arrendersi, è riuscito a lanciare i suoi razzi a testata nucleare, che si dirigono sulla capitale. Si scatena il panico, anche fra i potenti; Ton e Marija si riparano come possono, e, finite le esplosioni, si accorgono di essere gli unici superstiti in un deserto di macerie. Raggiungono la loro casa, ridotta a un rudere, eppure Ton fa ottimistici progetti di vita insieme. Marija, però, colpita dalle radiazioni, muore fra le braccia di Ton, che scoppia in un pianto disperato.

****

Può sembrare strano che Cesare Zavattini, uno dei padri del neorealismo italiano, abbia scritto un film a carattere fantascientifico, o almeno catastrofico-avveniristico. A ben vedere, però, il fantastico è un elemento che ritorna nella sua carriera: ideò le serie a fumetti fantascientifiche Saturno contro la Terra (1938) e Un uomo contro il mondo (1947); nel 1943 pubblicò il romanzo favolistico Totò il buono, poi adattato nel film Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica. Inoltre, il suo unico film da regista, La veritaaaà (1982), ha un tono decisamente surreale.

Potrebbe sembrare insolita anche la partecipazione di Zavattini a un film di produzione interamente jugoslava (quindi non una delle molte coproduzioni internazionali che coinvolsero anche l’Italia in quel periodo). In realtà una simile operazione entra in un periodo particolare della vita – personale e politica – di Zavattini. Militante attivo del Partito Comunista Italiano, Zavattini era molto interessato al problema della pace e del disarmo nucleare, al punto che nel 1955 vinse il Premio Internazionale per la Pace, istituito dal Consiglio Mondiale della Pace, un movimento d’ispirazione comunista autore dell’Appello di Stoccolma, documento pacifista all’epoca di grande popolarità.

Zavattini scrisse un soggetto dal titolo La guerra nel 1954: il contadino ciociaro Antonio, al lavoro nei campi, assiste impotente al volo di alcuni bombardieri diretti a distruggere Frosinone. Zavattini riscriverà più volte il soggetto con questo titolo, e finì col centrare la vicenda sul mancato matrimonio fra Antonio e Maria e dargli una struttura sempre più complessa e “fantascientifica”, fino ad arrivare all’ultima versione nel 1959, che si conclude così:

“Antonio e Maria – mentre corrono felici per poter essere i primi per annunciare che il massacro finirà tra poco – passano in un punto dove bum!’, una bombetta di quelle piccole fa tabula rasa di loro e di tutto il resto. Ed essi spariscono mentre sullo schermo compare la frase:

 E MORIRONO ETERNAMENTE FELICI.

Il regista montenegrino Veljko Bulajic (1928-2024) aveva un legame forte con il cinema italiano: nel 1955 si era diplomato in regìa al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, fu poi assistente alla regia per Il bidone (1956) di Federico Fellini, Il tetto (1956) di Vittorio De Sica, La strada lunga un anno (1958) di Giuseppe De Santis; il suo lungometraggio d’esordio, Il treno senza orario (Vlak bez voznog reda, 1959), fu co-sceneggiato da Elio Petri, regista di La decima vittima (1965) e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970). Bulajic racconta:

“Una volta Zavattini mi invitò a vedere la sua collezione di dipinti e poi mi parlò dell’idea di un film sugli orrori che si sarebbero abbattuti sul mondo e sull’umanità dopo una guerra nucleare. Fu lui a suggerirmi di dirigere il film.”

Il regista convinse la casa di produzione Jadran Film di Zagabria a finanziare il film. Per ampliare il soggetto in sceneggiatura, Zavattini si fece aiutare da due giovani sceneggiatori, Aldo Paladini e Virgilio Tosi (quest’ultimo anche un apprezzato documentarista scientifico). La trama fu spostata dall’Italia a una nazione imprecisata, i nomi dei personaggi “slavizzati” e il finale fu cambiato in senso ancor più tragico e disperato. Una volta avuto il copione alla fine del 1959, il regista completò il film nel giugno 1960, appena in tempo per essere presentato in luglio al Festival di Pola, dove vinse 3 premi fra cui miglior regia, e in agosto al Festival di Venezia.

Bulajic è un regista dalla mano robusta e spettacolare, e si giostra bene nell’alternanza fra commedia e tragedia impostata dagli sceneggiatori. Diverse scene restano impresse per la loro potenza espressiva: la città distrutta dai bombardamenti, la trasformazione del presidente da arrogante autocrate a patetico supplicante, l’immagine del vecchio ridotto a sagoma radioattiva. Anche i momenti satirici colpiscono per la loro atmosfera da teatro dell’assurdo: la distribuzione delle inutili tute protettive, i seriosi addestramenti militari, il carosello dei contradditori comunicati ufficiali, la mancanza di un muro adatto alla fucilazione di Ton.

Di grande efficacia anche l’aspetto più strettamente umano e sentimentale, incentrato sul paradossale, ma tenero e tenace tentativo dei due sposini di costruirsi un futuro anche nell’inferno atomico, che trova uno straziante apice nel disperato finale.

Nonostante il concorso veneziano e una collaborazione prestigiosa come quella di Cesare Zavattini, Rat’ non fu mai distribuito in Italia, probabilmente a causa dei rapporti ancora difficili con la Jugoslavia comunista di Tito (il contenzioso su Trieste e Gorizia era ancora aperto) e per via della sua stessa tematica, troppo “calda” per la situazione politica dell’epoca. Per contro, in tutti i Paesi del blocco sovietico il film fu proibito: la visione di una guerra nucleare senza vincitori era poco consona alla loro propaganda.

Riguardo all’accoglienza in Jugoslavia, diamo ancora la parola al regista:

“L’amministrazione politica della JNA (le Forze Armate Jugoslave) poi concluse che Rat’ era pericoloso e distruttivo perché dimostrava che nella futura guerra atomica non potrà esserci alcun vincitore. Da quel momento in poi iniziarono i giorni brutti per il film. E quelli che lo lodavano cominciarono a defilarsi. La distribuzione nelle sale cinematografiche si interruppe presto.”

In compenso fu distribuito negli Stati Uniti, doppiato in inglese e intitolato Atomic War Bride, e in questa edizione si può rintracciare oggi su YouTube.

 

 

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano

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