LA FESTA DI ORFEO
L’orrore cinefilo di Javier Márquez Sánchez
“Vuoi dire che Carreras pensa di produrre una nuova versione del Frankenstein?”
La notizia sconcertò Peter. “E dopo cosa faranno, Dracula? Ormai nessuno fa più film horror!”
Capita che, spulciando nella mia biblioteca, l’occhio cada su libri che per qualche ragione non ho ancora letto. Ne posseggo a centinaia: comprati, riposti in libreria o sul comodino, in attesa di finire quello che sto attualmente leggendo, e poi dimenticati. La festa di Orfeo (2009), scritto da Javier Márquez Sánchez ed edito dalla benemerita Gargoyle Books nel 2011, era uno di questi.
Ricordo che era stata la copertina con uno dei miei attori preferiti in evidenza ad attirarmi. Si trattava del mitico Peter Cushing. Insieme all’amico e collega Christopher Lee, era stato protagonista dell’epopea della britannica Hammer Film e di tutta una serie di pellicole fanta-horror, alcune memorabili altre un po’ meno ma sempre nobilitati dal suo aplomb e dalla sua professionalità. A cavallo degli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta interpretò personaggi divenuti leggendari come il Barone Victor Frankenstein, il Professor Van Helsing e Sherlock Holmes.
Ora, se a spingermi ad acquistare il libro era stata la promessa di un’avventura con un personaggio reale e iconico al tempo stesso come protagonista, era anche vero che questo tipo di operazioni avevano, nella mia esperienza, prodotto risultati abbastanza deludenti. Ricordo romanzi con protagonisti Edgar Allan Poe, Dante o Abraham Lincoln che mi avevano lasciato insoddisfatto. Forse era questo il motivo per cui il volume era andato perso nei meandri dalla mia libreria. Mi sbagliavo. Il libro era invece molto più appassionante di quanto mi fossi aspettato, soprattutto se si era anche appassionati di un certo cinema horror come me! La cosa è ancora più sorprendente se si pensa che per lo scrittore spagnolo il romanzo rappresenta l’esordio nella letteratura horror, avendo realizzato fino ad allora solo saggi musicali.
Il romanzo, ambientato nel 1956, segue due linee narrative che in seguito, in un crescendo di tensione, confluiranno nel finale. La prima è incentrata sull’ispettore Carmichael e sul suo assistente Logan, chiamati a investigare sull’orrore che si è scatenato in un remoto paesino ai confini con la Scozia. L’intera popolazione del villaggio è stata sterminata in modo orrendo durante una sola notte. A eseguire il massacro sono stati i bambini del villaggio che, alla fine dell’eccidio, si sono dati fuoco durante un rituale eseguito nella locale chiesa.
La seconda linea porta in scena invece il celebre attore britannico Peter Cushing, all’epoca attivo soprattutto in televisione. Per ragioni economiche accetta la proposta di una piccola casa di produzione specializzata in film polizieschi e di fantascienza, la Hammer Film, di rilanciare il genere horror, all’epoca in decadenza, partecipando alla realizzazione di una nuova versione del Frankenstein di Mary Shelley. Il film sarà La maschera di Frankenstein (The Curse of Frankenstein), un’opera che risulterà molto diversa dai classici sul celebre mostro realizzati dell’americana Universal negli anni Trenta, girati in bianco e nero e visivamente sotto la forte influenza dell’espressionismo tedesco. La pellicola, diretta da Terence Fisher, verrà infatti girata in technicolor e la trama sarà incentrata sulla figura del Barone Frankenstein, interpretato da Cushing, piuttosto che sulla sua creatura.
Continuando con la narrazione, l’elemento che lega le due vicende sembra essere una misteriosa e spaventosa pellicola dal titolo La fête du Monsieur Orphée, realizzata, si dice, nella Hollywood negli anni Venti da Satana in persona. Un espediente narrativo senz’altro non originale, quello della pellicola maledetta (evoluzione del più classico libro maledetto), ma che permetterà all’autore di iniziare un gioco di citazioni con tutti gli appassionati cinefili che leggeranno il romanzo, in particolare gli amanti dei vecchi film della Hammer.
Sánchez, infatti, ben amalgama il racconto horror con un sentito omaggio al cinema di genere e ai suoi personaggi più iconici del periodo. Oltre a far interagire vari protagonisti del mondo del cinema realmente esistiti e ricreare la particolare atmosfera dei film della gloriosa casa di produzione britannica, il romanzo è infarcito di citazioni, rimandi e strizzatine d’occhio agli appassionati. Si va da L’esorcista a The Wicker Man, da Il signore del male a Il seme della follia e Cigarette Burns di John Carpenter, finanche ai film di Indiana Jones. Non mancano comparsate di personaggi quali Boris Karloff (il Frankenstein dei film degli anni Trenta), Terence Fischer (regista anche del successivo Dracula e di molti altri successi della Hammer) e Christopher Lee. La stessa coppia di investigatori incaricati del caso rimandano, neanche tanto velatamente, al Dottor Watson e Sherlock Holmes, personaggio che lo stesso Cushing (così come Lee) impersonerà diverse volte durante la propria carriera, risultandone uno degli interpreti più convincenti.
Roberto Azzara
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.