INCUBI E DELIRI DI STEPHEN KING IN TELEVISIONE
Incubi e deliri (Nightmares & Dreamscapes: From the Stories of Stephen King) è una miniserie antologica prodotta per la rete televisiva TNT e composta di otto episodi basati su altrettanti racconti di Stephen King. In America è andata in onda tra luglio e agosto del 2006, in Italia, invece, nel settembre dell’anno successivo sul canale Fox con un ordine di trasmissione diverso da quello originale. In versione Dvd è uscita in cofanetto targato Warner Home Video nel 2007, oggi purtroppo difficilmente reperibile.
Il titolo fa riferimento alla settima raccolta di racconti dello scrittore del Maine, anche se tre degli episodi sono tratti da altre antologie. Nel dettaglio, Crouch End, L’ultimo caso di Umney, La fine del gran casino, Il quinto quarto, E hanno una band dell’altro mondo, sono tratti da racconti presenti in Incubi & deliri (1993); Il virus della strada va a nord e Autopsia 4, nella raccolta Tutto è fatidico (2002); Campo di battaglia, infine, nella raccolta A volte ritornano (1978).
Come spesso capita in una serie antologica, la qualità complessiva è altalenante e il registro e i temi trattati variano notevolmente di episodio in episodio. Il tono generale richiama, nelle intenzioni, le atmosfere della più famosa tra le serie antologiche, Ai confini della realtà.
GLI EPISODI
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Campo di battaglia
Titolo originale: Battleground
Durata: 53’. Prima TV USA: 12/07/2006. Prima TV Italia: 24/09/2007.
Regia di Brian Henson.
Sceneggiatura di Richard Christian Matheson dal racconto di Stephen King Battleground, 1972 (Campo di battaglia, in A volte ritornano, Bompiani, 2013).
Con William Hurt, Bruce Spence, Mia Sara.
Un killer a pagamento, dopo aver eseguito il suo ultimo lavoro, torna nel lussuoso appartamento dove riceve per posta un pacco. Il mittente è proprio la fabbrica di giocattoli Morris, il cui presidente era l’oggetto dell’ultimo contratto appena concluso. All’interno, un set di soldatini stile GI Joe corredato di armi pesanti ed elicotteri da combattimento che, inaspettatamente, si animano e tentano a loro volta di ucciderlo. La particolarità più rilevante dell’episodio è la totale assenza di dialoghi. Gli unici rumori arrivano dagli effetti sonori e musicali. Tutto l’episodio si regge sull’espressiva recitazione fisica di William Hurt e sulla battaglia per la sopravvivenza che ingaggia all’interno del proprio appartamento; come un novello Gulliver alle prese con dei lillipuziani soldatini di plastica animati. Questi ultimi, che rischiavano di apparire ridicoli e conferire un tono umoristico alla narrazione, risultano invece inquietanti e implacabili. L’episodio ne ricorda uno della classica serie TV Ai confini della realtà, anch’esso senza dialoghi, dal titolo The Invaders del 1961, dove un’anziana donna doveva fronteggiare l’assalto di minuscoli invasori spaziali. La somiglianza potrebbe non essere un caso. L’ottima sceneggiatura, infatti, è opera di Christian Matheson, figlio del famoso scrittore Richard Matheson, autore dello script dell’episodio sopra menzionato e di molti altri della storica serie, che trasforma un buon racconto di King, seppur adattato fedelmente, in uno dei prodotti più inconsueti e interessanti visti in televisione. Purtroppo, dopo questo exploit iniziale, lo show procederà con alti e bassi ed episodi più tradizionali.
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Crouch End
Durata: 44’. Prima TV USA: 12/07/2006. Prima TV Italia: 23/09/2007.
Regia di Mark Haber.
Sceneggiatura di Kim LeMasters dal racconto di Stephen King Crouch End, 1980 (Orrore a Crouch End, in Incubi & deliri, Sperling & Kupfer 2014).
Con Claire Forlani, Eion Bailey, Linal Haft.
Londra, una coppia di sposini americani in luna di miele accetta l’invito a cena da parte di un collega del marito, un avvocato, che vive proprio nella capitale britannica. Il quartiere dove devono recarsi è Crouch End, una zona periferica dalla sinistra fama. Il tassista che li accompagna racconta di strane sparizioni, di cimiteri druidici rinvenuti in zona e di squarci verso altre dimensioni. Arrivato sul posto, sparisce senza neanche attendere il pagamento della corsa. La coppia, che inizialmente aveva scambiato per farneticazioni i suoi discorsi, dovrà ricredersi e precipiterà lentamente in un incubo all’apparenza senza fine. Il racconto originale da cui l’episodio è stato tratto era un personale omaggio dello scrittore del Maine a H.P. Lovecraft e, infatti, era stato pubblicato nell’antologia New Tales of the Cthulhu Mythos (Arkham House, 1980). Nonostante abbia più volte dichiarato ammirazione verso Lovecraft, lo stile, la prosa e i temi di King sono abbastanza lontani da quelli del Solitario di Providence. Il racconto è comunque efficace nel richiamare atmosfere lovecraftiane, a differenza dell’episodio televisivo. Quest’ultimo, s’inventa delle pedanti e troppo erudite spiegazioni da parte di un tassista che nel racconto aveva la sola funzione di dare il via all’incubo con la sua repentina sparizione. Troppo esplicite appaiono poi alcune scene che sulle pagine scritte lasciavano spazio all’ambiguità e quindi, maggiormente terrorizzanti. Una concessione al target dello show è forse il fatto di aver abbassato l’età dei protagonisti, da matura coppia in vacanza a giovani sposi in viaggio di nozze. Una curiosità: Crouch End è un quartiere di Londra realmente esistente, dove abitava lo scrittore Peter Straub, amico di King col quale ha scritto due romanzi in collaborazione.
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L’ultimo caso di Umney
Titolo originale: Umney’s Last Case
Durata: 51’. Prima TV USA: 19/07/2006. Prima TV Italia: 16/09/2007.
Regia di Rob Bowman.
Sceneggiatura di April Smith DAL racconto di Stephen King Umney’s Last Case, 1993 (L’ultimo caso di Umney, in Incubi & deliri, Sperling & Kupfer 2014).
Con William H. Macy, Jacqueline McKenzie, Tory Mussett.
Clyde Umney è un classico investigatore privato chandleriano della Los Angeles degli anni Trenta che passa da una scazzottata in ascensore a torbidi incontri con bollenti femme fatale. Gli piace la sua vita ma quello che non sa è che anche lui, come i personaggi di Chandler, è frutto dell’immaginazione di uno scrittore. Sam Landry, autore di romanzi noir di successo, è in crisi con la moglie da quando il figlio è morto annegato nella piscina di casa. Attraverso una sconosciuta magia riesce a evadere nel mondo immaginario dei propri romanzi con l’intenzione di scambiare la propria vita con quella del suo alter ego letterario. Arrivato suo malgrado nel mondo reale e presa l’identità dello scrittore, Umney non rinuncia nell’intento di ritornare nel suo universo immaginario diventando a sua volta uno scrittore. L’ultimo caso di Umney è tratto da uno dei racconti preferiti da King, suo personale omaggio ai romanzi hard boiled degli anni Trenta e Quaranta che lo appassionavano da ragazzino. Ancora una volta, lo scrittore del Maine propone come protagonista la figura di uno scrittore. Se si esclude il particolare che nel racconto la molla che fa scattare in Landry la voglia di trasferirsi fisicamente in un mondo di fantasia è il suicidio della moglie, cosa che nell’episodio avviene invece successivamente, l’adattamento è abbastanza fedele. Nonostante ciò, non tutto funziona nel passaggio dal libro allo schermo. Il finale ambiguo, per esempio, che sulla carta stampata appariva convincente, sullo schermo lascia nello spettatore una sensazione di insoddisfazione e incompiutezza. Ottima la ricostruzione delle atmosfere noir d’epoca, come ottima è l’interpretazione di William H. Macy nel doppio ruolo dello scrittore e della sua creatura letteraria.
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La fine del gran casino
Titolo originale: The End of the Whole Mess
Durata: 44’. Prima TV USA: 19/07/2006. Prima TV Italia: 16/09/2007.
Regia di Mikael Salomon.
Sceneggiatura di Lawrence D. Cohen dal racconto di Stephen King The End of the Whole Mess, 1986 (La fine del gran casino, in Incubi & deliri, Sperling & Kupfer 2014).
Con Ron Livingston, Henry Thomas.
Howard Fornoy è un documentarista che sta girando il suo ultimo film. Davanti alla telecamera racconta la storia di come suo fratello Bobby, un genio che a dieci anni aveva già completato gli studi, abbia scoperto nell’acqua di un paesino del Texas una proteina capace di debellare la peggiore delle malattie che affligge l’umanità: la violenza. Spinto da un profondo spirito pacifista, Bobby sente l’urgenza di usare al più presto la “cura” su un’umanità sull’orlo del collasso, squassata da guerre e attentati terroristici. I due fratelli riescono a spargere il miracoloso distillato in tutto il globo e Bobby è acclamato come un nuovo messia. La Terra diventa per tre anni un paradiso, ma ovviamente un devastante effetto collaterale non tarderà a manifestarsi: demenza e precoce deterioramento mentale, causate dalla cura, porteranno a breve l’umanità all’estinzione. Ai due fratelli non resta che suicidarsi prima di perdere completamente la ragione. Questo quarto episodio, tratto da un racconto di King dallo spunto più fantascientifico e insolitamente commovente, che horror, è forse uno dei migliori della serie. L’integrità del testo è rispettata, solo piccole variazioni servono a rendere più fluido il passaggio dalla pagina scritta allo schermo. Howard, ad esempio, nel racconto è un giornalista che scrive il suo ultimo articolo, mentre nell’episodio è un regista di documentari. Profetico King nell’immaginare nel 1986 i conflitti del nostro presente. Gli attentati terroristici immaginati dallo scrittore, sono sostituiti sullo schermo da quelli reali, ma non meno terrificanti, a partire dalla distruzione delle Torri Gemelle di New York. Il regista, Mikael Salomon ha realizzato, sempre tratto da King, il settimo episodio della serie Sala autopsia 4 e la miniserie Salem’s Lot del 2004. Anche lo sceneggiatore Lawrence D. Cohen è un habitué degli adattamenti dello scrittore, avendo realizzato quelli di Carrie-Lo sguardo di Satana (1976), It (1990) e Tommyknockers-Le creature del buio (1993).
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Il virus della strada va a nord
Titolo originale: The Road Virus Heads North
Durata: 43’. Prima TV USA: 26/07/2006. Prima TV Italia: 17/09/2007.
Regia di Sergio Mimica-Gezzan.
Sceneggiatura di Peter Filardi dal racconto di Stephen King The Road Virus Heads North, 1999 (Il virus della strada va a nord, in Tutto è fatidico, Sperling & Kupfer 2013).
Con Tom Berenger, Marsha Mason, Susie Porter, Hamish Michael.
Il racconto The Road Virus Heads North era stato originariamente pubblicato nel 1999 nell’antologia di racconti horror dedicati alla fine del millennio dal titolo 999 e poi inserito nella raccolta Tutto è fatidico. Il titolo dell’episodio è anche quello di un inquietante dipinto acquistato in un garage sale dallo scrittore di romanzi horror Richard Kinnell, classico personaggio kinghiano, durante il tragitto che da Boston lo riporta a Derry, nel Maine. A Kinnell è appena stato diagnosticato un brutto male al colon. Il quadro rappresenta un individuo alla guida una potente auto che sta superando il ponte di Boston e dal cui sorriso s’intravvedono dei denti appuntiti. Durante il viaggio lo scrittore si accorge che il dipinto cambia con l’avvicinarsi a casa, mostrando sullo sfondo paesaggi che ha già superato nel mondo reale, come se il soggetto rappresentato lo stesse seguendo, metafora, neanche troppo velata, della paura del male che lo sta incalzando e che prima o poi lo raggiungerà. L’aggiunta di questa metafora è proprio il punto debole dell’episodio che soffre di uno dei mali comuni del cinema e della televisione, il fatto che tutto deve essere esplicitamente spiegato e trovare una giustificazione. Nel racconto, Kinnell non soffre di nessun altro male se non del blocco dello scrittore. Lasciando la vicenda del quadro cangiante avvolta nel più totale mistero, lo scritto risulta così più efficace e angosciante dell’episodio televisivo.
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Il quinto quarto
Titolo originale: The Fifth Quarter
Durata: 46’. Prima TV USA: 26/07/2006. Prima TV Italia: 17/09/2007.
Regia di Rob Bowman.
Sceneggiatura di Alan Sharp dal racconto di Stephen King The Fifth Quarter, 1972 (Il quinto quarto, in Incubi & deliri, Sperling & Kupfer 2014).
Con Jeremy Sisto, Samantha Mathis, Christopher Morris, Christopher Kirby, Robert Mammone, Peter O’Brien.
Unico episodio della miniserie a non presentare elementi fantastici e horror, raccontando di regolamenti di conti tra i membri di una banda di rapinatori e del protagonista, un ex-galeotto in libertà vigilata, desideroso di assicurare un futuro alla moglie e al figlio. È anche l’episodio che si prende più libertà dal racconto di poche pagine di King.
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Sala autopsia 4
Titolo originale: Autopsy Room Four
Durata: 43’. Prima TV USA: 02/08/2006. Prima TV Italia: 23/09/2007.
Regia di Mikael Salomon.
Sceneggiatura di April Smith dal racconto di Stephen King Autopsy Room Four, 1997 (Autopsia 4, in Tutto è fatidico, Sperling & Kupfer 2013).
Con Richard Thomas, Greta Scacchi, Robert Mammone.
Autopsia 4, il racconto da cui è tratto l’episodio, fu originariamente pubblicato in Six Stories, un’antologia edita nel 1997 a tiratura limitata, e poi inserito nella raccolta Tutto è fatidico. La breve storia, per quanto narri di un uomo paralizzato ma sveglio che sta per subire un’autopsia, presenta sviluppi di triviale umorismo, soprattutto nel finale, che ne smorzano non poco la tensione. La dottoressa che dirige l’autopsia, esaminando una cicatrice al testicolo, ricordo di una ferita di guerra, provoca l’erezione, con successiva eiaculazione, nel poveretto. Sarà quest’imbarazzante trovata a rivelare che il paziente sul tavolo metallico non è per niente morto. A provocare la paralisi di Howard Cottrell, questo il suo nome, era stato, infatti, il veleno di un raro serpente che l’aveva morso durante una partita a golf. L’ironia della cosa non sfugge a Howard stesso che, citando un episodio della serie televisiva Alfred Hitchcock presenta con una storia simile (Crollo nervoso, episodio 7 della prima stagione, 1955), chiude con la battuta che a Joseph Cotten, il protagonista di quella puntata, era bastato lacrimare per far capire di essere ancora vivo! Poco più di una barzelletta, quindi, anche divertente per certi versi, ma sicuramente un po’ scarna per reggere la durata di un episodio televisivo, che infatti è stato allungato con l’aggiunta in flashback di particolari abbastanza inutili sulla vita del protagonista. Howard Cottrell è interpretato dall’attore Richard Thomas, il Bill Denbrough della miniserie televisiva It (1990), tratta da un romanzo omonimo dello stesso King.
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E hanno una band dell’altro mondo
Titolo originale: You Know They Got a Hell of a Band.
Durata: 42’. Prima TV USA: 02/08/2006. Prima TV Italia: 24/09/2007.
Regia di Mike Robe.
Sceneggiatura di Mike Robe dal racconto di Stephen King You Know They Got a Hell of a Band, 1992 (E hanno una band dell’altro mondo, in Incubi & deliri, Sperling & Kupfer 2014).
Con Kim Delaney, Steven Weber, William McNamara, Erin Wright, Joey Sagal.
Il più classico degli espedienti narrativi del genere horror, imboccare una scorciatoia non segnalata dalle cartine stradali per evitare il traffico, scaraventa una coppia di sposi in uno strano villaggio che sembra uscito da un episodio dell’altrettanto classica serie televisiva Ai confini della realtà, come pensa la protagonista Mary, o da un dipinto di Norman Rockwell, come invece dice Clark, il marito. Persi nei boschi dell’Oregon, davanti a loro si profila un grazioso paesetto di provincia tutto lindo e pulito, immerso in una vallata con il nulla attorno, che risponde al particolare nome di Rock and Roll Paradise. Più che un paradiso, però, per la coppia si rivelerà un inferno. Il borgo è, infatti, una specie di limbo, dove abitano famose stelle del rock defunte. Elvis è il sindaco, Janis Joplin la proprietaria di un ristorante e Ricky Nelson il suo cuoco. Poi ci sono Buddy Holly, Roy Orbison, Jimmy Hendrix, Otis Redding e molti altri ancora. Stanno preparando un concerto, e in quelle lande sperdute, scarseggiano gli spettatori. Per la coppia di sfortunati avventori, sarà difficile, se non impossibile, perdersi l’evento. Quest’ottavo e ultimo episodio della serie televisiva, è tratto dall’omonimo racconto che King scrisse come omaggio al rock classico. Originariamente fu, infatti, pubblicato nel volume antologico Shock Rock che coniugava racconti del terrore e rock’n’roll. L’episodio, che adatta quasi alla lettera il racconto, parte come un classico horror, con mistero e suspense, per poi virare sul grottesco quando le anime che abitano la cittadina si palesano. Le citazioni e i passaggi conditi da umorismo, abbondano. La sceneggiatura cambia solo, incomprensibilmente, il cognome dei protagonisti (da Willingham a Rivingham) e rende più ricco il parco musicisti. Il concerto finale appare invece meno maestoso che nel racconto, probabilmente per motivi di budget televisivo. Nel complesso un episodio abbastanza divertente, per quanto bizzarro, che chiude degnamente la miniserie.
In copertina Stephen King
Roberto Azzara
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.