“IL NEMICO ALLE PORTE” DI VINCENZO BARONE LUMAGA
Il Racconto della Domenica
La specie umana sarebbe stata attaccata all’alba.
Gli emissari dello sterminio già volavano ad alta quota in stormi compatti, perfettamente sincronizzati, nel cielo ancora privo di luce, invisibili a qualsiasi radar. Il primo obiettivo sarebbero state le capitali del pianeta, le grandi metropoli, i centri di potere e i presidi militari degli umanoidi terrestri. Poi sarebbe toccato ai piccoli centri, e le aree urbane più periferiche, via via fino a stanare ogni singolo essere umano dal più angusto anfratto. Non vi sarebbero state trattative, ultimatum, tregue elemosinate o margini di armistizio. Solo scientifica eliminazione. Unica concessione da parte dei nemici, una morte che fosse il più possibile rapida e indolore. Da parte degli invasori non vi era alcun desiderio di infliggere inutile crudeltà, ma vi sarebbe stata solo implacabile efficienza.
Le creature votate a tale impresa non provavano alcun piacere in ciò che stavano per fare, né, a dire il vero, qualsiasi emozione assimilabile a quelle umane. Non erano spinte dal desiderio di affermare una qualsiasi forma di superiorità o dominio sull’Umanità. In realtà, la loro razza era così tanto più antica, potente ed evoluta rispetto a essa, che lo stesso pensiero di mettersi in competizione sarebbe apparso a loro ridicolmente insensato. E neppure questa scelta era motivata dalla necessità di dominio sul pianeta. A dire il vero, la razza degli invasori era così tanto più evoluta da averlo colonizzato da tempo immemorabile, senza che l’umanità neppure se ne accorgesse. Ma vi era di più, lo avevano fatto senza neppure dover combattere. Essi da millenni vivevano indisturbati su quel pianeta, accanto agli inconsapevoli esseri umani, inconsapevoli al punto da ignorare quasi del tutto di aver potuto prosperare grazie al beneplacito, o addirittura l’aiuto, della Grande Razza, che per molto tempo si era limitata a osservarli con benevola curiosità, finché non fossero diventati per un qualsiasi motivo un problema.
Quel momento era purtroppo giunto.
Non che gli umani avessero scoperto di essere sottomessi alla Razza, continuavano a veleggiare come avevano fatto per millenni nella loro placida ignoranza. Né erano divenuti così forti militarmente o tecnologicamente progrediti da poter costituire una preoccupazione concreta per gli invasori. No, il problema era molto semplice. L’umanità, nella sua stoltezza, stava rendendo il pianeta sempre più inabitabile, portando all’estinzione non solo sé stessa, ma la vita di tutte le altre specie. E neppure la Grande Razza. per quanto progredita, avrebbe potuto sopravvivere in un mondo reso inabitabile dalla loro stupidità. La soluzione al problema, secondo la logica priva di crudeltà ma brutalmente concreta della Razza, restava una sola.
Man mano che l’alba iniziava a sorgere alle varie latitudini, le tentacolari metropoli umane si destavano al nuovo giorno, e alcuni abitanti più mattinieri di altri, scrutando i cieli, iniziarono a rendersi conto che c’era qualcosa di strano. Osservarono l’inspiegabile fenomeno che sembrava avvicinarsi sempre di più alla città, e pur non sapendosi dare una precisa spiegazione, furono colti da un istintivo senso di timore, mentre cercavano di capire cosa stesse accadendo. Si domandavano se ciò che iniziava a calare su di loro fosse reale o una strana allucinazione, chiedendosi se avessero visto bene.
Sembrava proprio un immenso, sterminato sciame di api.
Il racconto è World © by Vincenzo Barone Lumaga
Vincenzo Barone Lumaga
Nato il 4/7/1978 a Torre del Greco (NA). Laureato in giurisprudenza e avvocato penalista, musicista, beer lover e scrittore. Appassionato di horror, sci fi e noir, scrive con continuità dal 2005. Ha pubblicato l'antologia horror Le ore buie(2013), il romanzo horror Lame di Tenebra (2016) e il saggio Com'era weird la mia valle (2018), scritto assieme a Fabio Lastrucci.