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7 – Giove, Saturno e altri satelliti

7 – Giove, Saturno e altri satelliti

Pensiamo ora a Giove, il pianeta più grande del Sistema Solare.

Esso, a sua volta, sembra un Sistema Solare in miniatura poiché attorno a questo gigante gassoso ruotano settantanove satelliti (questo è il totale per il momento) e alcuni di essi sono di dimensioni ragguardevoli, anche se infinitamente piccoli rispetto alla mole del pianeta.

La stessa cosa possiamo dire degli altri corpi gassosi, Saturno, Urano e Nettuno: ricchi possessori di lune piccolissime rispetto alla loro massa.

Deimos e Fobos

Deimos (sinistra) e Fobos (destra) fotografati dal rover Spirit, dalla superficie di Marte.

Marte possiede due satelliti di forma irregolare, con ogni probabilità due asteroidi catturati dall’attrazione gravitazionale del pianeta, mentre Venere, la cui massa è molto simile a quella della Terra, non ha nessun satellite e il pianeta più vicino al Sole, Mercurio, poco più grande della Luna, è anch’esso privo di satelliti. Quindi nel Sistema Solare solo la nostra Terra possiede questo gigantesco satellite. Come è finito proprio lì?

Se fosse una regola, invece che un’anomalia, anche Mercurio, Venere e Marte avrebbero diritto al loro mega-satellite.

Se la Luna e la Terra si fossero formate assieme durante la nascita del Sistema Solare avrebbero entrambe un esteso nucleo di ferro, ma se è così per la Terra non lo è per la Luna, al che potremmo pensare che la Terra abbia “catturato” la Luna in tempi successivi mentre passeggiava tranquillamente dalle nostre parti.

Purtroppo, neppure questo è credibile, non solo per ragioni fisiche, anche perché sarebbe molto più facile credere nella millantata intelligenza umana che pensare al preciso evento di un asteroide, il quale se ne circola esattamente da queste parti con rigorosamente quella massa opportuna, quella traiettoria precisa, quella velocità perfetta, ecc.… giusto giusto per essere preso al laccio dalla gravità terrestre che sarebbe comunque troppo debole per un satellite così grande…

Le teorie non si esauriscono qui: immaginiamo ora una Terra appena formata e ancora allo stato fuso, la cui rotazione turbinosa è tanto rapida da scaraventare in orbita una massa staccatasi dal rigonfiamento equatoriale in una sorta di parto planetario…

I fisici dicono che non è possibile e hanno trovato in ognuna di queste teorie parecchi difetti. Molte di queste perplessità furono confermate dal 1969 in poi quando dodici uomini, durante le varie Missioni Apollo, sbarcarono sulla Luna.

All’inizio non era molto importante cosa si potesse portare via dalla Luna, essenziale era il primato storico e politico, ma fortunatamente nelle missioni successive scienziati e geologi ebbero la preparazione necessaria per cercare quelle che vennero definite Le Rocce della Genesi, cioè materiale primordiale che poteva risalire al momento della formazione lunare.

Sono stati portati sulla Terra circa quattrocento chilogrammi fra sassi e polvere che furono studiati e sottoposti a ogni possibile controllo e analisi con risultato zero. Le rocce erano maledettamente simili, anzi erano identiche a quelle terrestri: con poco ferro e una assoluta mancanza d’acqua.

In effetti non è poi tanto strano non essere riusciti a trovare quelle rocce su un corpo sottoposto a continui bombardamenti cosmici da miliardi di anni. Bombardamenti che devono aver distrutto le pietre più antiche sulla superficie lunare, per cui sembra che questa ricerca debba essere considerata, se non un’impresa folle, almeno legata a un colpo… di Luna.

Dieci anni di studi, di ricerche, di ipotesi, non fecero arrivare a conclusione la ricerca delle Rocce della Genesi; il che forse è dovuto al fatto che gli studiosi si sono fermati al puro e semplice esame chimico di ciò che gli astronauti hanno riportato, mentre gli indizi da seguire potrebbero essere ben diversi.

Potrebbero riguardare direttamente gli impatti che hanno bersagliato la Luna durante i suoi quattro miliardi e mezzo di anni di vita, lasciandole sì dei grandi, immensi crateri, cerchi concentrici del diametro di mille chilometri, ma chiaramente visibili solo ai bordi della faccia rivolta verso la Terra e in quella nascosta, come le sonde hanno potuto rivelare chiaramente, confermando un bombardamento meteorico che ha martoriato la parte rivolta verso la Terra, in parte quella nascosta e molto meno i bordi e i poli del nostro satellite.

Ora, facendo una media, possiamo dire che per ogni corpo celeste che si abbatteva sulla Luna, ben venticinque cadevano sulla Terra. E ci sarebbe voluto un urto gigantesco, immane, perché potesse essere proiettata nello spazio materia sufficiente per creare la Luna.

Eppure questa ipotesi sembra ormai certa: dato il piccolo nucleo ferroso e la composizione dei minerali, la Luna deve essere figlia della Terra, deve essersi formata a seguito di un colossale impatto e il corpo che potrebbe averla creata doveva avere le dimensioni di un pianeta.

Questa teoria delle collisioni, relativamente nuova, è stata messa a punto dagli scienziati sovietici e fa parte della spiegazione sulla creazione del Sistema Solare. Il punto di partenza è una grossa nube primordiale dove le piccole particelle di materia cominciano a aggregarsi in modo di poter raggiungere le dimensioni di un pallone da football, poi questo processo di “Carambola Spaziale” continua fino a che, a forza di urti e di unioni, i frammenti diventano grandi come montagne in continuo aumento.

I “Fuochi artificiali planetari” continuarono almeno per cento milioni di anni portando i pianeti all’ultimo stadio del processo di formazione. Ma ecco la tragedia finale: un gigantesco asteroide si scontra violentemente con Mercurio e ne distrugge il mantello, i detriti cadono su Venere e poi tocca alla Terra.

pianeti e satellitiProbabilmente doveva esserci un altro corpo celeste tra la Terra e Marte, un pianeta che, per omaggio al film “Meteor” potremmo chiamare Orfeo, però era troppo vicino alla Terra e avvenne la catastrofe.

Questa teoria ha in sé la possibilità di spiegare le molte differenze che si possono trovare tra i sistemi dei satelliti e alcuni misteriosi eventi rimasti ancora a oggi a testimoniare un passato quanto mai turbolento: Venere ruota molto lentamente, in senso retrogrado probabilmente proprio a causa di un devastante impatto che, assieme ad altre cause, ha contribuito a togliere a questo mondo, per molti aspetti gemello della Terra, la possibilità di ospitare la vita.

L’asse di Marte è inclinato, quasi come quello della Terra e ciò dimostrerebbe che anche il pianeta rosso ha subito un impatto.

Si guardi Urano: esso ruota su un fianco, forse a seguito di un urto in prossimità del Polo con un corpo grande come la Terra. Le simulazioni al computer, con i dati in nostro possesso, confermano con estrema precisione quello che potrebbe essere accaduto e le conseguenze danno come risultato finale l’immagine di questi pianeti così come sono ora.

Non si pensi però che uno scontro di pianeti appaia nella realtà come lo vediamo nei film di fantascienza, in cui essi esplodono con rumorosissime deflagrazioni.

I pianeti sono così grandi che lo sviluppo delle conseguenze di un loro impatto ha dei tempi ben più lunghi, per cui noi avremmo potuto vedere Orfeo (il cui diametro avrebbe potuto essere la metà di quello terrestre) affondare lentamente nella Terra circondato da nubi di vapore e il fenomeno sarebbe durato circa una mezz’ora, il tutto in religioso silenzio.

Queste collisioni provocherebbero una grossa emissione di vapore, che non segue la legge dei corpi solidi, ma si espande proprio a causa di una pressione interna e sarebbe stata proprio questa pressione a scaraventare in orbita attorno alla Terra i frammenti che poi avrebbero formato la Luna.

Tutto ciò non sarebbe però stato sufficiente, perché anche la collisione avrebbe dovuto sottostare a alcune regole precise: l’angolazione e la velocità dovevano essere quelle giuste.

Marte, per esempio, non è stato fortunato allo stesso modo, in quanto i suoi due satelliti sono troppo piccoli per essere un beneficio per il pianeta, Urano invece ha perso uno dei satelliti più vicini ereditando una serie di anelli e un nuovo satellite cui è stato dato il nome di Miranda.

Saturno gli anelli

Gli anelli di Saturno sono formati da miliardi di particelle a partire dalle dimensioni di un granello di sabbia, fino ad arrivare alle dimensioni di un camion: sono, probabilmente, ciò che resta di un satellite troppo vicino al pianeta e disgregato dalla sua forza di gravità.

Ora, questi anelli sono troppo vicini al pianeta per potersi riaggregare, in quanto si trovano all’interno di quello che la scienza chiama, dal suo scopritore, il limite di Roche, perché solo al di là di questo confine è possibile la formazione dei satelliti; al suo interno invece questi detriti sono destinati a ricadere in spirali sul pianeta e questo è ciò che accadrà agli anelli di Saturno…

Per chiarire meglio il concetto prendiamo come esempio proprio Saturno e partiamo dal presupposto che pianeta e satellite abbiano la medesima densità. In questo caso il limite di Roche si pone a 2,44 raggi planetari. Ma se le densità dei due oggetti in questione non fossero uguali, ecco che la misura cambia leggermente, diventando di poco inferiore.

Quindi possiamo dire con sicurezza che il limite di Roche degli anelli di Saturno cade quasi al confine esterno degli anelli stessi… e se non ci credete prendete il raggio di Saturno e moltiplicatelo per 2,44 e poi me lo dite…

Quindi un impatto così preciso che possa formare la Luna ha, in un certo senso, del miracoloso; considerando che è avvenuto su un pianeta che, data la sua ottimale distanza dal Sole, poteva ospitare la vita.

Se Orfeo avesse urtato la Terra di fronte, l’impatto avrebbe scaraventato nello spazio dei detriti, ma tutti all’interno del limite di Roche con i risultati che abbiamo già spiegato.

Il computer ci ha rivelato che altre angolazioni d’impatto avrebbero potuto portare alla creazione di due piccole lune dalla vita relativamente breve: oggi non ci sarebbero più… e noi con loro. La luna più vicina sarebbe ricaduta al suolo o si sarebbe scontrata con l’altra.

Per poter avere la nostra Luna il computer ha dovuto simulare un angolo di incidenza quasi radente, quello che oggi viene definito Il Colpo di striscio. Tale impatto avrebbe parzialmente  distrutto Orfeo, il quale si sarebbe allontanato dal nostro pianeta per ricostituirsi temporaneamente e quindi ricadere definitivamente sulla Terra. Il tutto sarebbe accaduto in due soli giorni.

I frammenti si trovarono in orbita attorno alla Terra a una distanza di circa ventunomila chilometri, poco oltre il limite di Roche, la materia si configurò lentamente in un disco ribollente che poi si condensò in un tempo astronomico brevissimo: non più di cento anni e se noi ci fossimo trovati sulla Terra in quel periodo avremmo potuto ammirare un disco lunare grande almeno quindici volte quello attuale.

Intanto, sulla nostra povera, martoriata Terra 2 era l’alba di un mondo in un inferno di fuoco e di lava con vulcani in eruzione, terremoti e maree quattro volte più grandi di quelle attuali.

Onda assassina

George Miller – 1966

Nei mari ogni onda era come un devastante Tsunami (tradotto significa Onda di Porto), parola giapponese che indica un’onda oceanica anomala, normalmente generata da un maremoto o da un’eruzione vulcanica e, recentemente, anche da uno scienziato pazzo in un film di pochi anni fa (Onda Assassina o Onda di MareaSenza via di fuga, di George Miller – 1966). Essa si abbatte con inaudita violenza marciando a oltre cento chilometri l’ora e con altezze che possono arrivare ai sessanta metri devastando la terraferma.

Torniamo al nostro ribollente pianeta e diciamo subito che nel breve tempo astronomico di quattro miliardi e mezzo di anni, Terra 2 si è calmata e quasi totalmente assestata.

Le grosse forze in gioco, causate dalle possenti maree, hanno cominciato a allontanare la Luna dalla Terra e la rotazione dei due corpi è andata rallentando passando dalle iniziali quattro ore, per la Terra, alle attuali ventiquattro e fermando totalmente la rotazione lunare.

Questo fenomeno dell’allontanamento della Luna a opera delle maree continua ancora oggi e gli scienziati, analizzando specifici strati rocciosi denominati “Metronomi delle maree” hanno potuto conoscere la frequenza di quelle preistoriche e la durata del giorno nell’alba dell’uomo: le prime erano più frequenti e il secondo durava appena diciotto ore.

La distanza attuale della Luna è di circa 350.000 chilometri e aumenta di circa tre centimetri e mezzo ogni anno.

Questo calcolo è assolutamente reale e preciso e si basa su raggi laser inviati sulla Luna verso gli specchi lasciati dagli astronauti. Oggi questa distanza ci permette di assistere ancora a suggestive eclissi totali di Sole, in quanto il disco lunare riesce a coprirlo perfettamente e a evidenziarne la Corona, ma un tempo non era così e non lo sarà più in futuro.

La funzione della Luna, oltre a quelle basilari per la vita sulla Terra illustrate fino a ora non è ancora finita, anzi possiamo affermare che grazie all’attrazione gravitazionale del nostro satellite la Terra rimane in equilibrio stabile, mantenendo praticamente intatta un’inclinazione del suo asse sui ventitré gradi.

Marte non ha un satellite di grosse dimensioni per cui il suo asse oscilla, durante un periodo di milioni di anni, da zero a novanta gradi causando un clima caotico. Proviamo a togliere di mezzo la Luna e vediamo cosa succederebbe: per prima cosa la stabilità dell’asse terrestre andrebbe a ramengo e comincerebbe a oscillare anch’esso tra zero e novanta gradi con conseguenze allucinanti per quanto riguarda il clima, per cui non è affatto sbagliato affermare che la Luna è parte integrante della regolazione del clima sulla Terra.

Eppure, anche con la presenza della Luna possiamo avere delle piccolissime variazioni, le cui conseguenze sono ben più importanti di quanto si possa credere.

Oggi sappiamo che la culla dell’umanità fu nella regione del Nilo, mentre se non avessimo avuto un’oscillazione di un grado essa sarebbe stata nel fertile e boscoso Sahara il quale, proprio grazie a questa piccolissima variazione è diventato il deserto più grande del mondo.

Waterworld

Per cui se alla Terra mancasse la Luna, ed è ciò che molto lentamente sta accadendo, le conseguenze sarebbero la fine della vita, almeno così come noi la conosciamo sul nostro pianeta.

Avremmo delle estati con temperature fino a cento gradi e degli inverni in cui il gelo ci attanaglierebbe almeno fino a settanta, ottanta gradi sotto lo zero. Avanzerebbero verso l’equatore enormi distese di ghiaccio in una grande glaciazione, per poi arrestarsi e ritirarsi causando lo scioglimento delle calotte polari e facendo sparire isole e città costiere in una sorta di drammatico mondo alla Waterworld.

Ora, poiché è accertato che la Luna si sta allontanando dal nostro pianeta, dovremmo fare qualcosa perché questo fenomeno, causato dall’attrito delle maree, venga eliminato o rallentato e per fare questo potremmo costruire delle dighe oceaniche.

Anche se non abbiamo adesso la tecnologia necessaria abbiamo qualche milione di anni per poterla ottenere, oppure potremmo usare un metodo molto più fantascientifico, opera di uno scienziato che teorizzava lo spostamento del satellite gioviano Europa per immetterlo in orbita attorno alla Terra, non per prendere il posto della Luna, ma per mantenere stabile il nostro pianeta quando l’influenza lunare non sarà più sufficiente.

 

Vanni Mongini
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Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”

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