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Del doman…

Del doman…

 

Phil risalì la scala che conduceva alla terrazza panoramica sul tetto della sua villa. Non si era mai trovato a suo agio con i vassoi e risalire quella breve scalea recando un cabaret di flûte carichi di spumante gli parve una vera impresa. Tuttavia, sua moglie Claire era già troppo impegnata a preparare tramezzini per tutti gli ospiti.

Per un attimo gli girò la testa, ma non erano vertigini d’altezza; era la consapevolezza che probabilmente quelli sarebbero stati gli ultimi panini della sua vita.

Riprese contegno e superò la porta a vetri che conduceva alla terrazza panoramica sulla quale avevano organizzato quella festa di commiato.

La notte era limpida e i suoi amici erano tutti lì, chi in piedi, chi sulle comode sedie a sdraio, chi al tavolo delle libagioni. Loro non lo notarono e per un attimo lui li osservò colto di sorpresa dal senso di amore che provava per tutti loro.

Certo, con quella gente non erano state tutte rose e fiori.

Il rapporto che aveva con molti di essi, onestamente, era stato alquanto superficiale. Tra di loro c’erano state molte divergenze e spiacevolezze. Wilma, la moglie di Lucas, era stata per un certo tempo l’amante di Brad, cosa che ovviamente sapevano tutti tranne Lucas. Maiden una volta gli aveva rifilato, sapendolo, dei prodotti finanziari scadenti, solo per farsi bello con i suoi capi. Hugo, era cosa nota, non perdeva l’occasione per seminar zizzania tra loro.

Ma tutto ciò, ora, non aveva alcuna importanza, perché, alla fin fine, gli amici sono una sorta di famiglia. E alla famiglia si perdona tutto.

«Allora!?» esclamò a gran voce per farsi notare. «Cos’è questo mortorio? Si avvicina l’ora del brindisi!!» e sollevò il vassoio per far vedere i bicchieri ricolmi.

Ci fu un coro generale di approvazione, ma lui si limitò a posare le bevande su un tavolo, per subito dirigersi verso la consolle musicale. Impostò una compilation di musica natalizia, sapendo che avrebbe portato un po’ di calore in quei cuori raggelati da uno spavento che nessuno osava confessare.

Finalmente libero da ogni incombenza da padrone di casa, si appoggiò al parapetto per osservare la città che brillava tremolante sotto di loro. Le sue luci sfavillanti rendevano difficile distinguere le stelle.

Phil si sentiva riflessivo, ma chi non lo sarebbe stato quella sera. Almeno per un istante, anche il più stupido e vuoto degli uomini prima di mezzanotte si sarebbe fermato a riflettere sul significato dell’esistenza.

«Rimpianti?» disse una voce dietro di lui. Phil non aveva bisogno di girarsi per sapere che era James, il suo miglior amico.

«No, in verità,» rispose lui girandosi a sorridergli. «Nella mia vita, credo di aver fatto almeno un pochino tutto quello che desideravo. E nell’ultimo periodo mi sono adoperato con intelligenza a riempire i pochi buchi rimanenti.»

L’amico lo affiancò per godersi il panorama.

«Sì, concordo. E poi, Claire è fantastica.»

Era un bel complimento, ma nascondeva un antico problema. James era stato a lungo innamorato di sua moglie, e Phil sapeva che, nonostante le dichiarazioni contrarie, l’amico covava ancora quella passione segreta. Decise di sorvolare, anche perché James si era sempre comportato in modo inappuntabile.

«Ma credi che le cose si potessero salvare?» chiese, anche per cambiare argomento senza che l’altro registrasse il suo imbarazzo.

James sollevò una sigaretta e l’accese, molti negli ultimi anni avevano anche ripreso a fumare. Ne aspirò una boccata e disse:

«Mio nonno mi raccontava che quando era giovane c’erano state molte iniziative. I giovani protestavano e persino alcuni governi li sostenevano.»

«Ma alla fine prevalse l’egoismo,» puntualizzò Phil.

«L’egoismo,» gli fece eco James. «Probabilmente è la base fondante della specie umana. Per risolvere le cose non potevano servire le mozioni. Ci sarebbe voluta una nuova specie.»

«Più lungimirante.»

«Anche solo un pochino più in accordo con le cose. Che so… Più capaci di guardare anche al domani.»

Osservavano l’incredibile sfolgorio delle luci. Se non fossero stati in cima a un colle che dominava la metropoli non avrebbero neanche saputo distinguere la notte dal giorno. Phil non poté fare a meno di pensare che erano stati sperperi di quel genere a rovinare l’umanità e condurla a quell’ultima notte ferale.

Qualcuno accese lo schermo televisivo che troneggiava, incastonato in una parete. Trasmettevano una tavola rotonda e c’era uno degli invitati, evidentemente tanto infervorato quanto pieno di sé, che diceva:

«Il protocollo di Kyoto fu ratificato nel 1997 e firmato da più di centottanta paesi. Poteva essere l’inizio di un nuovo cammino dell’umanità. Invece, che fine ha fatto?!»

«Stiamo parlando della preistoria,» proruppe un altro invitato. «Lo sa bene che quando si defilarono le nazioni più potenti quell’accordo divenne carta straccia.»

«Signori… Signori…» intervenne il moderatore. «Noi non siamo qui per recriminare, ma per spiegare alla gente i vantaggi della Risoluzione Finale. Quindi…»

Qualcuno a quel punto cambiò canale. Ora si vedeva una festa con ballerine brasiliane e volti noti dello spettacolo. Qualcuno sembrava armeggiare con dei grossi bottiglioni di spumante.

Bella festa! pensò Phil. Ma non era capodanno.

Quella che si festeggiava era la fine di ogni risorsa energetica e di ogni riserva di cibo del pianeta. Ovviamente questo non era un termine che si poteva stabilire in modo univoco, era stata stabilita una scadenza per convenzione.

Quando a tutte le nazioni del pianeta fu chiaro che le risorse del pianeta erano in esaurimento irreversibile, fu presa una decisione. Invece di centellinare il rimanente e vivere poveramente per qualche altro decennio, ogni risorsa sarebbe stata impiegata per vivere alla grande e per festeggiare degnamente la fine della razza umana.

Vista la misera fine cui sarebbero andate incontro le popolazioni, fu stabilito che poco prima del tracollo, dell’inizio delle carestie, delle sommosse e della follia generale, si sarebbe attuata la Risoluzione Finale.

I governi stabilirono un giorno di grande eutanasia mondiale, un giorno in cui tutti avrebbero festeggiato e poi si sarebbero suicidati. Furono fornite alla popolazione le istruzioni e tutto il necessario per uccidersi in modo indolore, e grande impegno fu profuso per garantirsi che almeno la stragrande maggioranza fosse convinta che questa era la cosa migliore da fare.

Certo, si vociferava che i governanti si stessero asserragliando in bunker sotterranei ricolmi di prelibatezze per trascorrere serenamente una vita negli agi, in mezzo alla desolazione generale. Ma che importa, pensava Phil, se pochi di noi se la cavano, meglio per loro. Io non sono tra loro.

Improvvisamente, tutti ammutolirono. Anche l’audio della TV era stato azzerato.

Era comparsa Claire con i tramezzini.

Tutti sapevano di che si trattava.

Anche se essi erano stati confezionati per soddisfare tutti i gusti e tutti i palati – ce n’erano al tonno, al prosciutto, al formaggio, ai paté vegetali – ciò che li accomunava era una sostanza incolore e inodore che avrebbe portato tutti i commensali verso un dolce sonno che non sarebbe mai più terminato.

«Ehm…» iniziò Claire schiarendosi la gola. «State tranquilli. Li ho confezionati in modo scrupoloso in base alle specifiche del farmacista.»

Non c’è che dire. Una perfetta padrona di casa.

A un tratto si vide della confusione da un lato della terrazza.

«No! Basta! Io non ci sto! Siete tutti dei pazzi!»

Era Edy, la moglie di Tom, un contabile che era stato compagno di scuola di Phil.

Il marito cercava di blandirla, ma lei sembrava inarrestabile.

«Scusate, io non ce la faccio. Mi dispiace, non ce la faccio,» fece Edy dirigendosi verso l’uscita. Quando fu sulla soglia si girò e disse: «Mi dispiace. Vi amo tutti. Addio.»

E se ne andò.

Tom, che non era riuscito a trattenerla, aveva l’aria smarrita e guardò Phil.

«Ma che fai!» lo apostrofò Claire. «Valle dietro!»

L’uomo salutò tutti impacciato e corse giù. Claire, invece, posò il vassoio dei panini letali e si girò un po’ imbarazzata verso gli astanti: «Manca poco, eh?» disse. «Mettetevi tutti comodi, io vi darò il vostro tramezzino.»

«Ti aiuto,» fece Phil, ma era solo una scusa per andarle vicino e sussurrarle. «Ti ho mai detto che ti amo da impazzire, Claire?»

«Fino all’esasperazione, chicco,» rispose lei.

«Mi dispiace che tu abbia dovuto prenderti questa tetra incombenza.»

«È pur sempre un modo di occuparsi degli amici e dei cari, nei loro ultimi momenti,» rispose lei, dopodiché iniziò la sua ferale distribuzione.

«A te piace il cheddar, vero Paul?» diceva. «A te Susan, fa impazzire la senape, giusto?»

Con l’aiuto di Phil, opportunamente istruito dalla moglie, la distribuzione fu completata in fretta. Ognuno aveva il suo piattino sul quale troneggiava un tramezzino avvelenato e un calice di spumante, per mandar giù l’amaro boccone.

Sullo schermo, con l’audio ancora azzerato, si vedevano dei numeri. Un conto alla rovescia. 5… 4… 3… 2… 1… 0.

Bè, lo 0 non si vide, perché lo schermo si spense un istante prima. Insieme a tutto il resto.

Ora la città non brillava più. Tutto quel mondo brillante era precipitato nel buio e le stelle avevano ripreso la loro supremazia, in una visione che suscitava vertigine. Tutto quell’emisfero terrestre stava chiudendo i battenti con una cerimonia che si sarebbe ripetuta, poche ore dopo, nell’emisfero opposto.

Gli astanti furono soverchiati da quel segno inequivocabile della fine di una civiltà e, presi da sacro terrore, consumarono in fretta i loro tremendi panini.

«Andiamo a sdraiarci,» disse  Claire da perfetta padrona di casa, preoccupata che il sonnifero agisse troppo in fretta e qualcuno ancora in piedi desse una cruenta capocciata per terra.

«Sdraiatevi, su. Sta per cominciare,» fece Phil andando a mettersi in uno dei comodo sdraio vicino a Claire.

Allungò la mano perché lei la stringesse un’ultima volta. Poi la luce scoppiò di nuovo.

Un tripudio incredibile di fuochi d’artificio esplose da ogni dove. Una sarabanda pirotecnica così non si era mai vista e mai più si sarebbe verificata sul pianeta.

Restarono tutti affascinati, anche se Phil a un certo punto si accorse che molti già cominciavano a tener gli occhi aperti a fatica.

«Belli, vero?» disse Phil rivolto alla moglie, avvedendosi che lei invece aveva già gli occhi chiusi.

Conoscendola, era evidente che a se stessa aveva riservato una dose doppia del veleno governativo. Tanto per sicurezza…

Una lacrima scese dall’occhio sinistro di Phil. Poi lui si concentrò sui magnifici fuochi d’artificio che scoppiavano in tutte le forme più improbabili della luce. Fece uno sforzo disperato per restar sveglio fino alla fine dello spettacolo, per godere al massimo di quell’ultimo sprazzo di vita.

Solo quando il buio tornò, insieme al silenzio, si lasciò andare.

 

Del doman non v’è certezza è World © Giorgio Sangiorgi 2019

Giorgio Sangiorgi
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Sangiorgi lavora e vive a Bologna. Dopo un esordio nel campo del fumetto, ha vinto alcuni premi letterari locali per poi diventare uno degli autori e dei saggisti della Perseo Libri Il suo libro "La foresta dei sogni perduti" ha avuto un buon successo di pubblico. Ora pubblica quasi esclusivamente in digitale e alcuni suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati in Francia e Spagna.

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