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Biancaneve di Jacob e Wilhelm Grimm

Biancaneve di Jacob e Wilhelm Grimm

(Sneewittchen, in Kinder- und Haus-Märchen Band, vol. 1, Berlino, 1812)

Si è molto parlato recentemente del politicamente corretto nelle fiabe storiche, ma in questo esperimento il mio intento è solo “filologico”, un po’ come per le versioni originali dei racconti di Poe. Quindi, far vedere come la creatività si evolve anche nella letteratura classica. L’idea di aggiungere eventualmente la versione “politicamente corretta” nel caso dei Grimm (come per Poe) mi sembra impraticabile, perché gli autori non la scrissero mai: scrissero varie versioni di alcune loro favole, ma non per “correggerle politicamente” (7 varianti per Biancaneve). La versione finale di Cenerentola, ad esempio, è molto più “scorretta” della prima. Se si trattasse di fare delle considerazioni, le farei su come, nel corso dei secoli, la sensibilità di artisti e pubblico è cambiata nel trattare le stesse storie.

M.L.M

 

Biancaneve: i fratelli Grimm

Wilhelm e Jacob Grimm, 1847; dagherrotipo di Hermann Blow

 

C’era una volta una regina che, un giorno d’inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano come piume dal cielo, stava seduta davanti a una finestra dalla cornice nera in  legno d’ebano, e cuciva. E mentre cuciva e guardava la neve si punse un dito con l’ago, e tre gocce di sangue caddero sulla neve. E poiché il rosso sul bianco le sembrò così bello, lei pensò: “Ah, se avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue, nero come questa cornice.” E ben presto le nacque una bambina, bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano, e perciò venne chiamata Biancaneve.

La regina era la più bella di tutta la nazione, ed era molto orgogliosa della sua bellezza. Aveva anche uno specchio, davanti al quale si metteva ogni mattina, e gli chiedeva:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella di tutto il Paese?»

E ogni volta lo specchio rispondeva:

«Voi, mia regina, siete la donna più bella del Paese.»

E così lei era sicura che non ci fosse nessuno più bella di lei al mondo. Però Biancaneve crebbe, e all’età di sette anni era così bella da superare in bellezza persino la regina, e quando costei chiese allo specchio:

«Specchio, specchio alla parete, chi è la donna più bella di tutto il Paese?»

lo specchio disse:

«Mia regina, voi siete qui la più bella, ma Biancaneve è di voi mille volte ancor più bella!»

Quando la regina sentì lo specchio parlare così, sbiancò dall’invidia, e da quel momento in poi odiò Biancaneve, e quando la vedeva pensava che per colpa sua lei non era più la più bella del mondo, e il cuore le si contorceva. E poiché l’invidia non le dava pace, chiamò un cacciatore e gli disse:

«Conduci Biancaneve nella foresta, in un posto lontano e nascosto, poi trafiggila a morte, e come prova portami i suoi polmoni e il suo fegato, che li voglio cucinare col sale e mangiare.»

Biancaneve e il cacciatoreIl cacciatore condusse Biancaneve lontano, ma quando ebbe estratto il coltello per i cervi e fu sul punto di pugnalarla, lei scoppiò a piangere e con tutta la sua forza supplicò il cacciatore di risparmiarle la vita, e lei in cambio non sarebbe più tornata e sarebbe fuggita nella foresta. Il cacciatore s’impietosì per la sua bellezza, e pensò: “Le belve selvatiche la sbraneranno presto: tanto meglio, così non dovrò ucciderla io.” E siccome un giovane cinghialetto passò di lì correndo, lui lo uccise, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò come prova alla regina, che li cucinò col sale e li mangiò, convinta di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve.

Biancaneve però era rimasta tutta sola nella grande foresta, e aveva così tanta paura che cominciò a correre e correre sopra le pietre appuntite e in mezzo ai rovi per tutto il giorno: alla fine, mentre il sole tramontava, arrivò a una piccola casetta. La casetta apparteneva a sette nani, che però non erano in casa, bensì al lavoro nella miniera. Biancaneve entrò e trovò che tutto era piccolo, ma pulito e grazioso: c’era un tavolo con sette piccoli piatti, e accanto sette cucchiaini, sette coltellini e forchettine, sette bicchierini, contro il muro c’erano sette lettini uno accanto all’altro, rifatti da poco. Biancaneve aveva fame e sete, mangiò da ogni piattino un po’ di verdura e di pane, bevve da ogni bicchierino un goccio di vino, e siccome era stanca voleva andare a dormire. Allora provò i sette lettini uno dopo l’altro, ma nessuno le andava bene, tranne l’ultimo, sul quale si sdraiò e si addormentò.

Biancaneve e i sette naniQuando fu notte, i sette nani rientrarono dal lavoro, e accesero le loro sette candele, e così videro che qualcuno era stato nella loro casa. Il primo disse: «Chi si è seduto sulla mia seggiolina?» Il secondo: «Chi ha mangiato dal mio piattino?». Il terzo: «Chi ha preso dal mio panino?» Il quarto: «Chi ha mangiato dalla mia verdurina?» Il quinto: «Chi ha infilzato con la mia forchettina?» Il sesto: «Chi ha tagliato con il mio coltellino?» Il settimo: «Chi ha bevuto dal mio bicchierino?» Poi il primo si guardò intorno e disse: «Chi è entrato nel mio lettino?» Il secondo: «Ehi, qualcuno si è sdraiato anche nel mio.» E così via tutti quanti fino al settimo, che quando guardò il suo lettino ci trovò Biancaneve sdraiata e addormentata. Allora i nani vennero di corsa, e gridarono dallo stupore, e puntando le loro candele guardarono Biancaneve. «Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!», gridarono, «Com’è bella!» Erano tutti molto contenti di averla lì, non la svegliarono, e la lasciarono dormire nel lettino; il settimo nano però dormì con i suoi compagni, accanto a ognuno per un’ora, per tutta la notte. Quando Biancaneve si svegliò, le chiesero chi fosse e come fosse entrata nella loro casa; allora lei raccontò che sua madre voleva ucciderla, che però il cacciatore l’aveva risparmiata, che aveva corso tutto il giorno, e infine era arrivata alla loro casetta. I nani ebbero compassione di lei e dissero: «Se vuoi prenderti cura della nostra, e cucinare, cucire, fare i letti , lavare e lavorare a maglia, e anche mantenere tutto pulito e in ordine, allora puoi restare con noi e non ti mancherà nulla. Quando torniamo a casa la sera, dev’essere pronto da mangiare, ma di giorno siamo in miniera a estrarre oro, allora sarai sola; stai attenta alla regina e non far entrare nessuno.»

La regina però credeva di essere di nuovo la più bella nel Paese, al mattino si mise davanti allo specchio e chiese:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella in tutto il Paese?»

Ma lo specchio rispose ancora:

«Mia regina, voi qui siete la più bella: ma Biancaneve, al di là dei sette monti, di voi mille volte è ancor più bella!»

Quando la regina lo sentì si spaventò e capì di essere stata ingannata, e che il cacciatore non aveva ucciso Biancaneve. Siccome però nessuno, a parte i sette nani, viveva sui sette monti, capì subito che lei si era rifugiata presso di loro, e allora pensò di nuovo a come poteva ucciderla, perché finché lo specchio non avesse detto di nuovo che lei era la donna più bella di tutto il Paese, lei non avrebbe avuto pace. Per lei niente era abbastanza sicuro o tranquillo, così si travestì da vecchia merciaia, si truccò il viso, in modo da non farsi riconoscere, e andò alla casa dei nani. Bussò alla porta e gridò: «Apri, apri, sono la vecchia merciaia, che ha cose buone da vendere.» Biancaneve guardò fuori dalla finestra: «Che cosa avete lì?»

Biancaneve e la mela«Cinture di pizzo, bambina cara,» disse la vecchia, e ne mostrò una che era fatta di seta rossa e blu intrecciata: «La vuoi?»

«Oh, sì» disse Biancaneve, e pensò di far entrare la buona vecchina, che lei credeva onesta, così aprì la porta e si allacciò la cintura.

«Ma come l’hai allacciata male,» disse la vecchia. «Vieni, ci penso io ad allacciartela meglio.»

Biancaneve le si mise davanti, allora lei prese la cintura, la allacciò e la allacciò così stretta che a Biancaneve mancò il fiato e cadde come morta. Al che la regina fu soddisfatta e se ne andò via.

Ben presto fu sera, e i sette nani tornarono a casa, e si spaventarono molto quando trovarono Biancaneve sdraiata a terra come se fosse morta. Quando la sollevarono, videro che la cintura era tanto stretta e la tagliarono in due, e lei prima respirò, poi si rianimò. «Non era altri che la regina,» dissero loro, «che voleva toglierti la vita, stai attenta e non lasciar entrare più nessuno.»

La regina però chiese al suo specchio:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella di tutto il Paese?»

Lo specchio rispose:

«Mia regina, voi qui siete la più bella: ma Biancaneve, con i sette nani, di voi mille volte è ancor più bella!»

Lei si spaventò tanto che il sangue le affluì al cuore, quando vide che Biancaneve era ancora viva. Allora pensò tutto il giorno e tutta la notte a come provarci di nuovo, e fabbricò un pettine avvelenato, si travestì in un modo del tutto diverso e tornò là. Bussò alla porta, ma Biancaneve gridò: «Non posso far entrare nessuno.» Allora lei tirò fuori il pettine, e siccome Biancaneve rimase affascinata da quanto brillava, aprì la porta e comprò il pettine.

«Vieni che ti pettino,» disse la merciaia. Ma non appena ebbe infilato il pettine nei capelli di Biancaneve, lei cadde a terra, morta.

«Ora ci resterai,» disse la regina con il cuore alleggerito, e tornò a casa. I nani però tornarono appena in tempo per vedere cos’era successo e tolsero il pettine dai capelli di Biancaneve, che riaprì gli occhi, riprese vita e promise ai nani che di sicuro non avrebbe più fatto entrare nessuno.

Ma la regina si mise davanti allo specchio:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella in tutto il Paese?»

Lo specchio rispose:

«Mia regina, voi qui siete la più bella: ma Biancaneve, con i sette nani, di voi mille volte è ancor più bella!»

Quando la regina lo sentì ancora, tremò di rabbia fino allo spasmo: «Biancaneve deve morire, anche a costo della mia vita!»

Allora andò nella sua stanza più segreta, dove solo lei poteva entrare, e lì fabbricò una mela molto, molto velenosa, così bella e rossa all’esterno, da far venire l’acquolina in bocca a chiunque la vedesse. Poi si travestì da contadina, andò alla casa dei nani e bussò. Biancaneve guardò e disse: «Non posso far entrare nessuno, i nani me l’hanno proibito assolutamente!»

«Se non vuoi,» disse la contadina, «non posso costringerti, voglio solo sbarazzarmi delle mie mele, ecco, te ne voglio regalare una.»

«No,  non posso prendere niente, neanche in regalo, i nani non vogliono.»

«Se hai tanta paura, allora taglio la mela in due e do da mangiare a te la parte bella rossa.» La mela infatti era fatta con tanta abilità che solo la metà rossa era avvelenata. Quando Biancaneve vide che la contadina stessa mangiava la mela, la sua voglia crebbe, così alla fine si fece passare l’altra metà della finestra e la morsicò, e subito cadde a terra morta.

La regina, tutta contenta, tornò a casa e chiese allo specchio:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella in tutto il Paese?»

E lui rispose:

«Voi, mia regina, siete la donna più bella del Paese.»

«Finalmente avrò pace,» disse lei, «ora che Biancaneve è davvero morta.»

I nani quella sera tornarono a casa dalla miniera, dove la cara Biancaneve giaceva a terra morta. Le sciolsero i lacci e cercarono qualcosa di velenoso fra i capelli, ma fu tutto inutile, non riuscirono a rianimarla. La misero su un catafalco e tutti le si sedettero accanto, piansero e piansero per tre giorni, poi decisero di seppellirla, ma videro che era ancora fresca e non aveva l’aspetto di un cadavere e che anzi le sue guance erano ancora belle rosse. Allora fecero costruire una bara di vetro e la misero dentro, in modo che la si potesse vedere, scrissero all’esterno il suo nome e la sua ascendenza in caratteri d’oro, e ogni giorno uno restava a casa a vegliarla.

Così per molto, molto tempo Biancaneve rimase nella bara e non si decompose, era ancora bianca come la neve e rossa come il sangue, e se gli occhi si fossero potuti aprire, sarebbero stati neri come l’ebano, perchè era sdraiata come se dormisse. Un giorno un giovane principe giunse alla casa dei nani perchè voleva passarvi la notte, e quando entrò nella stanza e da quando vide Biancaneve che giaceva nella bara di vetro, così bene illuminata dalle luci di sette candele, non poteva più smettere di ammirare la sua bellezza, e lesse l’iscrizione d’oro e vide che era figlia di un re. Allora chiese ai sette nani se potessero vendergli la bara di Biancaneve, ma loro non volevano alcun denaro; allora lui chiese loro se potevano regalargliela, perché lui non poteva più vivere senza vederla, e lui voleva celebrarla e onorarla come se fosse stata la persona a lui più cara. Allora i nani s’impietosirono e gli diedero la bara, ma il principe la fece portare nel suo castello e la fece deporre nella sua stanza, e si sedeva davanti e essa ogni giorno e non poteva staccare gli occhi; e quando doveva uscire e non poteva vedere Biancaneve si rattristava, e non mangiava nemmeno un boccone se la bara non gli stava accanto. I servitori, però, si erano stancati di portare in giro la bara di continuo, e uno di loro aprì la bara, sollevò Biancaneve e disse: «Per colpa di una ragazza morta, ci massacriamo tutto il giorno,» e con la mano la colpì sulla schiena. Allora il brutto pezzo di mela che aveva morsicato le uscì dalla gola, e Biancaneve tornò in vita. Allora lei corse dal principe, che esplose di gioia, perché la sua cara Biancaneve era viva, e si misero insieme a tavola e mangiarono felici.

Le nozze furono fissate per il giorno dopo, e fu invitata anche la perfida madre di Biancaneve. Lei al mattino andò davanti allo specchio e disse:

«Specchio, specchio sulla parete, chi è la donna più bella di tutto il Paese?»

E lui rispose:

«Mia regina, voi qui siete la più bella: ma la giovane regina di voi mille volte è ancor più bella!»

Quando lei lo sentì si spaventò, e aveva così tanta, tanta paura che non riusciva a parlare. Ma l’invidia la spinse a volere vedere la giovane regina a quel matrimonio, e quando arrivò vide che era Biancaneve; allora furono fabbricate delle pantofole di ferro arroventate al fuoco e la regina fu costretta a indossarle e a ballare con quelle, e i suoi piedi di ustionarono miseramente, e lei non poté smettere di danzare fino a che morì.

 

Le illustrazioni sono di Lothar Meggendorfer, da un’edizione del 1910
Traduzione © Mario Luca Moretti, 2023

 

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano

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