ATTIS, SOGNI DAL TERZO PIANETA
Opera prima, nel senso di romanzo, di questo Autore, che bene ha già fatto nel campo del racconto e soprattutto in molte recensioni su riviste specializzate, per cui il nome non è del tutto nuovo.
In Attis, Sogni dal terzo pianeta lo spunto è distopico: una società distrutta dall’inquinamento, città costruite su molti piani e quelli più profondi sono frequentati dalla feccia dell’umanità. Questo in maniera generale. C’è nel racconto un bel personaggio del sottosuolo, che Stefano non ha pensato giusto sviluppare e speriamo che sia per una prossima volta.
Poi c’è il clima: alla faccia del nostro riscaldamento globale, Stefano accoglie l’ipotesi che a forza di scaldarsi, la Terra alla fine possa diventare una palla di ghiaccio e anche in piena estate le temperature saranno glaciali. Tempeste di neve immani hanno sepolto Los Angeles, città da cui arriva il primo dei nostri personaggi: un agente di polizia, spostato da quella città che ormai non esiste più. La sepoltura nel ghiaccio ha fatto molte vittime a Los Angeles e la città non è più agibile. Ora Mark Svensen è diventato agente controllore di prigionieri e lavora in una città diversa.
La delinquenza, diffusissima, obbliga il governo a trasferire i delinquenti su un paio di mondi del sistema Attis, dove vivrebbero isolati, creandosi una loro separata civiltà. Un po’ quello che gli inglesi hanno fatto con l’Australia. Tutto questo è possibile perché al largo dei “bastioni” di Plutone sono stari scoperti del “buchi bianchi” capaci di lanciare come fionde le astronavi in ultraluce. Questo di Stefano Spataro è un universo tecnico che un po’ ricorda quello di John Scalzi, in cui gli esseri umani sfruttano il “flusso,” molto simile nell’idea. Credo di sapere che Stefano non ha mai letto Scalzi, per cui le idee davvero girano libere e visibili a qualcuno.
Ma succede una cosa importante: passando attraverso i “buchi bianchi” si fanno dei sogni. E molti di questi sogni sembrano essere più che premonitori: proprio una visione del futuro!
Lo spunto è freddo, ma bello. Freddo per il clima che permette al nostro Stefano di limitare al massimo le descrizioni paesaggistiche: per motivi che mi sono abbastanza alieni, i giovani scrittori preferiscono limitare, se non addirittura fare a meno, delle descrizioni ambientali. Abituati forse ai film, dove gli ambienti si vedono e quindi non serve descriverli.
Poi ci sarebbero moltissimi spunti che Stefano non ha del tutto sviluppato. Abbiamo già detto del personaggio sotterraneo. Poi, per esempio, questi “buchi bianchi,” in un “pulp” come si deve avrebbero meritato un bel capitolo pseudo scientifico, che avrebbe di certo attratto la fantasia dei più nostalgici del vecchio stile, invece Stefano Spataro non lo ha inserito, preferendo piuttosto dilungarsi su spunti moraleggianti di questa umanità che spreca e non rispetta gli esseri umani.
Non dico che non sia il caso di approfondire la morale umana, ma Philip K. Dick lo faceva senza emettere manifesti pseudo politici e con una potenza più dirompente.
Detto questo, Stefano ha fatto un bel lavoro: un po’ si è fatto trascinare dalle tendenze “moral chic” in voga presso i nostri scrittori di fs, ma ha tuttavia saputo cavalcare anche la parte “wonder” che altri non sanno cogliere così bene. Non si è fatto fuorviare dallo stile “cyber qualcosa,” che molti amano in modo esagerato e alla fine il suo prodotto, considerato che è il primo romanzo, è generoso e ben costruito.
Franco Giambalvo
Appassionato di fantascienza da sempre, ma ha scoperto di esserlo in quarta elementare quando lo hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrebbe compiuto nove anni in quell'autunno. In seguito ha potuto scrivere con l'aiuto di Vittorio Curtoni e ha pubblicato un romanzo, del tutto ignorato, dagli Editori e dai lettori. Ma non si lamenta troppo: ama la fantascienza!