Altri film di S.F che io amo
…e non me ne vergogno
Questa è la seconda parte di un articolo la cui prima parte è apparsa domenica scorsa.
Se amate la fantascienza, se la amate nella sua totalità cinematografica, questo è per voi con tutto il mio affetto e se non lo amate è lo stesso per voi, sperando che impariate qualcosa.
E, in ogni caso, dedico questi ricordi a tutti quei registi, attori e creatori di effetti speciali di tutto il mondo che, con il loro paziente lavoro di valenti artigiani, hanno preparato quel futuro ridondante e spesso stupido che voi amate tanto. Vi hanno dato la possibilità di vedere le nuove “opere” di oggi.
Non spacciatevi per esperti, se non lo siete e non lo sarete mai e permettetemi di dirvi questo: io non sono nato imparato e apprendo ancora adesso: non è bello?
Vanni Mongini
Il Pianeta Proibito (1956)
Gli effetti speciali sono eccezionali per l’epoca. I fondali dipinti con il paesaggio del pianeta sono inseriti perfettamente nella scenografia e ben poche sono le sbavature che ne risultano. Tutti i disegni che sono stati inseriti nei fotogrammi (i raggi laser, il mostro, eccetera…) sono pressoché perfetti.
Quando il film venne lanciato sul mercato, si pensò di far risaltare soprattutto la figura del mostro, ma ben presto i produttori cambiarono idea e puntarono su quella ben più originale del robot Robby il quale conobbe subito una vasta popolarità. Un anno dopo, fu addirittura girato un secondo film con lui come protagonista: Il Robot e lo Sputnik (The Invisible Boy).
Il buon Robby conobbe inoltre un periodo di “gloria” del tutto italiano quando fu chiamato in veste di ospite d’onore al quiz di Mike Bongiorno “Lascia o Raddoppia?” in occasione della prova di un concorrente esperto in fantascienza e lo stesso Steven Spielberg lo farà apparire brevemente in “Gremlins” di Joe Dante.
Sempre all’epoca dell’uscita del film fu scritto che Robby era veramente un robot in grado di muoversi per mezzo di cavi e alimentato dal motore di un aeroplano residuato di guerra, ma si trattava solamente di una trovata pubblicitaria perché il robot non era che una sorta di corazza con un uomo all’interno e fino a poco tempo fa questo rivestimento faceva bella mostra di sé nell’ormai chiuso museo della Metro Goldwin Mayer.
Il regista del film è Fred McLeod Wilcox, morto nel 1964 e passato alla storia del cinema, oltre che per questo film, soprattutto per lo struggente Torna a casa Lassie che annoverava tra gli interpreti un giovanissimo ed imberbe Roddy McDowell (il futuro Cornelius-Caesar della serie cinematografica de Il Pianeta delle Scimmie, nonché Galeno nell’omonimo serial TV).
Tra gli altri interpreti non possiamo non segnalare una bimbetta divenuta poi una grande diva: Elizabeth Taylor ed Elsa Lanchester, consacrata alla storia del cinema come La Moglie di Frankenstein.
Per quanto riguarda Leslie Nielsen diventerà famoso in tarda età mostrando una singolare vis comico-demenziale nelle serie di film della Pallottola spuntata e in una versione comica imperniata su Dracula (Dracula morto e contento) diretta da Mel Brooks.
Nelle interviste, fino a poco prima della sua morte, gli chiedevano spesso de Il Pianeta Proibito e lui si stupiva come la gente si ricordasse ancora di “quel piccolo film”.
A chi gli chiedeva del suo Professor Morbius, Walter Pidgeon rispondeva di non ricordarsi praticamente nulla di questo film: lo incontreremo nuovamente per altre pellicole di fantascienza, come Viaggio in fondo al Mare e L’Odissea del Neptune nell’Impero Sommerso). L’attore è morto il 25 settembre del 1984.
La pellicola ottenne tanto successo all’epoca che dalla sua sceneggiatura venne tratto un romanzo che porta la firma di W.J.Stuart , mentre il soggetto originale era di Irving Block e Allen Adler (Il Pianeta Proibito – Urania N. 148 e 406 – Mondadori – Milano).
Questo procedimento verrà utilizzato più volte in seguito, ma nonostante i nomi prestigiosi a cui sarà affidato (Sturgeon, Asimov, eccetera…) non darà quasi mai risultati considerevoli.
È stato il primo film di fantascienza a ricevere un finanziamento assolutamente ragguardevole e che ammontava a 1.900.000 dollari. È stato girato negli studi di Culver City, in California.
È estremamente difficile poterlo visionare oggi negli Stati Uniti perché le poche copie rimaste nei magazzini sono state malamente accorciate e non sono quasi mai disponibili per i noleggi.
In Italia la situazione è più o meno la stessa: la prima edizione del film è praticamente introvabile e quando questo si verifica ci si trova davanti a una pellicola massacrata e completamente virata in rosso. Fortunatamente il film è stato rieditato da una compagnia indipendente e su un ottimo supporto il cui colore non è degradato. In questo momento si è conoscenza di almeno tre copie in buone condizioni.
Il produttore Nicholas Nayfack è morto nel 1958 e i protagonisti sono quasi tutti scomparsi.
La troupe per gli effetti speciali (A.Arnold Gillespie, Irving Ries, Warren Newcombe e Joshua Meador), lo sceneggiatore Cyril Hume ed Allen Adler, co-autore del soggetto originale, Irving Block, che era, professore d’arte al California State College di Northridge, il direttore artistico in pensione Arthur Lonergan, come lo è anche il cameraman George Folsey e anche Louis e Bebe Barron che avevano un loro studio di musica a West Hollywood.
Warren Stevens, anche lui scomparso, ricordava il film con piacere mentre Earl Holliman lo ha definito “il peggior film che abbia mai fatto”.
Richard Anderson, e cioè Queen è diventato famoso al grosso pubblico interpretando la parte di Oscar Goldman nei due Serial Tv L’uomo da Sei Milioni di Dollari e La Donna Bionica. È il padre di Richard Dean Anderson, il famoso McGiver della omonima serie e protagonista di Stargate serial TV.
Irving Block scrisse nel 1954 con Allen Adler la storia originale di Forbidden Planet e la propose nella primavera dello stesso anno al produttore della M.G.M. Nayfack.
Block non era nuovo alla fantascienza: pittore professionista era arrivato a Hollywood nel 1945 dopo aver lavorato nella Sezione Geodetica dell’esercito durante la guerra come realizzatore di mappe. Cominciò a lavorare negli effetti speciali alla 20th Century Fox con Fred Sersen (Ultimatum alla Terra 1890 – 1962) e fu uno dei primi a Hollywood a comprendere l’importanza commerciale dei film di sf.
Nel 1949 Block lasciò la Fox per formare la Septa Productions, uno studio per gli effetti speciali in società con Jack Rabin. Decisero di girare un film su un viaggio sulla Luna, ma a Hollywood si stava già girando Uomini sulla Luna (Destination Moon) di George Pal.
Al loro progetto s’interessò Robert Lippert, produttore ed ex distributore il quale affidò loro gli effetti speciali di RXM Destinazione Luna (Rocketship XM). Dopo aver lavorato su altri film come Volo su Marte e prima di prendere parte a Kronos, conquistatore dell’universo, Block divenne amico di Adler e con lui scrisse Forbidden Planet.
Anche se Block era sopra ogni altra cosa un tecnico degli effetti speciali (il mostro con un occhio solo de La Guerra di domani era in realtà il braccio di Block), pure aveva già scritto parecchio.
Fu sua l’idea di fare della storia una versione futuristica della “Tempesta” di William Shakespeare, sostituendo Morbius a Prospero, Altaira (Alta, in Italia) a Miranda, l’equipaggio del C57-D al gruppo di nobili italiani in visita all’isola e Robby ai personaggi di Ariel e Calibano fusi insieme.
Il nome di Morbius deriva da quello di Möbius, matematico inventore del Nastro di Möbius, una figura bidimensionale con una sola superficie.
All’epoca era molto in voga la psicologia freudiana e Irving Block ci racconta che “L’idea di un mostro dagli occhi d’insetto è un’illusione un po’ infantile, ma ci sono veri mostri e demoni che esistono dentro di noi e dei quali noi non sappiamo nulla. Siamo in grado di fare le cose più orrende e spesso restiamo scioccati al rendercene conto. Il mostro dell’Id non è che l’invisibile spirito demoniaco di Morbius, ecco perché è invisibile. Alla fine, la MGM non riuscì a mandar giù l’idea dell’invisibilità completa e così prese quelli della Disney per fare un esempio dell’Id. Venne alquanto male.”
Altre fonti sfruttate dai due autori includono la mitologia (Altaira e la Tigre: soltanto una vergine può domare un unicorno). L’idea era di mostrare la fondamenta dei miti al di là di ogni epoca.
Black e Rabin volevano vendere la loro storia intitolata Fatal Planet, alla Allied Artists, che all’epoca preparava Mondo senza Fine, l’Invasione degli Ultracorpi e Target Earth.
Il loro agente li dissuase convincendoli a tentare “il grande colpo” offrendo la storia a una grossa casa come la MGM.
Quando Adler si presentò con Block nel lussuoso ufficio di Nayfack a Culver City e presentò il manoscritto, il produttore fiutò l’affare.
La realizzazione del film fu ostacolata in mille modi.
Dore Schary, forza creativa della MGM, con la lungimiranza e la spocchia di molti critici nostrani, si dimostrò subito contrario all’idea che riteneva dequalificante per uno studio di solida tradizione come la MGM.
Allora Nayfack chiamò il vecchio amico Wilcox per dirigere il film e Arnold Lonergan fu letteralmente strappato al Dipartimento Artistico di Cedric Gibbons.
Arnold Gillespie ricorda: “Niente aiuti, niente assistenza, niente di niente. Ci prendevano tutti per matti.”
Mentre lo staff di produzione cominciava a esaminare alcuni dei disegni originali di Block e Adler presentati con la storia, Nayfack contattò Cyril Hume per scrivere la sceneggiatura.
Hume, veterano, si era fatto le ossa sui film di Tarzan e avrebbe più tardi firmato l’unico altro film di fantascienza prodotto da Nayfack: Il Robot e lo Sputnik.
Hume mantenne la narrativa di base di Block e Adler, ma inventò e poi aumentò i riferimenti ai Krell, cambiando il titolo in Forbidden Planet considerando il termine Fatal troppo negativo.
Arnold Gillespie sintetizzò in questo modo la sensazione generale della troupe: “La MGM non aveva mai fatto un film di Sf. Questo ci dava l’opportunità di creare un nuovo mondo fuori dal Sistema Solare. Rappresentava un’occasione meravigliosa. Nessuno avrebbe potuto darci addosso, potevamo fare quasi tutto!”
Dopo aver avuto il via da Nayfack, Gillespie, Lonergan e Warren Newcombe, assieme allo scenografo Hugh Hunt, iniziarono a sperimentare le nuove idee.
Il disegno del C57-D approvato da Cal Teach, derivò dai numerosi avvistamenti di dischi volanti in quegli anni. Ne vennero fatti tre modelli: uno di un metro e ottanta di diametro, uno di 48 pollici (circa un metro e 23 cm) e uno di venti (circa 50cm).
Uno di questi modelli fu, in seguito, utilizzato in un episodio de: Ai Confini della Realtà e precisamente quello intitolato Gli Invasori (The Invaders), interpretato da una bravissima Agnes Moorehead. La scenografia della sala di pilotaggio è stata ripresa in un secondo episodio della stessa serie, divise dei cosmonauti comprese, intitolato Mostri in Maple Street (The Monster are due on Maple Street).
Nel frattempo, il dipartimento scenico, sotto la supervisione di George Gibson, iniziò a lavorare sul Cyclorama lungo cento metri che rappresentava la superficie di Altair 4.
Uno dei più grossi problemi che George Folsey si trovò ad affrontare riguardo al Cyclorama fu l’illuminazione, che fu pazientemente calibrata per evitare stacchi di colore tra il fondale e il terreno di Altair 4. Fu anche molto difficile illuminare soddisfacentemente l’incrociatore largo venti metri.
Gli interni dell’astronave, la città Krell e Robby furono disegnati da Bob Kinoshita che è tuttora direttore artistico a Hollywood. Robby fu ideato da Block e Adler tenendo in mente le tre leggi di Asimov alle quali nel film effettivamente si accenna.
Nell’originale la voce di Robby è di Marvin Miller (da noi fu Alberto Lupo).
Il robot ha avuto più interpreti, fra cui l’ex bambino prodigio Frankie Darrow e il tecnico Frankie Carpenter. Il calore, i complessi macchinari interni e il peso (100 libbre e cioè più di cinquanta chili!) rendevano molto difficile la permanenza all’interno di Robby.
Come abbiamo detto le apparizioni di Robby sono state molteplici, oltre a quelle già citate, lo ricordiamo in: Oh, Susanna, un paio di episodi di Ai confini della Realtà e di Lost in Space, una in American Bandstand, una in Mork e Mindy, una in Colombo, una in The Thin Man ed anche in Gremlins di Joe Dante.
L’involucro originale, privo di tutti i meccanismi interni, è stato riempito di cemento ed è tuttora esposto al Movieworld Museum di Buena Vista, in California.
Tutte le apparecchiature dell’originale erano messe in azione elettricamente attraverso un cavo che usciva da un tallone e si collegava a un generatore fuori campo.
Era molto pericoloso indossare quel costume: Frankie Darrow rifiutò di girare altre scene dopo aver corso il rischio di cadere da una pedana (visto il peso si sarebbe ammazzato).
L’altro pericolo era rappresentato dalla corrente che doveva far funzionare sette motori (due per le antenne rotanti, uno per il giroscopio in cima alla testa, uno per la tastiera alla base della testa, tre nello stomaco più scariche di 40.000 volts per attivare i tubi al neon che si accendevano quando Robby parlava).
Ovviamente Robby non poteva sedersi. L’ultima scena che lo vede, con due mani diverse, ai comandi del C57-D fu realizzata facendo indossare a Carpenter soltanto la parte superiore del costume e nascondendo le gambe con delle false gambe di cartone.
È stata costruita una fedelissima replica indossabile e funzionante di Robby da Bill Malone, tecnico degli studi Don Post, che ne realizzò una copia prendendo il calco del Robby originale che la MGM gli aveva consegnato per restaurarlo.
Malone ha costruito anche dei perfetti Gort e “Maria”, la Robotrix di Metropolis.
Li trovate anche in vendita ma i prezzi sono stellari…
Un altro set completo fu dedicato alla villa di Morbius, disegnata da Arthur Lonergan che dovette superare molti ostacoli per far accettare la mancanza di porte e finestre da lui considerate troppo claustrofobiche.
Spesso Wilcox si lamentava per le scenografie o per certi elementi scenografici e molti vennero mantenuti solo grazie all’intervento del decano Cedric Gibbons.
Nella storia originale i Krell non erano nemmeno nominati e quindi tutto ciò che appare nel film a proposito di essi è frutto della fantasia dello scrittore Ciryl Hume.
Vennero costruiti tre set per le scene Krell: il primo era una serie di corridoi che portano al laboratorio Krell dietro lo studio di Morbius e dai quali gli scenografi hanno cercato di far indovinare la forma di un individuo Krell.
Nella sceneggiatura di Hume vengono descritti come forniti di due lunghe zampe posteriori tipo rana e una lunghissima coda. Originariamente non dovevano esserci gradini in questi set (per via della coda), ma solo rampe.
I muri di roccia dei corridoi vennero realizzati con materiale plastico su stampi presi direttamente da vera roccia.
Gli abissi della città Krell consistevano in un set in miniatura lungo 50 iarde (45 metri) filmato orizzontalmente sul pavimento di uno studio. La cura nei particolari è incredibile: in fondo al complesso Krell fu posizionato uno sfondo specchiato dipinto da George Gibson per dare l’idea di tutti i 7900 livelli (la stessa tecnica è stata usata per allungare all’infinito la trincea della Morte Nera in Guerre Stellari).
La scena in cui si vede Morbius e i tre ufficiali ripresi dall’alto di un ponte sospeso sui 7900 livelli è stata realizzata riprendendo quattro nani dall’alto del Bekins Van Storage Building di Hollywood (uno degli edifici più alti di Los Angeles). I nani camminavano nel parcheggio dell’edificio, appositamente svuotato.
La stessa scena è poi stata utilizzata in uno degli episodi della serie TV Kronos.
Il complesso Krell è stato poi sovrimpresso sullo sfondo, ricreando le enormi scintille con animazioni al Rotoscope, una tecnica mediante la quale ogni singolo fotogramma di una inquadratura viene proiettato, debitamente ingrandito su un Rodovetro che sarebbe un foglio trasparente di triacetato di cellulosa. In questo modo è possibile animare una scena dal vero o aggiungervi particolari fantastici.
Altre scene nella città Krell sono state invece realizzate mascherando una parte della pellicola e poi impressionandola con Glass Painting (e cioè vetri debitamente dipinti e collocati alla giusta distanza dalla macchina da presa in modo da entrare a far parte perfettamente della scena), oltre ad animazioni per creare i globi luminosi, le luci alternate, eccetera…
La scena finale nella quale la porta del laboratorio si fonde per l’attacco del mostro, è stata realizzata combinando le riprese dal vivo con un set in miniatura in cui una porta fatta con una sottile lastra di piombo si fonde lentamente a causa del calore prodotto da una carica infiammabile applicata alla parte posteriore.
Più complessa risultò la realizzazione della scena dell’attacco all’astronave.
Inizialmente tutti erano decisi a mantenere invisibile la creatura poi Nayfack cambiò idea e contattò Meador per cercare di creare qualcosa di soddisfacente.
Fu però Lonergan ad avere l’idea che è poi stata portata sullo schermo (la grossa testa con gli occhi luminosi).
La sequenza doveva essere molto più lunga, ma ci fu un diverbio con la Walt Disney e Meador dovette mollare tutto e concludere in fretta mentre, per fortuna ci fu una stretta collaborazione fra Folsey ed i due Barron per le altre scene, quelle in cui il mostro è invisibile, per ottenere l’inquietante effetto finale.
Le impronte furono ottenute con scatole di legno a forma di zampa il cui coperchio, ricoperto di sabbia, si apriva a un comando elettrico.
L’effetto è ottimo, superiore a quello ottenibile con la tecnica della Stop Motion, cioè lo stop della ripresa in cui si riprende il terreno, poi si ferma la scena, si inserisce l’impronta e si torna a girare e così via: in questo caso, le impronte appaiono all’improvviso e non sono molto credibili. Questa tecnica è stata, per esempio, usata nel film Il Fantasma dello Spazio e non è molto verosimile.
La vera e propria produzione de Il Pianeta Proibito cominciò all’inizio del 1955 e occorsero sei mesi perché il film potesse essere completato.
Durante i quattordici mesi, tra il giugno del 1955 e la prima distribuzione del film, nell’Agosto del 1956, Ferris Webster completò il grosso del montaggio mentre il dipartimento per gli effetti speciali completava le numerose matte.
Fu durante questo periodo di post-produzione che Dore Scary, colui che aveva inizialmente osteggiato il film, contattò Louis e Bebe Barron perché componessero la colonna sonora del film.
I due avevano iniziato la loro carriera con un regalo di matrimonio ricevuto nel 1947: un registratore. Entrambi musicisti (Louis era stato timpanista e Babe pianista e cantante) collaborarono con l’amico compositore d’avanguardia John Cage, amico di Karlheinz Stockhausen. Per anni avevano sperimentato nel loro appartamento al Greenwich Village di New York, scoprendo la curiosa somiglianza che esiste tra gli organismi viventi primitivi e i circuiti elettronici.
Dore Schary se li vide arrivare in casa, poiché i due erano in cerca di soldi e pensavano che il cinema fosse il metodo più rapido per ottenerli. Appena ebbe sentito qualche loro pezzo Dore ne fu subito entusiasta.
Dopo un’incredibile quantità di accertamenti legali e controproposte, la cosa fu finalmente definita. Dopo quattro mesi, la colonna sonora fu completata e pagata 25.000 dollari.
Con Louis Barron, che a quel punto aveva divorziato da Babe, la MGM fece un vero affare. I due avevano utilizzato alcuni principi che più tardi sarebbero stati sviluppati da altri dando vita al “moog”, inventando dal nulla parecchi circuiti, ognuno con un suo suono particolare, dal “Battito Beta” che segnala l’avvicinarsi del mostro ai ribollimenti elettronici di Robby, fino alla musica che accompagna il tramonto su Altair 4, il cui tema, debitamente modificato, è quello di una canzone dell’epoca intitolato “Notte con due lune”. Il nome della colonna “Elecronic Tonalites” fu creato per evitare possibili grande legali con l’unione dei musicisti, che forse avrebbero potuto creare dei problemi visto che i due Barron non erano iscritti a nessun sindacato.
Un’ultima curiosità: la copia in circolazione de Il Pianeta Proibito è in realtà la “copia lavoro” di Ferris Webster che si vide letteralmente togliere il film dalla moviola dagli executives della MGM, terrorizzati all’idea di dover pagare più di 60.000 dollari di tasse sulla proprietà visto che il film non era stato finito nel tempo previsto.
Quindi il montaggio del film non è mai stato né completato né rifinito.
Solo recentemente nelle versioni in DVD americane è stata aggiunta la scena del matrimonio tra Adams ed Altaira tagliata all’epoca in fase di edizione del film.
Il Vampiro del Pianeta Rosso (1957)
Una scena mai realizzata, vedremo il perché, prevedeva una macchina di morte simile ad un robot protoplasmatico fatto di materiali chimici e organici nella forma di un cane.
Ovviamente doveva essere interpretata da un cane ma non c’erano i soldi per noleggiare un costume e tanto meno per un cane vero per cui Roger Corman decise di fare qualcosa di stupido ma sinistro con una scena che è stata poi tolta dalla pellicola che prevedeva l’uccisione del Dottore da parte di Johnson travestito da qualcosa che fu definito il pipiombrello.
Ecco la scena: Paul Birch s’infilò dentro un tubo di plastica trasparente con il torso fuori, allargò le braccia, mosse le mani come se volasse e fu ripreso mentre attraversava da una parte all’altra l’ufficio del dottore entrando dalla finestra e arrivando a spiaccicarsi sulla testa del dottore.
Per evitare che si vedessero i fili e che soprattutto si potesse vedere il corpo dell’attore dentro al tubo di plastica la scena fu totalmente sovraesposta ma il risultato fu talmente ridicolo che Corman dopo la prima proiezione di controllo nella quale il pubblico si sbellicava dalle risa, decise di togliere la scena che rimase comunque famosa come “La sequenza del Pipiombrello” per la forma che aveva assunto l’immagine del povero Birch, diventato un incrocio tra un pipistrello ed un ombrello. Da qui la nascita del neologismo.
Glu uccelli (1964)
Hitchcock aveva preparato in realtà un finale diverso: i protagonisti raggiungevano San Francisco e scoprivano che il Golden Gate, il famoso ponte, era letteralmente coperto di uccelli.
Molte scene sono veramente straordinarie: c’è una bellissima sequenza di Bodega Bay vista dall’alto con il rivolo di fiamme appena crescenti e sulla quale, opportunamente sovrapposti, calano i gabbiani.
In realtà l’incendio fu ripreso dall’alto di una collina che sovrastava gli studi Universal e in seguito vennero inseriti, come abbiamo detto, i gabbiani.
Per questi venti secondi d’inquadratura fu necessario un lavoro di tre mesi.
Anche la scena finale con tutti i vari tipi di uccelli intorno alla casa fu un lavoro complicato perché i differenti tipi di uccelli furono fotografati separatamente e a varie distanze, quindi tutti i pezzi furono inseriti assieme ottenendo una perfetta esposizione multipla di trenta elementi diversi.
Il rumore dei becchi ed il frullio delle ali è stato inserito nella colonna sonora solo in un secondo tempo. Gli attori, durante la lavorazione, reagivano agli ossessivi suoni di una mazza di tamburo che un tecnico batteva fuori campo.
Inoltre, il personaggio della maestrina era destinato ad essere presente anche nelle scene finali e a lei sarebbe toccato essere assalita dagli uccelli, ma questa fu un’altra delle variazioni che Hitchcock apportò al copione, contrariamente alle sue precise abitudini di avere tutto già in scaletta con precisione assoluta.
Molti degli uccelli erano stati ammaestrati da Ray Berwich. Per esempio, la sequenza in cui un gabbiano attraversa velocemente lo schermo per andare a colpire un uomo, cioè il gestore di una pompa di benzina che sarà la causa dell’incendio, è stata girata utilizzando un gabbiano ammaestrato che volò da una posizione all’altra passando proprio sopra la testa dell’attore, specializzato in scene di questo tipo. Quando l’uccello raggiunse la posizione dell’uomo, l’attore si gettò prontamente a terra dando così l’idea di essere stato colpito dal volatile che in realtà raggiungeva, ignaro e tranquillo, il punto prestabilito.
Molto difficoltosa è stata la sequenza nella quale l’attrice Tippi Hadren viene assalita dagli uccelli.
Ci volle una settimana per girarla: alcuni uccelli vivi furono attaccati agli abiti dell’attrice per fare in modo che non si allontanassero troppo in fretta.
Il Pianeta delle scimmie (1967)
La pellicola è stata girata, in buona parte, nel Parco nazionale di Malibu Creek, vicino a Los Angeles, all’epoca di proprietà della 20th Century Fox. Tanto è vero che veniva chiamato: “Il Ranch della Fox”.
Mentre entrava in preproduzione “Il Dottor Dolittle” Arthur P. Jacobs mostrò al produttore Darryl F. Zanuck un altro soggetto del quale aveva acquistato i diritti nel 1963, ancora prima che l’autore del romanzo lo pubblicasse.
Si trattava, anche in questo caso, di una storia di animali, ma queste erano scimmie parlanti ed evolute.
Jacobs mise al lavoro sette disegnatori ai quali fece realizzare degli schizzi in modo da poter avere lui stesso un’idea visiva, da poter poi fornire su quella storia.
Preparò un libro promozionale di 130 pagine sul film e contattò Rod Serling il quale cominciò a scrivere la prima sceneggiatura. In un anno, furono realizzate trenta bozze.
Noi oggi sappiamo che la prima di questo film avvenne l’8 febbraio 1968 al Capitol Theatre di New York e fu un successo. Eppure, il romanzo di Pierre Boulle era passato per tre grandi case di produzione prima di essere accettato.
Quando sembrava non esservi più alcuna speranza, Jacobs portò a Charlton Heston il copione da leggere. Era il 5 giugno del 1965: l’attore lesse il copione e s’innamorò della parte e manifestò l’intenzione di interpretarla suggerendo Franklyn J.Schaffner come regista, con il quale aveva appena terminato di girare “Il Principe Guerriero”.
Era un’evidente garanzia per le Case di Produzione ma, nonostante questo, la risposta fu sempre molto scettica, in quanto tutti erano convinti che le scimmie che parlano fossero roba da telefilm del sabato mattina e, in effetti, fino a quel momento, tutti i film dove agivano delle comparse vestite da scimmia, erano considerati di seconda categoria.
Quando Richard Zanuck, figlio di Darryl, che aveva sostituito il padre alla 20th Century Fox, lesse il copione, trovò l’idea entusiasmante e propose di girare un rullo di prova per vedere che effetto faceva sullo schermo presentare attori truccati da scimmie parlanti. La sua principale preoccupazione, infatti, era che suscitassero ilarità.
L’8 marzo del 1966 fu girato un provino dal costo di cinquemila dollari con Heston nel ruolo di Taylor, Edward G. Robinson in quello di Zaius, James Brolin interpretava Cornelius e Linda Harrison che interpretava Zira.
La scena ricordava da vicino quella del ritrovamento della bambola parlante e si svolgeva sotto una tenda. Il trucco era realizzato da Ben Nye, capo reparto della Fox per quanto riguarda il make-up, non era niente di eclatante. Tuttavia, rendeva l’idea e, soprattutto, non era una sequenza ridicola.
Zanuck diede quindi il via libera a Jacobs.
L’inizio delle riprese fu stabilito per la primavera del 1967 per cui restavano solo sette mesi a disposizione per i preparativi e serviva un truccatore specializzato in protesi. Fu così che John Chambers venne a far parte della troupe.
John Chambers, degno erede di Bud Westmore, fu chiamato a realizzare la maschera delle scimmie. Del resto, supervisionerà anche il film remake di Tim Burton.
John Chambers chiese dunque un milione di dollari per realizzare un trucco che fosse credibile e alla fine vinse l’Oscar per l’ottimo risultato ottenuto.
Prima di tutto vennero realizzate le maschere usando come base le foto ingrandite degli attori. Quindi vennero eseguiti i calchi dei visi e, sulle maschere di creta, furono scolpiti i lineamenti scimmieschi.
Si fecero altri calchi di ogni maschera completata, ciascuno dei quali pesava circa ventitré chili. In tali calchi fu colata una schiuma di gomma porosa studiata appositamente, che permetteva la traspirazione della pelle.
Le maschere che ne risultavano venivano poi applicate sul volto degli attori con uno speciale adesivo.
Era necessario produrne in continuazione perché non solo si rovinavano facilmente essendo molto leggere, ma all’interno del mento si depositavano residui di cibo. E dovevano essere sostituite ogni giorno.
Fu anche per questo che gli attori vennero pregati di non mangiare cibi solidi nella pausa pranzo, ma solo yogurt e pappine. Quelli che fumavano, dovettero utilizzare lunghi bocchini per non bruciare la maschera.
Le parrucche, fatte a mano, costavano settantacinquemila dollari l’una.
Erano necessarie quattro ore per l’applicazione di ogni maschera per cui furono reclutati più di duecento tecnici e truccatori.
Maurice Evans, che interpretava Zaius, si ritrovava sempre mezzo ubriaco alla fine della struccatura a causa dei vapori di alcool e acetone necessari per la rimozione degli adesivi.
Una volta un gruppo di comparse che dovevano interpretare dei gorilla, furono vestiti e truccati alla Fox e condotti poi in pullman a Malibù.
Gli attori presero loro il comando del mezzo e si divertirono a stupire la gente in autostrada che osservava attonita e preoccupata dei gorilla alla guida di un mezzo di trasporto.
Un altro fatto curiosissimo e ancora oggi inspiegato è che si formarono dei gruppi secondo la razza scimmiesca: a pranzo, sul set, nelle pause… le scimmie frequentavano le scimmie, i gorilla, i gorilla e via di questo pazzo.
Kim Hunter (Zira) disse che non aveva quasi mai parlato con Maurice Evans, fuori dal set, forse per questioni di casta…
Chambers era una garanzia avendo realizzato i trucchi di serial televisivi come “Oltre i Limiti” e “Lost in Space” nonché il disegno delle famose orecchie vulcaniane. Zanuck decise, comunque, di realizzare tutto in grande economia per cui trasformò immediatamente la modernissima città delle scimmie del romanzo in un agglomerato medievaleggiante, riducendo in questo modo le spese. Sicché poté restare nel budget stabilito di cinque milioni e ottocentomila dollari.
L’ispirazione della città fu data da un agglomerato preistorico effettivamente esistente in Turchia e scavato nella roccia.
Per la costruzione fu usata una struttura di tubi metallici saldati e il tutto fu coperto da del cartone sul quale fu spruzzata della schiuma di uretano dall’interno e lasciata solidificare. Una volta tolto il cartone il risultato erano delle forme solide e strane.
Il 21 maggio del 1967 iniziarono le riprese.
L’astronave che precipita e poi affonda nel Lago Powell aveva la parte anteriore realizzata in compensato ed era lunga sette metri. Era ancorata sul fondo del lago che era di ben novanta metri di profondità. Le riprese iniziali, nella zona desertica, sono state effettuate vicino al fiume Colorado, nello Utah e in Arizona. Ci si poteva arrivare solo a piedi, a dorso di mulo o in elicottero.
Il calore poteva raggiungere i quarantotto gradi e Jeff Burton svenne durante una delle riprese a causa del caldo.
Dalla sequenza degli spaventapasseri in poi le scene sono state realizzate a Malibu, nel Ranch della Fox e il laghetto nel quale si tuffano gli astronauti era stato fatto per “Il Dottor Dolittle.” L’unica differenza era che la cascata fu potenziata con una ventina di getti d’acqua aggiuntivi e ben nascosti.
Quando gli astronauti vedono per la prima volta gli uomini preistorici e poi le scimmie, si trovano in un campo di mais che fu appositamente coltivato per quella scena.
In dieci settimane il campo ha dovuto essere seminato, irrorato e curato in modo che le piante raggiungessero i due metri di altezza.
Per tutto il periodo, ventiquattro ore su ventiquattro, la zona fu costantemente innaffiata e fu usato un fertilizzante speciale. In questo modo, tre giorni prima delle riprese, le piante erano alte due metri e cinquanta, ma il regista disse che era stato chiaro: le voleva di soli due metri per cui ordinò che fossero tagliate all’altezza giusta.
Per quasi tutto il film Heston gira vestito di tracci, seminudo, o addirittura nudo. Calzava solo stivaletti di gomma modellati a forma di piedi, per evitare di tagliarsi, il che non gli impedì di finire in mezzo alle ortiche con dei risultati alquanto disastrosi. L’attore prese anche una brutta influenza.
Linda Harrison rimase nel cast, essendo la donna di Zanuck ma Edward G. Robinson, fu costretto a dare forfait soprattutto per ragioni di salute.
Le scene finali furono girate sulla costa californiana a Zuma Beach, comunque vicino a Malibu, dove fu sovrapposto il disegno della Statua della Libertà sulla spiaggia, opera di Emil Kosa. La parte posteriore della scena fu realizzata con un traliccio di ventun metri.
Venne anche eliminata, anche se girata, una scena che mostrava Nova incinta.
In ultimo Charlton Heston È apparso nel sequel solo per amicizia verso James Franciscus e in quello di Tim Burton per rispetto del regista.
Vanni Mongini
Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”