Disegnando le pecore… elettriche
Roberta Guardascione (Borgo San Lorenzo – Firenze, 1977) è un’illustratrice e fumettista che vive e lavora a Napoli. È una delle fondatrici dell’associazione culturale Electric Sheep Comics, sotto la cui egida è uscito il libro di Roberto Azzara arricchito dalle sue illustrazioni. Accanita lettrice, da ragazzina ha sempre preferito Lovecraft a Walt Disney.
Disegnatrice versatile, si muove agilmente tra generi diversi, dalla fantascienza all’horror, passando per la letteratura per ragazzi fino al pulp.
Ha illustrato la collana Incastri e I racconti del sangue e dell’acqua di Daniele Picciuti, entrambi editi da Nero Press. Per Il Foglio Letterario ha creato i disegni di Fiabe cubane di Josè Marti e de Il nonno è un pirata! di Antonino Genovese.
Nel 2013 pubblica con l’associazione culturale Electric Sheep Comics il fumetto pulp Blood Washing. Nello stesso anno si aggiudica il Premio Cometa per il fumetto Lunaris, una struggente distopia scritta a quattro mani da Claudio Fallani e Alessandro Napolitano.
Ciao Roberta e benvenuta sulle pagine virtuali di Cose Da Altri Mondi! Per chi non ti conoscesse, ti andrebbe di presentarti? Chi sei, cosa fai nella vita, quando è nata la tua passione per l’illustrazione e come si è manifestata?
Salve a tutti di Cose da Altri Mondi, grazie per avermi invitata tra le vostre pagine. Gli argomenti trattati da questo tipo di riviste mi appassionano da sempre, tanto da influenzare la mia stessa professione. La fantascienza, assieme all’horror, è uno dei principali temi delle mie illustrazioni. Nella vita mi destreggio tra due mondi, la realtà e il mondo parallelo dei miei disegni, inutile dire che preferisco il secondo (risatina). Quando penso al mio lavoro ricordo di quando da bambini leggevamo una storia e dopo ne facevamo un disegno, io non ho mai smesso. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa piena di libri e di fumetti sempre a mia disposizione, ci giocavo prima ancora di imparare a leggere, guardando le figure. Forse è questo il motivo della mia passione, le parole sono immagini da decodificare.
Quali sono gli aspetti che ti hanno fatto scegliere questo tipo di espressione artistica e chi sono gli artisti che hanno più influenzato il tuo percorso professionale e cui t’ispiri maggiormente?
Non credo di aver scelto questo mezzo espressivo, ma è lui che ha scelto me. È quasi una pulsione incondizionata, ho sempre disegnato nei momenti più strani. Potremmo stare seduti al tavolino di un caffè e chiacchierare mentre io con la biro, che spunta magicamente, attaccherei con i ghirigori sul tovagliolo, però tenendo il filo della conversazione, anzi forse sarei anche più loquace! Amo l’arte, gli artisti che mi hanno ispirata sono innumerevoli, e parlo dell’arte in maniera totale. Il mio lavoro è ispirato da tutte le sue forme, dalla musica fino ad arrivare al cinema passando per tutta la letteratura che il genere umano ha concepito. Mi piace evolvermi nelle ispirazioni, mescolandole. Nella mia libreria trovi le opere di Gustave Dorè accanto al Cavaliere Oscuro di Frank Miller, Le mille e una notte illustrato da Dulac che fiancheggia Le primavere del Mostro di Karel Thole e in bella vista il Signore degli Anelli immaginato da Alan Lee, il tutto contornato da tutti i numeri di Dylan Dog, che colleziono dal primo albo. Sono più o meno questi i santini cui mi rivolgo, ma la mia ispirazione ha una forte connotazione letteraria. A me piace leggere storie, mi piace farle diventare immagini, è così che mi esprimo. Quello che vorrei fare è illustrare l’opera di Virginia Woolf o di James Joyce, riuscire a sublimare in immagini il loro flusso di coscienza ma con un approccio più “neorealista”, assecondando le mie ultime letture, che spaziano tra Pavese e la Deledda. Mi piace mescolare, anzi “agitare” bene insieme i generi, come i martini di James Bond.
Come nasce il tuo coinvolgimento nel saggio di Roberto Azzara La fantascienza cinematografica – La seconda età dell’oro?
La collaborazione al saggio di Azzara è avvenuta in maniera molto naturale, quasi fossi stata predestinata. Claudio Fallani, fondatore con me di Electric Sheep Comics, è entrato in contatto con Roberto Azzara, scoprendo uno scrittore preparato e talentuoso che aveva intenzione di pubblicare un saggio sul cinema di fantascienza anni Ottanta, e non se l’è fatto scappare. Il libro richiedeva una veste grafica che fosse all’altezza dei contenuti, temi sacri per i numerosi cultori di una produzione cinematografica che l’autore definisce a ragione “L’età dell’oro”, e a questo punto entro in scena io.
Il progetto mi ha subito entusiasmata, l’argomento era pane per i miei denti, sono cresciuta con quei film, e non solo io, ma tutta la mia generazione. Hanno influenzato anche chi la fantascienza non la sopporta (i filistei, per intenderci!). Risata
Tra le illustrazioni del volume, ce n’è qualcuna cui sei particolarmente legata e perché?
Negli anni Ottanta ero una bambina, guardavo Star Trek di pomeriggio, mi ricordo di Ritorno al futuro quando lo diedero in TV la prima volta, senza i Goonies la mia infanzia non sarebbe stata la stessa, banali mal di pancia potevano presagire la nascita dello xenomorfo di Alien. Questi film dominavano il mio immaginario, e lo fanno ancora. La pellicola cui sono più legata è certamente Star Wars, l’anno scorso abbiamo anche festeggiato i quarant’anni insieme. Proprio per questo l’illustrazione che preferisco è quella dedicata all’opera di George Lucas. L’immagine che ho scelto è la più emotiva dell’intera saga, la parte shakespeariana. Darth Veder rivela a Luke di essere suo padre, tutto qui, niente di spettacolare, ma nella mia mente dall’altra parte dello schermo ci sono sempre io, seduta sul divano a occhi sgranati, accanto al mio di papà, entrambi sbalorditi dalla rivelazione. È stato con lui che ho visto i film della prima trilogia, da bambina era una tradizione, ogni volta che lo davano in tv, io e mio padre ci chiudevamo in salotto e lo guardavamo, era bello. Questo ricordo dà al film una connotazione romantica e personale, ma ne rivela anche lati nascosti, che trascendono il genere fantascientifico. A mio padre piaceva perchè nel fuorilegge Ian Solo rivedeva un po’ i cowboy dei suoi amati western, io invece per la prima volta vedevo una principessa che prima si fa salvare, ma che subito dopo impugna una pistola laser, contribuendo ad alimentare il femminismo della mia generazione.
La fantascienza cinematografica – La seconda età dell’oro tratta del cinema di fantascienza tra l’uscita del film Guerre stellari, il 1977, e la fine degli anni Ottanta. Quali sono i film di quel periodo che ti sono particolarmente piaciuti e, magari, ispirato il tuo lavoro?
Come ho già detto prima, questi film sono parte dell’humus del mio immaginario, le metamorfosi di Cronenberg ad esempio mi hanno molto influenzata, immaginare mondi oltre la civiltà umana, i cataclismi nucleari, sono tutti scenari da cui ho attinto molto. La fascinazione degli alieni, poi, è stata sempre molto forte. Sia quelli buoni, di Spielberg, che quelli cattivi di Ridley Scott e di John Carpenter. Il viaggio nel tempo vince su tutto, in tutte le sue sfaccettature ed effetti farfalla. Ogni volta che ripropongono la trilogia di Ritorno al futuro va vista, in religioso silenzio.
Nella prefazione del saggio, Giovanni Mongini ti ha definito “l’autrice amante del blu”, riferendosi al colore dominante nelle illustrazioni. Puoi dirci qualcosa di questa scelta stilistica e cromatica?
La scelta del monocromatico richiama la mia ossessione per la luce, per le atmosfere che crea. Sono molto influenzata dalla sua intensità, osservo i movimenti del sole e le ombre che generano gli oggetti. Si muove continuamente e arriva a dei culmini che sono l’alba e il tramonto, in cui il giallo e il rosso esplodono e poi si entra in una zona di transizione, un passaggio tra giorno e notte, la zona del crepuscolo, e tutto diventa blu. Inseguo quell’istante, cristallizzo le mie immagini in quella zona a cavallo di due mondi. Questo può essere un motivo, ma il blu predomina anche il paesaggio in cui sono cresciuta, la costa flegrea, in cui il mare ti entra dentro, è inevitabile. Il blu è uno stato d’animo, come ci insegna Picasso.
Sei una delle fondatrici dell’associazione culturale Electric Sheep Comics che ha prodotto il volume. Vuoi parlarci di cosa si tratta e quali sono le sue finalità?
Electric Sheep Comics è una realtà in gran fermento, nata dalla voglia di creare fumetti, romanzi e racconti e di scoprire talenti. L’associazione è nata quasi dieci anni fa, galeotto è stato l’incontro con Alessandro Napolitano e Claudio Fallani, cui poi si sono aggiunti Riccardo Iacono e Roberto Napolitano. Abbiamo raggiunto notevoli traguardi, tra cui ad esempio la pubblicazione del libro la mia vita con Philip Dick di Tessa B. Dick, moglie del leggendario scrittore. Il volume è la traduzione italiana di Remembering Firebright, che in America è stato pubblicato nel 2009.
Prima di lasciarci, ti andrebbe di parlarci a cosa stai attualmente lavorando e dei tuoi progetti futuri?
Attualmente sto lavorando a un racconto fantasy per le edizioni Il Foglio Letterario. Si tratta di un racconto di Alejandro Torreguitart Ruiz, uno scrittore argentino che Gordiano Lupi, editore e traduttore, vuole portare all’attenzione del pubblico italiano. Per il futuro ci sono molte idee, la più importante è sicuramente la graphic novel scritta e disegnata da me. che sta urlando nel cassetto.
Grazie Roberta per la disponibilità.
Grazie a voi per questo gradito invito, sono davvero lusingata. Un grazie speciale a Giovanni Mongini, al quale stringo calorosamente la mano.
Roberto Azzara
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.