Fine agosto all’Hotel Ozon
Dopo una catastrofe nucleare, un gruppo di sopravvissute poco più che adolescenti vagano sulla Terra guidate da una donna anziana, l’unica del gruppo ad aver conosciuto il mondo prima del collasso della società. L’anziana donna è anche l’unico appiglio delle ragazze alla loro dimenticata umanità. Lo scopo del loro peregrinare è quello di trovare altri sopravvissuti, possibilmente maschi, per procreare e rifondare così la razza umana. Un giorno il gruppo arriva nei pressi di una casa abitata da un anziano, l’hotel Ozon del titolo. Dopo un’iniziale diffidenza, l’uomo le ospita nella propria casa, dopo tanta solitudine, felice di avere qualcuno con cui conversare e mostrare con orgoglio la sua collezione di oggetti del vecchio mondo: una scacchiera, diverse foto, un televisore e, soprattutto, un grammofono ancora funzionante. La donna anziana sembra l’unica del gruppo ad apprezzare i cimeli del passato, testimonianza di un’infanzia ormai andata, mentre le ragazze rimangono abbastanza fredde riguardo cose che non capiscono. Quando l’anziana si ammala e muore, le ragazze decidono di ripartire. L’uomo, vedendo davanti a se la prospettiva di rimanere di nuovo solo, chiede loro di rimanere ma per tutta risposta le ragazze cercano di impossessarsi del grammofono, l’unico oggetto che ha destato in loro un certo interesse. L’anziano cerca d’impedirglielo ma viene ucciso freddamente da un colpo di fucile.
Film cecoslovacco di disarmante pessimismo, elegantemente lento e pieno di silenzi, girato in bianco e nero e con pochi mezzi da Jan Schmidt e tratto da un soggetto di Pavel Juràcek, stesso autore della sceneggiatura di Ikarie XB-1 (1963). Il futuro dell’uomo è senza speranza. Le ragazze della storia non hanno più niente che le connota come esseri umani. La tesi è implacabilmente chiara: venendo meno le convenzioni e le regole sociali alla base della civiltà, l’umanità regredisce allo stato barbarico e nulla lo distingue più dagli altri animali. Tutto questo senza bisogno di mostrare bande di motociclisti in tenute sadomaso, tipici dei successivi film del sottogenere post-apocalittico alla Mad Max, ma solo un gruppo di ragazze il cui unico scopo è di sopravvivere e soddisfare i propri bisogni primari.
L’esplosione della violenza finale, provocata dal desiderio di possesso di un grammofono, strumento mai visto prima dell’incontro col vecchio, è abbastanza indicativo di come la brama di qualcosa cui prima s’ignorava l’esistenza, in questo caso la musica e lo strumento per ascoltarla, possa scatenare le peggiori bassezze (forse anche una critica al sistema capitalistico che tende a creare bisogni non necessari da soddisfare assolutamente). Le ragazze non ricorrono alla violenza perché sono cattive, ma perché in un mondo senza regole per loro è normale appropriarsi di qualcosa che si desidera e uccidere chi, aggrappato com’è alle vecchie convenzioni, cerca di impedirlo.
Boicottato in patria, il film è passato prima Festival di Pesaro e poi al Festival internazionale del film di fantascienza di Trieste del 1967, per essere poi editato anche in Dvd all’interno del cofanetto Stelle rosse 2 – La fantascienza della Cecoslovacchia (No Shame) nel 2007.
Crediti
Tit. Originale: Konec srpna v Hotelu Ozon
Tit. Internazionale: Late August at the Hotel Ozone
Regia: Jan Schmidt
Sceneggiatura: Pavel Jurácek
Durata: 77’/Cecoslovacchia/1967
Interpreti: Vladimír Hlavatý, Jitka Horejsi, Ondrej Jariabek, Vanda Kalinová, Alena Lippertová, Irina Lzicarová, Natalie Maslovová, Jana Novaková, Beta Ponicanová.
Roberto Azzara
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.