PERSONAGGI IN ORDINE SPARSO 2
Bonelli
È stato un lampo. Un’esperienza veloce, ma che rammento sempre con piacere. Purtroppo non ricordo quando. Doveva essere a Courmayeur. Bonelli era letteralmente assediato da aspiranti sceneggiatori, autori, disegnatori.
Un pomeriggio stavo scendendo (ecco perché penso si tratti di Courmayeur, lì si scende o si sale, non c’è alternativa) quando incrociai Bonelli senza nessuno che l’attorniasse. Da molto mi rimbalzava nella mente una domanda. E quella era l’occasione buona. Mi avvicinai e:
– Scusi, posso farle una domanda? –
Lui sempre affabile e sorridente, forse rassegnato, annuì, ma prima mi chiese:
– Lei è un disegnatore? –
– No. –
– Uno sceneggiatore?-
– No.–
– Un autore, allora? –
– Di fumetti? No. –
Si fermò perplesso e mi fissò, come a dire: cosa vuole allora da me? Io non potevo perdere l’occasione e aggiunsi:
– Sono soltanto un appassionato lettore di fumetti, null’altro. –
Sgranò gli occhi sorpreso:
– Soltanto? –
– Sì. –
– E cosa vuole sapere? –
– Ecco – dissi inseguendo il mio vecchio pensiero, – in genere un personaggio si misura in base alla cattiveria del suo antagonista. Più il cattivo è… cattivo, più aumenta il successo del personaggio. Inutile che le elenchi le prove e le varie riuscitissime coppie di eroe e antieroe. Ma questo non accade per Tex. I suoi cattivi non sono proprio cattivissimi, eppure il suo successo è stato ed è ancora oggi straordinario. Secondo lei, come si spiega? –
Mi fissò, mentre il viso si illuminava. Poi riprese a camminare e mi diede una lunga interessante spiegazione che rammento a sprazzi.
Luce D’Eramo
È stata l’esperienza più avvilente che abbia mai fatto. E che dà una dimensione terrificante di quello che gli autori affermati pensavano della fantascienza.
Montepulciano. 1986.
Ospiti d’onore Luce D’Eramo e (nientepopodimeno che) Alberto Moravia.
La D’Eramo era una donna molto dolce e un personaggio squisito. In precedenza ci aveva affascinati con le sue storie del campo di concentramento, della sua forza indomita nella difesa del prossimo. Rammento un particolare che mi è rimasto impresso. Raccontò che era entrata volontariamente in un campo di concentramento pur non essendo ebrea né appartenesse ad altre etnie considerate paria dell’umanità. Una volta da una finestra di un casermone dov’era relegata insieme ad altre donne, si accorse che un paio di soldati tedeschi stavano tentando una stomachevole violenza nei confronti di una ebrea. Avevano tutta l’intenzione di violentarla con… un topo.
Loro tentarono di fermarli urlandogli contro improperi, ma non ottennero nulla. Allora cominciarono a cantare una canzone comunista. E questo indusse i due tedeschi a lasciar perdere il loro vomitevole divertimento per farle smettere di cantare.
Luce D’Eramo si muoveva su una carrozzella. Aveva avuto la spina dorsale spezzata dal crollo di un muro sempre durante la guerra, ma aveva una forza indomita e una volontà impressionante.
Eppoi aveva scritto un libro. Che si intitola Partiranno.
Non voglio entrare nel merito del libro. Per noi amanti della fantascienza l’idea non è originalissima, difatti parla della presenza degli alieni tra noi, ma è scritto molto bene.
Lo presentò in un teatro colmo all’inverosimile, anche perché a tenerla a battesimo c’era il Grande Vecchio, quel Moravia che, noi giovani (insomma, più o meno, non sottilizziamo) scrittori, guardavamo come un riferimento, un sogno da tentare di raggiungere.
Ma tutta la nostra ammirazione divenne gelo, quando Moravia si girò verso la D’Eramo e, sollevando quasi minaccioso (era solo gestualità, ovviamente) il suo bastone, le chiese come si fosse abbassata a scrivere fantascienza. Com’era caduta, letterariamente, così in basso.
Davanti a centinaia di appassionati di fantascienza.
Durante un convegno di fantascienza.
Prima della premiazione di un concorso di fantascienza.
Tutto mutò. Prima ci fu uno spaesamento generale, poi, ci rendemmo conto che quello che il vecchio aveva detto era ciò che realmente pensava. Di lei, di noi, di tutto il fantastico. Cominciammo ad alzarci e ad allontanarci. Prima a uno a uno, poi in gruppi sempre più numerosi abbandonammo il teatro con l’amaro in bocca e immensa delusione. Offesi.
Moravia terminò la sua sceneggiata parlando quasi da solo. Soltanto una fila di sedie era rimasta occupata lì davanti. C’erano i suoi cortigiani dei quali amava circondarsi.
E che quella volta si umiliò la fantascienza lo si vide subito dopo, quando il concorso di racconti di fantascienza fu vinto da un certo Elkann (chi era mai costui? …) con un romanzo definito onirico.
Oreste del Buono
Sempre a Montepulciano nel 1986, l’altro ospite d’onore era Oreste Del Buono. Chi non lo conosceva? Era un mito.
Era stato il Presidente di giuria di un concorso di fantascienza.
Sempre approfittando di un momento in cui era solo (io giravo le Convention in attesa di trovare un ospite d’onore interessante da solo), mi avvicinai e gli chiesi:
– Che ne dice dei racconti di fantascienza del concorso? –
Immediatamente mi diedi dell’imbecille. Era un Presidente Onorario. Da quando esistono i concorsi, i Presidenti Onorari non leggono mai nulla. E allora non sapevo di quanto fossero stupide simili domande. Temetti così d’averlo messo in imbarazzo rimediando una figuraccia, ma lui non fece una piega e rispose:
– È stata un’esperienza davvero piacevole. –
Restai di stucco e, aggiungendo gaffe a gaffe chiesi:
– Li ha letti? –
Ancora con un ampio sorriso:
– Tutti. E una cosa posso dire: mi sono molto divertito. Vede – mi spiegò convinto (più o meno, ma il succo è questo), – non ce la faccio più con i gialli. Gira e volta gli assassini sono sempre gli stessi, le storie sempre uguali. Rarissime sono le trame originali. Mentre… mentre in quei racconti di fantascienza non ce n’erano due che si rassomigliavano. E quante idee… Erano tutti interessanti e affascinanti. –
Si allontanò tornando tra gli altri lasciandomi una domanda sulla punta della lingua:
“Rammenta… rammenta il mio?”
Non riuscii a fargliela. Per fortuna.
Mi pare che giunsi secondo. Già, era il periodo dell’eterno secondo.
Karel Thole
Eravamo alla classica cena di gala. Si stava passando alla premiazione del Premio Italia e saltarono le disposizioni dei partecipanti e degli ospiti ai tavoli, rigidamente regolarizzate. Ognuno si spostò dove poteva per cercare di lasciare al centro un po’ di spazio per gli organizzatori. Lui vide una sedia libera accanto a me e la raggiunse sedendosi. Questa volta non me l’ero cercata, era stato davvero un caso. In attesa, si parlava del più e del meno. Lui raccontava come faceva le copertine di Urania, cosa risaputa, e chiacchierava affabilmente. Ricordo che allora aveva già problemi alla vista.
Accanto a me c’era una signora magrissima. Non la conoscevo, né ho mai saputo chi fosse. Chissà per quale ragione Thole pensò che fosse mia moglie. Certo per lui dovevamo essere una coppia mal assortita (del resto non lo eravamo affatto, una coppia), per cui prese un foglio di carta da qualche parte e con pochi tratti vi disegnò sopra la mia presunta moglie magrissima con un grissino in mano, mentre disegnò me (evito di dire come, ma potete ben immaginarlo) che mi ingozzavo di maccheroni fumanti.
Ora conservo quel disegno come preziosissimo ricordo di un fortunato equivoco.
Gianni Pilo
L’ho odiato e amato.
L’ho odiato perché mi cambiava i titoli dei racconti che pubblicava su Sf…ere. Io sono un fanatico dei titoli, passo più tempo a scegliere il titolo che a scrivere il racconto. E adoravo quelli lunghi.
Lui mi spiegava, calmo, che doveva attirare l’interesse del lettore, per cui cambiava spesso i titoli in sede di stampa.
Ma io non gli ho mai creduto, ho sempre pensato fosse un semplice problema di impaginazione in quanto la lunghezza dei titoli non andava bene.
A meno che non mi sbagliassi davvero e Handicappati o Vampiri, i suoi titoli per i miei racconti, attiravano di più di E il cielo divenne rosso fuoco e Una storia di succhiasangue.
L’ho amato perché nessuno come lui sapeva farmi sentire uno scrittore. Con le parole e con i fatti. Voleva i miei racconti, me li chiedeva e io ne ero orgoglioso.
Soltanto una cosa non ho mai capito.
Aveva pubblicato un mio racconto, Tu che non credi alle carezze del vento su Eroi e Sortilegi, Enciclopedia della fantascienza n°16, 1986, ed. Fanucci. La storia terminava con una specie di dedica: Aidan. Parola che pare non significhi nulla sino a quando non la leggi al contrario.
Cosa che fece mia moglie piantandomi una grana stratosferica.
Se un giorno, Gianni, dovessi leggere queste mie memorie, per cortesia, spiegami chi era Aidan.
O, meglio, spiegalo a mia (ora ex) moglie.
E per chiudere….
Un mio parente
– Donato, ho letto Dolcissima Roberta. Bellissimo. Non pensavo che la fantascienza fosse questa, io pensavo che fosse…
– Zitto. O ti uccido. –
FINE… per ora.
Donato Altomare
Nasce a Molfetta nel 1951. Narratore, saggista, poeta, ha vinto due volte il Premio Urania, il premio della critica Ernesto Vegetti e otto volte il Premio Italia. Autore del genere fantastico è stato pubblicato dalla maggior parte degli editori. Nel maggio 2013 è stato nominato Presidente della World SF Italia, l’associazione italiana degli operatori della fantascienza e del fantastico.
Sempre interessanti e squisitamente simpatici gli articoli di Donato Altomare. A questo punto dovrò decidermi di leggere qualcosa di suo e mi piacerebbe da lui con cosa dovrei iniziare ;-))
P.S. comunque nella mia Wantedlist ho già “Il dono di Svet”
Grazie per il tuo prezioso commento. Noi autori abbiamo bisogno di sapere se ci leggete davvero. Per quanto riguarda i miei lavori, vanno dall’heroic fantasy all’horror passando per la fantascienza ‘pura’, la storia alternativa, il fantagiallo erotico, il ‘post-bomba’ ecc. Se mi dici le tue preferenze posso aiutarti. Per Svet ti consiglio di aspettare in quanto sto per pubblicare il primo volume di una trilogia sulla base della rivisitazione de Il Dono di Svet’.
d.
Grazie della risposta. Le mie preferenze vanno dalla fantascienza hard, il mio primo amore, fino alle storie alternative o viaggi nel tempo. Leggo naturalmente anche gialli, ottimi se con una ambientazione futuristica, ma non essenzialmente erotici 😉 Se mi pare di capire Il Dono verrà inglobato in una trilogia, esatto? Ho sempre un certo timore ad iniziare una trilogia o una serie…
Comunque ti faccio i migliori auguri
Luigi
Per la fantascienza hard ti consiglio Il Fuoco e il Silenzio ma non è più disponibile all’editore (Perseo). Mettiti in contatto con me altomare51@hotmail.com.
Sì, Svet dovrebbe diventare una trilogia su richiesta dell’editore, ma sarà sulla falsariga dell’originale. Una fantascienza hard che è anche un giallo è senza dubbio Mater Maxima (premio Urania 2000) di recente ristampato in forma integrale dalle Edizioni della Vigna..
Te li consiglio entrambi vivamente.
d.