Sul Globo D’Argento di Jerzy Żuławski
Sul Globo d’Argento: Romanzo
autore: Jerzy Żuławski
anno di pubblicazione: 1901
inedito in Italia
Jerzy Żuławski (1874-1915) è un nome praticamente sconosciuto in Italia, ma in Polonia è considerato uno dei più grandi scrittori nazionali. Poeta, traduttore, drammaturgo, romanziere e filosofo, fu influenzato dal romanticismo e dal positivismo, oltre che da ideali nazionalistici. Praticò anche l’alpinismo e fu un astronomo dilettante. Visse in un periodo in cui la Polonia era divisa in tre colonie di altrettante nazioni imperiali: Russia, Prussia e Austria, e l’amarezza data dall’oppressione coloniale spinse Żuławski a una personale reinterpretazione del positivismo. Pur convinto dell’inevitabilità dei progressi scientifici e tecnologici e dei loro benefici sulla vita umana, non credeva che questi avrebbero portato a un miglioramento etico degli individui, né a comportamenti più razionali o a società più giuste.
Żuławski visse in Galizia, sotto il dominio dell’Austria, che fra le tre potenze occupanti era senz’altro quella culturalmente più tollerante e aperta, anche alle influenze straniere. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, Żuławski si arruolò nelle Legione Polacca, una milizia volontaria che combatté a fianco dell’Austria (considerata il male minore dai patrioti polacchi) contro la Russia, la più oppressiva fra le tre potenze occupanti. Jerzy Żuławski morì in guerra per aver contratto il tifo.
Tutt’oggi acclamato in patria, Jerzy Żuławski è famoso presso il grande pubblico soprattutto per Trylogia księżycowa (Trilogia della Luna), un ciclo di tre romanzi composto da Na srebrnym globie (Sul globo d’argento), Zwycięzca (Il conquistatore) e Stara Ziemia (Vecchia Terra). Come suggerisce il titolo, il trittico racconta di una futura colonizzazione della Luna da parte dell’umanità e infatti nei paesi dell’Est Żuławski considerato uno dei padri della fantascienza, al pari di Jules Verne e H.G. Wells.
ATTENZIONE: SPOILER FINO ALLA FINE DEL LIBRO
Vista la rarità del libro, qui sarà descritta la trama completa. Chi non volesse conoscerla, per qualsiasi ragione, smetta di leggere in questo momento!
Sul globo d’argento è il primo romanzo della serie. Fu pubblicato originariamente a puntate sulla rivista Glos narodu dal dicembre 1901 all’aprile 1902, e poi in volume nel 1903. L’autore usa l’espediente del manoscritto ritrovato: un astronomo rinviene una misteriosa sfera d’acciaio che si scopre venire dalla Luna, e che contiene il diario di Jan Korecki, membro della spedizione che 50 anni prima era partita per la Luna e della quale non si erano più avute notizie. Il manoscritto racconta la storia e il destino di quella spedizione.
Essa era nata dal progetto dell’astronomo irlandese O’Tamor, che coinvolse subito l’ingegnere portoghese Peter Varadol e il ricco industriale polacco Korecki, principale finanziatore dell’impresa; quindi, si aggiunsero il medico inglese Thomas Woodbell e per ultima, in sostituzione di una defezione, la principessa indiana Martha, amante di Thomas.
Come mascotte, una coppia di cani.
Il mezzo è un missile lanciato da un potente cannone, capace di superare la forza di gravità terrestre, ricevere abbastanza slancio da entrare nell’orbita lunare e quindi raggiungere la Luna.
Nell’impatto O’Tamor e Woodbell subiscono gravi ferite, e dopo pochi giorni muoiono uno dopo l’altro. Al missile vengono aggiunte quattro ruote che lo trasformano in un autoveicolo a motore elettrico, capace di trasportare i superstiti della spedizione lungo la superficie lunare.
L’obiettivo è raggiungere il lato oscuro della Luna che, secondo gli studi di O’Tamor, possiede un’atmosfera e una natura tali da permettere la sopravvivenza umana senza ausili come tute-scafandro e respiratori. Il gruppo aspetta l’arrivo di una seconda navicella guidata da due fratelli francesi, che dovrebbe portare scorte e con la quale ritornare sulla Terra. Ma questa navicella nell’allunaggio ha un terribile incidente che la distrugge e uccide i due fratelli.
I tre superstiti, afflitti e impossibilitati a tornare, iniziano il viaggio verso il lato oscuro, unica loro speranza. E il tragitto si rivela pericoloso, ma anche ricco di scoperte sorprendenti e affascinanti.
Peter e Jan si innamorano di Martha, ma lo spirito di sopravvivenza ha il sopravvento sulla gelosia, mantenendo la loro unità, tanto più che Martha rivela di essere incinta: è la speranza di una nuova stirpe umana sulla Luna.
Dopo mille avventure, i tre, ormai allo stremo delle risorse e delle forze, raggiungono il lato oscuro e lo scoprono adatto alla vita umana, dotato di aria respirabile, acqua, di una flora e una fauna commestibili.
Martha dà alla luce un maschio a cui dà il nome di Tom, in onore del padre, e una piccola comunità “mette casa” sulla Luna.
Jan si affeziona enormemente a Tom, mentre questo cresce, diventando per lui una vera figura paterna. Peter allora pretende di “sposare” Martha, anche per dare una continuità alla specie. Jan, riluttante, rinuncia a Martha, e la donna acconsente, benché non nasconda il suo disgusto per Peter né la sua immutata dedizione alla memoria del defunto Thomas.
Nascono col tempo tre femmine, e crescendo Tom si accoppia con loro dando continuità a una stirpe giocoforza incestuosa. Martha però s’ammala e prima di morire rivela a Jan che avrebbe preferito lui come padre dei suoi figli, lasciandolo in un tremendo rimpianto. Peter, sconvolto da questa rivelazione, si suicida. Jan si trova così solo ad allevare ed educare i giovani membri della comunità, sempre più numerosi.
Rispetto ai terrestri, i nuovi “lunari” crescono molto precocemente, ma precocemente anche invecchiano e muoiono. Jan assiste così alla morte di Tom e delle sue sorellastre, mentre le generazioni si succedono. Jan si sforza di educare una nuova stirpe umana moralmente più elevata, usando la Bibbia come guida ma con il tempo si rende conto che violenze e sopraffazioni persistono anche in essa.
Con sconcerto, Jan realizza che i “lunari” vedono in lui una vera e propria divinità, che chiamano il Vecchio Uomo, in un culto fomentato dalla giovane Ada, autoproclamatasi sua sacerdotessa.
Jan è ora molto anziano, longevo e ancora in forze, ma amareggiato e disilluso, e decide di isolarsi raggiungendo il polo, da dove può vedere la Terra in tutto il suo splendore, da lui idealizzata in una bruciante nostalgia e lì aspettare la morte. Poi, Jan trova un ultimo slancio vitale nella decisione di spedire sulla Terra il suo diario, usando un cannone che si trova presso la tomba di O’Tamor.
Il “diario” di Jan si può dividere in due parti ben distinte, benché entrambe, ovviamente, seguano un solo punto di vista. La prima parte racconta il disperato ma tenace viaggio dei superstiti della spedizione verso il lato oscuro della Luna. Il diario comincia subito dopo l’allunaggio e del viaggio dalla Terra alla Luna ci sono solo pochi cenni nell’introduzione scritta dal “divulgatore” del diario. In questa prima parte colpisce l’accuratezza scientifica profusa dall’autore, sia pur limitata alle conoscenze dell’epoca.
Dal punto di vista stilistico e letterario, la prima parte è segnata da una notevole forza drammatica, che si interseca a un’intensa introspezione psicologica.
Żuławski allo stesso tempo dà un tono avventuroso alla vicenda, non disdegnando espedienti tipici della narrativa popolare: colpi di scena, pericoli, situazioni di suspense. Ma il meglio l’autore lo dà in quello che decenni dopo sarebbe stato chiamato “sense of wonder“: i paesaggi lunari, la volta celeste, la visione della Terra (e dei suoi movimenti) dalla Luna sono descritti con precisione scientifica, ma anche con una potenza descrittiva, un’inventiva visiva e un senso di stupefazione che raggiungono livelli di autentica poesia, raramente raggiunta in seguito dalla fantascienza anglosassone.
Oltre ai paesaggi lunari, restano nella memoria soprattutto le immagini della Terra, che dalla Luna appare come una meravigliosa stella dall’aspetto continuamente mutevole, che finisce con l’infondere in Jan un senso di profonda commozione e ammirazione, come se solo in quei momenti si rendesse conto della meraviglia che ha lasciato.
La seconda parte di Sul globo d’argento si distacca nettamente dalla prima. Per cominciare, Żuławski mette da parte la serietà scientifica e lascia andare la sua fantasia a briglia sciolta, in parte con l’alibi che il lato oscuro della Luna è sconosciuto, in parte per poter raccontare la nascita di una società “neo-umana” che non abbia problemi di sopravvivenza.
Il carattere avventuroso lascia posto a uno più intimista e riflessivo, e ci si concentra sui rapporti fra i tre “coloni” ancor più che nella prima parte, dando anche molto spazio ai sempre più complessi rapporti con i loro discendenti.
Un altro dei grossi meriti del romanzo è l’aver immaginato una società umana “giovane”, persino infantile, diversa da quella “terrestre” sotto molti aspetti, ma non priva dei suoi meschini retaggi, come Jan constata quando vede frustrato il suo sogno di creare un’umanità migliore.
Il “positivismo pessimista” di cui parlavamo prima si vede soprattutto negli ultimi capitoli del romanzo, in cui Jan è sempre più preda dell’autocommiserazione e della depressione, stemperate solo dalla nostalgia verso una Terra che il protagonista finisce con l’idealizzare sempre più, se non addirittura a mitizzare. Una mitizzazione che i giovani “lunari” reinterpretano a modo loro, costruendo attorno a Jan una specie di religione messianica: il Vecchio Uomo li abbandona, credono loro, per tornare sulla Terra, dalla quale tornerà come salvatore.
Il romanzo affronta una vasta gamma di tematiche, non senza un gusto per il paradosso e del ribaltamento: l’eccessiva fiducia nel progresso scientifico, ma anche politico e sociale, il colonialismo (ironicamente rappresentato da un polacco, cioè da una vittima del colonialismo per eccellenza), la religione (vista con un senso critico razionalista, ma più come un’illusione autoindotta che come un inganno deliberato). La scienza e il progresso non sono visti in maniera negativa, anzi, ma l’autore non ripone in essi quella speranza salvifica tipica delle filosofie materialiste.
Nella seconda parte il tono pessimista e amaro finisce con l’appesantire la lettura, ma restano comunque notevoli la tensione drammatica e le acute caratterizzazioni, insieme a un’altra qualità tipica dei migliori autori di fantascienza: creare mondi alternativi con estro fantasioso e allo stesso tempo credibilità umana.
Se anche con Sul globo d’argento vogliamo fare il gioco delle “previsioni azzeccate” se ne possono menzionare almeno due.
La meraviglia di Jan nel vedere la Terra dal suo satellite ricorda le reazioni testimoniate da diversi reali astronauti nelle loro missioni. E il l’autoveicolo lunare è molto simile nel suo funzionamento ai Lunar Rover usate nelle missioni Apollo, incluso l’uso di un motore elettrico. Quest’ultima somiglianza non è del tutto casuale.
Mieczysław Bekker (1905-1989) fu un ingegnere polacco. Fuggito dalla Polonia allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si trasferì negli Stati Uniti nel 1956, lavorando alla progettazione di veicoli militari e nel 1961 entrò nel team della NASA che lavorava alla progettazione dei veicoli lunari.
Dopo aver riletto Sul globo d’argento, Bekker commissionò ai disegnatori della NASA la riproduzione del veicolo così come è descritto nel romanzo, che divenne così una delle fonti d’ispirazione della squadra.
Mario Luca Moretti
Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano
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