La Rabdomante
Si sedette, esausta, all’ombra del tronco pietrificato di quella che, un tempo, doveva essere stata una maestosa quercia. A pochi metri di distanza, tra le sterpaglie riarse dal sole spietato, giaceva il corpo senza vita di Eleonora, l’ultima dei suoi seguaci. Avrebbe potuto seppellirla, vero, ma non voleva sperperare le energie residue. Sentiva che anche la sua fine era prossima e voleva fare un ultimo tentativo. La Ricerca doveva proseguire, fino alla morte! Posò la schiena sull’albero e socchiuse gli occhi.
Quanti avevano creduto in lei, la Rabdomante? Quanti, in nome delle sue promesse, avevano abbandonato le ultime sudice tane dell’umanità per affrontare un viaggio inutile e mortale, falciati uno dopo l’altro dalla fame, dalla sete e dalle radiazioni? Duemila, tremila? Non avrebbe saputo dirlo.
“La mia coscienza è pulita,” urlò “sareste comunque morti tutti, tutti! Vi ho donato un’ultima emozione, un ultimo scopo da perseguire prima dell’inevitabile fine”.
Si risvegliò quando il sole cominciava ad abbassarsi sull’orizzonte, stirando le ombre prodotte dai pali di cemento che un tempo sostenevano cavi dell’alta tensione. Lontano, gli scheletri metallici di alcuni grattacieli brillavano alla luce del tramonto. Quindi, determinata a quell’ultimo tentativo, si sollevò lenta, cercando con lo sguardo una bassa e solitaria collina, distante non più di un chilometro alla sua sinistra. Sarebbe stata la sua destinazione.
Arrivò alla base di quel modesto rilievo dopo trenta minuti e facendo leva sulle ultime forze, disidratata e appesantita dalla tuta antiradiazioni, risalì lentamente il pendio mentre la verga di salice ad y, avvolta di sottile filamento di rame, vibrava ora sotto le sue mani con forza sempre maggiore!
Una volta in cima si inginocchiò, spossata e ansimante. Volse lo sguardo attorno a sé. Il pianeta era oramai da anni un’arida e brulla landa, inospitale alla vita. La sua mente rispolverò i ricordi di bambina, di quando alla televisione si lanciavano moniti contro i cambiamenti climatici indotti dall’uomo. Ricordò le immagini delle progressive desertificazioni, della siccità e della carestia e poi quelle delle due guerre mondiali per l’alimentazione, combattute con armi nucleari, che avrebbero portato l’umanità all’estinzione.
Una lacrima corse veloce, risvegliando la sua attenzione. Aveva poco tempo, stava per morire, ma la Ricerca non era stata vana! La bacchetta, rimasta immota per anni tra le sue mani, vibrava! La posò a terra, con deferenza, e poi tirò fuori dallo zaino un vecchio smartphone.
“Dai, ti prego!” implorò dopo averlo acceso.
“Si! Si!” l’urlo fu liberatorio.
Quel vecchio display non mentiva! In quel luogo c’era ancora segnale internet!
Tolse il casco, sorrise e scattò un selfie. Osservò stizzita la foto; neanche l’algoritmo dell’effetto bellezza, pur impostato al massimo, poteva molto contro le piaghe da radiazioni. Se ne fece subito una ragione mentre il pollice destro cercava convulsamente il pulsante “condividi”!
“Dai, dai, inoltra, inoltra bastardo!”
Un suono di notifica accompagnò la comparsa del primo flag! Selfie inviato! Non lo avrebbe ricevuto mai nessuno, ma ora la Rabdomante moriva felice.
© 2021 Giuseppe Di Faustino
Giuseppe Di Faustino
Nato a Tivoli il 20 gennaio del 1973. Laureato in giurisprudenza, vive a Cerveteri con la compagna di avventure Manuela e i figli Alessandro e Giordano. Affetto da patologica passione per la fantascienza dalla classica Star Trek, al fantasy Tolkieniano, al complottismo di X-Files e l’onirismo di Lovecraft. Ha pubblicato due brevi racconti con Edizioni Scudo.
Il titolo volutamente ingannevole è un espediente narrativo rivelatosi davvero efficace, mi sono illusa in pieno sulla natura mistica della rabdomante, rivelatasi invece una selfista!!! Giuseppe Di Faustino ha unito distopia, critica ed ironia: la follia autodistruttiva dell’umanità è seconda solo all’autocelebrazione compulsiva da social-media. Un breve racconto, una grande prova di creatività!!!!
Una critica spietata al mondo che viviamo. Complimenti!