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Io Borg

Io Borg

 

Nel gennaio del 1938 sulla rivista “Amazing stories” esce il racconto “Io robot” di Eando Binder, che rivoluziona il concetto di robot visto come minaccia per l’umanità, introducendo il personaggio di Adam Link, il robot buono. A questo stesso racconto si ispirerà Isaac Asimov nella scrittura del suo “Robbie”, il primo racconto della serie dei robot positronici. Ho deciso di ispirarmi anche io al celebre racconto di Binder per introdurre il Borg a voi lettori. Il racconto prende le mosse dalla storia che sottende al romanzo “Quando Borg posò lo sguardo su Eve” (Edizioni Tabula Fati 2019).

Annarita Stella Petrino

 

Nel corso della mia esistenza sono stato chiamato in tanti modi, ma “mostro” è quello che mi è rimasto più impresso. Vorrei potervi dimostrare che tutto sono tranne quello che voi pensate, ma forse raccontandovi la mia storia riuscirete a capirlo da soli.

È bene che cominci dal principio.

Io non sono stato costruito, ma sono nato. Sono stato un dono chiesto ai sopravvissuti per il futuro dell’umanità. Mia madre mi donò agli scienziati militari della Contea due anni fa.

All’epoca non ero che un neonato, quindi non potevo rendermi conto di quello che mi accadeva, ma tutto ciò che vi racconterò di quel periodo è la pura verità. È stato il dottor Jonah Batebar, l’uomo a cui venni affidato, a raccontarmi dei miei primi mesi di vita e di lui potete fidarvi, perché è stato lui a fare di me un Borg.

Le sperimentazioni del protocollo B1 erano partite alla fine del XXII secolo all’interno dell’agglomerato di strutture militari chiamato la Contea, dove venivano condotte ricerche ed esprimenti per la conservazione e la continuazione della specie umana. Le guerre, le epidemie e le carestie avevano spazzato via il vecchio mondo e lasciato ai pochi sopravvissuti il compito di tornare a ripopolare il pianeta. Ma l’essere umano da solo non poteva riuscirci, ecco perché il dottor Jonah Batebar mise a punto il protocollo–B1–.

La mattina in cui mi iniettò il composto era molto nervoso. Si trattava del primo esperimento in assoluto che avrebbe portato alla creazione di un Borg.

Mi tennero fermo e Batebar affondò l’ago alla base della mia nuca, iniettandomi il preparato di vibranio puro, lega di acciaio e nanoparticelle tecnologiche. Poi mi adagiarono in una capsula di maturazione.

Mi venne una febbre altissima che durò una decina di giorni, durante i quali il dottor Batebar non si allontanò mai, perché era molto in pena per me.

Durante quei dieci giorni di malattia il composto si fuse con le mie ossa in formazione, rendendole indistruttibili, mentre le nanoparticelle si unirono al DNA per dare istruzioni circa la formazione di organi e muscoli biomeccanici. Fu allora che divenni un Borg. Quando la febbre cessò, mi tolsero dalla capsula e mi diedero un nome: Borg 1. Qui cominciano i miei ricordi.

Vedendo il modo in cui sgambettavo, decisero di poggiarmi a terra. Presi a gattonare velocemente, poi tentai di alzarmi in piedi, ma ricaddi subito all’indietro. Feci un secondo, un terzo tentativo e infine cominciai a camminare.

I muscoli biomeccanici delle gambe avevano raggiunto piena maturazione e questo mi permise di… correre! Corsi per tutta la stanza, distruggendo tutto ciò che mi capitava a tiro.

Il dottor Batebar cercò di richiamarmi all’ordine, ma io non ascoltai. Non ero un robot e non ubbidivo agli ordini. Ero un esserino potente e volitivo di pochi giorni, che aveva voglia di provare a fare tutto.

Fortunatamente qualcuno aveva avuto il buon senso di bloccare la porta in acciaio, così non mi fu possibile fuggire. Presi a calci e pugni la porta, ammaccandola in più punti, fino a quando non riuscirono a bloccarmi. Mi sedarono e mi misero in una stanza con un lettino e con la porta chiusa a chiave.

Quando ripresi conoscenza, vidi il dottor Batebar seduto vicino al mio letto.

– Devi stare tranquillo Borg 1. Qui nessuno vuole farti del male. – il suo tono era dolce e conciliante

Quando provai ad alzarmi non ci riuscii. Mi avevano incatenato al letto.

– Sono per la tua e la nostra sicurezza. Non hai ancora la forza di un Borg adulto, ma anche un piccolo Borg può fare del male. Se ti comporterai bene, ti verranno tolte, hai capito? –

Annuii, perché non avevo ancora imparato a parlare. Fu il dottor Batebar a insegnarmelo.

I vostri bambini imparano a parlare sentendo le persone che stanno intorno a loro, ma io non avevo contatti con molte persone. Ero un esperimento e, come tale, andavo tenuto segreto.

Ogni giorno mi veniva permesso di lasciare la mia stanza e di camminare all’interno del laboratorio adiacente con catene alle caviglie e ai polsi. Il dottor Batebar mi indicava il nome di tutti gli oggetti presenti e aggiungeva i verbi di azione più conosciuti, così nel giro di una settimana avevo acquisito un vocabolario essenziale, ma sufficiente a comunicare. Di lì a tre mesi avevo la corporatura di un bambino di cinque anni, così un giorno il dottor Batebar si presentò con alcuni libri illustrati e scoprii quel misterioso rapporto che c’è tra l’espressione verbale e il segno scritto: la lettura!

Dai primi sillabari passai velocemente a testi sempre più complessi. I miei occhi erano più veloci e acuti di quelli dei bambini umani e la velocità di lettura e comprensione nettamente superiore. Il dottor Batebar era molto soddisfatto dei miei progressi.

Quando finalmente mi vennero tolte le catene, mi fu permesso di girare all’interno della Contea ma solo nell’area militare.

Non so quanti di quelli che la frequentavano conoscessero la mia vera natura, certo è che molti mi guardavano con espressione curiosa e pochi erano quelli che mi rivolgevano la parola e, se lo facevano, era solo per verificare se fossi effettivamente in grado di parlare.

– Sei meglio di una caricatura! – mi sentivo dire

Oppure: – Un’imitazione ben riuscita! –

Ma non conoscevo il significato di quelle espressioni. Quando provai a riferirlo al dottor Batebar lui si rivolse a me come un maestro si rivolge al suo allievo: –Tu sei il risultato di miliardi di anni di evoluzione e questo successo stupisce anche me. Hai tutto il meglio dell’umanità e puoi godere dei benefici della robotica. Sei il primo esponente di una nuova razza che ci aiuterà a ripopolare questo pianeta. –

Nei suoi occhi si accese come una luce e la vedevo ogni volta che mi guardava. Questo mi faceva sentire… orgoglioso!

***

I mesi successivi trascorsero in relativa tranquillità. Ormai avevo un anno di vita e la corporatura di un bambino di otto anni. Mi ero abituato alla vita che conducevo all’interno della base militare, ma l’incidente con i bambini cambiò tutto.

Un giorno trovai aperta la porta che dal retro della base portava all’esterno. Di solito era sorvegliata, ma in quel momento in giro non si vedeva nessuno. Non mi feci sfuggire l’occasione di vedere finalmente come fosse fatto il mondo fuori di lì.

Sapevo che mi era stato proibito di lasciare la base, ma qualcosa dentro di me mi spinse a varcare quella soglia.

Corsi verso la fitta boscaglia poco distante e mi fermai solo quando fui certo di essere abbastanza lontano.

A un certo punto udii delle voci e delle grida. Le seguii e spuntai sulle sponde di un piccolo stagno dove c’erano dei bambini. Sapevo che in apparenza eravamo molto simili, ma che in realtà c’era una profonda differenza tra me e loro.

Li avevo visti raffigurati tante volte sui libri, ma visti dal vivo erano tutta un’altra cosa. Chiassosi, allegri e… sporchi! La curiosità ebbe la meglio e mi avvicinai. Erano intenti a fare qualche strano gioco. Cercavano di afferrare degli animali verdi che saltavano di qua e di là. Rane…

– E tu chi sei? – mi chiese un bambino, guardandomi in modo strano.  –Non ti ho mai visto. –

– Mi chiamo Borg 1. Abito alla base. –

– Bugiardo! Non ci sono bambini nella base! –

– Sì che ci sono! – ribattei.  – Ci sono io! –

– Non ti credo! –

Lo spinsi mandandolo a terra.

– Hey! Non si fa! – gridò un altro bambino

– Adesso basta! – intervenne allora una bambina con i boccoli d’oro – Basta litigare, gioca con noi. –

Lo disse con una voce così dolce che era impossibile rifiutare. La vista di quella bambina mi colpì: il colore degli occhi, i capelli fluenti, il tono della voce… Nulla di tutto questo si trovava nei libri.

– Prendi una rana! Vediamo se ne sei capace! –

Qualcosa nella voce di quel bambino mi irritò. Mi bastò guardare la rana per un attimo, la mia mano scattò veloce e l’afferrai.

– Ma come hai fatto? –

Poi strinsi, senza sapere il perché. Strinsi così forte da spappolare la rana nella mia mano. Il sangue colò per terra.

La bambina, allora, cominciò a strillare e scappò. A quelle grida anche io ebbi paura. Lasciai andare la rana e corsi verso la base. Nella mia stanza trovai il dottor Batebar.

– Dove sei stato? – mi chiese con tono di rimprovero, poi quando vide il sangue mi afferrò per le spalle: – Che cosa è successo? Sei ferito? –

– Io… –

– Parla! –

Raccontai l’accaduto: –Io non so perché l’ho fatto. É una cosa brutta? –

– Sì, è una cosa brutta. – mi rispose il dottore. Non aveva un tono severo, ma quella luce che vedevo nei suoi occhi ogni volta che mi guardava era sparita. – Hai ucciso un essere vivente e ne hai spaventato un altro. Se non ti abbiamo ancora fatto uscire di qui, c’è un motivo. Non sei ancora pronto per affrontare l’umanità. È assai più complessa di quello che immagini. –

Avevo deluso il dottor Batebar, lo compresi in quel momento.

***

Trascorsi l’anno successivo rinchiuso nella base, continuando a studiare e a imparare tutto ciò che riguardava la storia dell’umanità, il nostro pianeta, la scienza e, naturalmente, i Borg.

Mi appassionava il rapporto che si potesse instaurare tra esseri umani e Borg, quando finalmente sarebbe stato permesso a questi ultimi di mischiarsi ai primi. Mi sono chiesto tante volte come avreste reagito trovandovi di fronte a qualcuno più forte e, sotto molti aspetti, migliore di voi.

Nel corso di quell’anno giunsero a maturazione nelle capsule altri Borg. Erano tutti più piccoli di me e io mi sentivo importante per questo. Una specie di guida come il dottor Batebar lo era stato per me.

Non ci facevano uscire, nonostante fosse nostro grande desiderio, perché dicevano che il mondo là fuori non era pronto per noi.

Io non ero molto propenso a crederci, così lasciai la base per la seconda volta di nascosto. La mia maturazione fisica corrispondeva a quella di un ragazzo di sedici anni ed ero animato da grande curiosità.

Era notte e mi mossi nella stessa direzione della prima volta. Trovai lo stagno e lì vicino un gruppo di ragazzi come me che avevano acceso il fuoco. Mi avvicinai.

– Tu chi sei? – mi chiese uno di loro

– Io mi sono perso nel bosco, ho visto la luce del fuoco e mi sono avvicinato. –

– Non mi sembra di averti mai visto da queste parti. –

– Oh Brad, quante storie! – intervenne una ragazza.  – Vieni, siediti vicino al fuoco. Avrai freddo… –

Non avevo freddo, ma non me lo feci ripetere due volte. Lei aveva i capelli neri, così lunghi che le arrivavano sulle spalle. Gli occhi erano di un celeste acceso e mi incantai a guardarla. Non avevo mai visto una ragazza. Gli altri del gruppo stavano arrostendo qualcosa su dei bastoni.

– Ne vuoi? – mi chiese qualcuno, offrendomi un pezzo di carne.  – È coniglio. –

Lo presi senza pensarci su troppo. Il sapore era gustoso. Lo mangiai, continuando a fissare la ragazza. A un certo punto allungai la mano per sfiorarle i capelli. Ero così curioso di toccarli… Ma successe qualcosa che non mi aspettavo.

Lei si ritrasse intimorita e uno dei ragazzi scattò in piedi.  – Hey! Cosa credi di fare? È la mia ragazza! –

Prima che potessi dire qualcosa venne verso di me, mi afferrò e mi costrinse a mettermi in piedi. Quindi mi spinse, io persi l’equilibrio e caddi all’indietro.

– Vai fuori dai piedi o saranno guai! –

Gli altri ragazzi cominciarono a ridere, mentre le ragazze si spostarono tutte vicine a quella che mi aveva invitato a sedermi. Mi rimisi in piedi.

– Mi hai sentito? Vattene via! –

– Perché mi tratti così? –

– Perché non mi piaci, ora vattene! –

– E se non volessi andarmene? –

L’altro per tutta risposta mi colpì al volto con un pugno e si mise a urlare per il dolore. Aveva colpito un Borg, ma non poteva saperlo. Allora tutti gli altri mi furono addosso e riuscirono ad atterrarmi. Mi colpirono con calci e con pugni. Gridai loro di smetterla, ma non mi ascoltarono. Fu allora che avvenne, sentii una strana sensazione agli occhi e una grande rabbia invadermi tutto.

– Ma che…? – gridò uno, fissando sbalordito i miei occhi rossi

Afferrai quello più vicino per la gola e strinsi come avevo fatto con la rana. Lo vidi portarsi le mani al collo e dimenarsi nel tentativo di liberarsi. È una cosa brutta. Le parole del dottor Batebar mi risuonarono nella mente, ma qualcosa mi impedì di ascoltarle.

Continuai a stringere fino a quando il ragazzo smise di agitarsi, quindi lo lasciai andare. Le ragazze urlarono alla vista della sua gola livida, mentre io rimanevo a fissare il corpo senza vita. Poi fuggii, non in direzione della base, però. Sapevo di aver fatto una cosa brutta, ma non sapevo come spiegarlo al dottor Batebar.

Così corsi… Corsi veloce tanto quanto mi permettevano i muscoli biomeccanici delle gambe. Poi mi fermai, mi appoggiai a un albero e rimasi immobile nel buio. Non riuscivo a credere a quello che avevo fatto. Avevo ucciso un essere umano…

Le ore trascorsero lentamente e venne l’alba. Allora udii un mormorio in lontananza e li vidi: una moltitudine di soldati armati che venivano nella mia direzione. Anche loro mi videro e si levò un grido.

– Ecco il Borg! Fuoco! –

Qualcuno sparò e il proiettile passò a poca distanza dalla mia testa. Scattai in piedi.

– Fermi! Non sparate! – urlai, ma un altro colpo mi prese al braccio

Avvertii un forte dolore e ripresi a correre. I soldati mi inseguirono, ma io riuscii a distanziarli grazie ai miei muscoli biomeccanici. Non avevo idea di dove fossi, il mondo al di fuori della base mi era completamente sconosciuto.

Mi fermai per guardare la ferita. Sanguinava poco, ma faceva male. Mi sentivo la testa confusa. Sapevo di aver fatto una cosa orribile, ma perché non mi davano la possibilità di spiegare? Mi stavano braccando come un animale selvaggio e sparavano per uccidere… Perché?

***

Quando giunse il pomeriggio avevo deciso che avrei provato a spiegare quello che era successo, così mi affidai ai miei sensi Borg e individuai il manipolo di soldati che era sulle mie tracce.

Alzai le mani in segno di resa, come avevo visto tante volte sui libri illustrati, ma essi, non appena mi videro, fecero fuoco. Avvertii lo stesso forte dolore alle gambe e mi accasciai. Provai a rimettermi in piedi, ma ci riuscii a fatica. Cercai di correre, ma senza successo. Poi i soldati mi furono addosso, mi bloccarono e mi incatenarono, trascinandomi verso la base. Prima di entrare vidi la ragazza che sedeva vicino al fuoco.

– Mostro! – mi urlò e fu come se mi avesse sparato al cuore

Mi portarono fino alla mia stanza e mi gettarono ai piedi del dottor Batebar.

– Lasciateci. – disse e i soldati se ne andarono – Borg 1… –

– Io… mi dispiace. Non volevo! –

– Eppure, lo hai fatto. Hai ucciso, questa volta un essere umano e lo hai fatto per un futile motivo. Una volta ti ho detto che avevi preso il meglio dell’umanità, ora so che mi sbagliavo. –

– Che cosa vuole dire? –

– Tu sei più umano di quanto credessi. Sei una creatura preda di passioni, esattamente come noi. Forse più di noi. Tanta passione in un corpo così potente… I ragazzi presenti hanno visto i tuoi occhi diventare rossi. Non so a cosa sia dovuto un tale fenomeno, ma penso che sia segno di una grande rabbia. Un’emozione che non pensavo potessi provare… –

– Che cosa mi succederà? –

– Non posso proteggerti. Non voglio farlo. Sei stato il primo esperimento Borg e forse qualcosa è andato storto. Ora sei diventato una minaccia… –

Poi se ne andò. L’uomo che mi aveva cresciuto e che mi aveva insegnato tutto quello che sapevo se ne andò. Quando lo fece mi sembrò di scorgere lacrime nei suoi occhi.

Rimasi solo… con nella testa l’urlo della ragazza: “Mostro!” e l’immagine delle lacrime del dottor Batebar.

Spezzai le catene che mi avevano messo ai polsi. Le ferite non erano gravi. Potevo ancora fuggire, ma avrebbero continuato a braccarmi e poi… Dove mai sarei potuto andare? Fuori di lì nessuno era come me. Mi portai le mani dietro la nuca e premetti forte come solo i Borg sanno fare. Anche noi possiamo morire e quello è il nostro punto debole. Posi per sempre fine alla mia vita.

Nel corso della mia esistenza sono stato chiamato in tanti modi: caricatura, imitazione, esperimento, Borg… ma mostro è quello che mi è rimasto più impresso.

Io sono nato umano, voi mi avete reso un Borg, ma… non sono un mostro.

Firmato Borg 1

 

Annarita Stella Petrino
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Abruzzese, insegnante di Scuola Primaria, moglie e madre, scrive fantascienza da quando, a tredici anni, ha incontrato i libri di Isaac Asimov e dei suoi robot. Ha pubblicato diversi racconti su riviste di fantascienza, webzine e siti. Nel 2004 esce il suo primo romanzo di fantascienza "Ragnatela Dimensionale." Ha ottenuto distinzioni di merito in diversi concorsi.

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