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Emanuela Valentini parla con Manuela

Emanuela Valentini parla con Manuela

La foto di copertina è tratta da Pennematte.

 

Prima di cominciare a rispondere alle tue domande, cara Mannie, vorrei dirti tante cose. Una è che conoscerti di persona tre anni fa è stato un onore. E mangiare con voi la scorsa estate, con Scilla che rompeva i modellini di Shuttle di Vanni, è stato divertente e dolce. La vostra casa museo ci sembrava il Paese delle Meraviglie. Mannie, l’altro ieri, quando ho ricevuto la tua email con queste domande, in seguito ai nostri messaggi sempre zeppi di abbracci e cuoricini, ero fuori casa e ho pensato “oh che bello, le rispondo domani con calma!” Ma l’indomani era già tardi, perché tu ieri mattina sei volata via così, all’improvviso, sei andata via e noi tutti siamo rimasti cristallizzati nell’orrore della tua assenza, tutti in piedi su un ponte costruito a metà: progetti, sogni, idee, tutto fermo in quell’istante. Non doveva succedere, non era così che doveva andare. Continuavo a guardare questa tua email aperta al sempre, allibita, addolorata, confusa. Poi ho sentito Vanni al telefono e abbiamo pianto insieme. Lui mi ha chiesto di rispondere alle tue domande prima ancora che io gli domandassi se potevo farlo. Ho subito detto di sì. Tu hai teso la mano e noi siamo qui a stringerla nelle parole, Mannie. Nell’amore condiviso per le storie. Farò come se fossi qui, allora. Perché ci sei, lo so. Non badare alle mie lacrime, ok?

 

Ci presenti Emanuela Valentini?

Mia cara Manny, io sono una sognatrice. Come direbbe Mandela: una sognatrice che non si è arresa. Sono testarda, spinosa, idealista, diffidente. Credo molto in valori come la lealtà e la giustizia. Amo l’arte, i colori, tutte le stagioni. E sopra tutto amo scrivere, ma queste cose tu le sai già.

Quali sono state le tue prime letture?

Non dimenticherò mai quando, intorno ai 9 anni, ho cominciato a leggere Pattini d’argento, Piccole Donne, La Storia Infinita, Siddharta… e poi non mi sono più fermata.

Come hai cominciato a scrivere?

Alle elementari avevo un quaderno delle poesie. Alcune erano in rima, altre no e altre ancora erano brevi storie dedicate agli animali o alla stagione che mi ispirava in quel momento. Ero piena di gioia all’idea di avere nelle mani uno strumento, la penna, che mi consentiva di creare, di giocare con le parole. Leggevo e scrivevo sempre, anche a pranzo e a cena, per la disperazione dei miei genitori. Alle medie ho scritto i miei primi due romanzi: Il sorriso della luna e Arcobaleno notturno, due avventure fantasy che vedevano un gruppo di amici alle prese con misteri da risolvere e cattivi da combattere, erano i tempi dei Goonies, mi ispiravo a loro. Entrambi i libricini sono battuti a macchina da me (ricordo il male alle dita dopo ore di tick tick tick) e poi rilegati con la colla, foglio dopo foglio. Ovviamente avevo disegnato anche le copertine.

Posso dire che la scrittura ha sempre fatto parte della mia vita. L’amore è sbocciato quando ho imparato l’alfabeto e ho capito che con quelle letterine avrei potuto dare alla luce universi, difendermi dalle paure e lasciare un segno nel mondo.

Quale o quali Autori ti hanno ispirato a scrivere fantascienza?

Sicuramente Gibson, Dick, Bradbury! Sono sempre stata attratta dalla fantascienza sociale, politica, quella che poi ho cercato, nel mio piccolo, di fare.

Attualmente quali sono gli Autori, anche non di SF, che stai leggendo, o che ti entusiasmano di più?

Premetto che sono una lettrice onnivora, o quasi. Mi piace molto Ammaniti per il suo stile asciutto e le sue trame che graffiano, Baricco per le frasi perfette e l’armonia che sa mettere in ciò che scrive, e molti altri per motivi diversissimi. In questo momento sto apprezzando un autore di thriller inglese, Tim Weaver, che mi ha catturato con la sua serie di romanzi dedicati all’investigatore privato David Raker. Molto molto belli!

La tua scelta, peraltro coraggiosa, di liberarti di un lavoro di routine ha influito positivamente nel  tuo percorso di scrittrice e/o Editor?

Si dice che a volte nella vita bisogna fare spazio affinché ciò che è in seme possa germinare. Io l’ho fatto, Mannie. Come ben sai non è stato un salto indolore. I grandi cambiamenti includono l’abbandono delle zone di comfort e l’accentuarsi di paure e ansie. Certamente vedere la mia carriera di autrice decollare e la mia agenzia di servizi editoriali piena di richieste mi fa capire che è stata la scelta giusta: non tornerei mai indietro, mai. Tutto è ancora freschissimo, ma promette bene: adesso devo imparare a rilassarmi e a godere dei piccoli e grandi successi che stanno arrivando giù dalle stelle. E la benedizione della mia famiglia e di amici come te e Vanni ha fatto e fa tanto per me. La vostra energia e l’affetto di cui mi ricoprite è un dono per il quale sono sempre riconoscente.

Cos’altro c’è nella tua formazione?

Ho lavorato per molti anni in un ospedale e questo mi è servito ad acquisire disciplina, puntualità nella consegna dei lavori, capacità di adattamento oltre a una bella infarinatura di medicina. In particolare è stato formativo il periodo in Pronto Soccorso: lì ho incontrato la vera umanità, nel bene e nel male. Il dolore, il sollievo, la forza. Non sono solita lodarmi, ma posso dire con certezza che riesco a imparare da ogni situazione e questa è una cosa buona, immagino. Penso che nella vita tutto prima o poi possa servire. Qualche giorno fa ho potuto soccorrere una signora che era caduta e aveva battuto il naso e quella cosa ha fatto bene anche a me.

Da dove trai ispirazione per le tue storie?

Dalla vita, Mannie. Dalle persone. Dalla cronaca, dalle nuove tecnologie, da ciò che vedo e vivo ogni giorno e anche da quello che ho visto, vissuto e incamerato negli anni. Ho come un serbatoio di cose dentro. Immagini, suoni, voci, profumi, atmosfere, volti. All’occorrenza tiro fuori quello che mi serve a corredo di una storia e ricamo ricamo ricamo…

Come sei arrivata a scrivere “Le Segnatrici”, il tuo ultimo romanzo che è un bellissimo thriller?

Volevo mettermi alla prova come autrice, fare qualcosa che non avevo mai fatto, che non sapevo se avrei trovato affine. Così, proprio come facevo da piccola, mi sono approcciata al thriller. L’ho studiato, letto, rimuginato per anni prima di essere in grado di sfornare un’idea degna di questo nome. Che gioia quando è arrivata. Che gioia scoprire che mi piaceva! Questo romanzo è stato il mio grande laboratorio di scrittura. Sono felice che ti sia piaciuto!

Quale è stata la parte più difficile in questo tuo lavoro?

Iniziare da zero. Imparare tecniche che non capivo e che inizialmente non sapevo mettere in pratica. Abbandonare il conosciuto – la fantascienza – per percorrere una strada nuova e tutta da scoprire. Una sensazione che avevo dimenticato, quella dell’impegno, della difficoltà dell’apprendimento. Non farò più l’errore di sedimentarmi: continuerò a mettermi alla prova su cose mai viste e fatte prima.

Avevi già scritto racconti o romanzi thriller? Continuerai su questo  filone, o lo alternerai alla fantascienza?

Questa è la mia prima esperienza nel genere thriller e per ora voglio continuare perché ho ancora tanto da imparare e da mettere in pratica, sperimentare. La fantascienza farà sempre parte della mia vita: se dovesse arrivare qualche bella idea la trasformerò senza dubbio in una storia, probabilmente narrativa breve, visto il mio pochissimo tempo libero!

Quali sono i tuoi interessi al di fuori della scrittura?

Amo la fotografia, Mannie. E disegnare, anche se sono pessima. Lo sport fa certamente parte delle attività che preferisco, e poi viaggiare.

Il momento più emozionante come scrittore?

Quando capisci che hai un team di professionisti che lavorano insieme a te. Un vortice di energia del quale tu sei il centro: è una sensazione spaventosa e insieme meravigliosa. Un invito a credere in ciò che fai, perché persone grandiose lo fanno. Il mio team è composto dall’agente letterario Piergiorgio Nicolazzini che è una forza della natura (e tutto il suo staff), dall’impagabile Leonardo Patrignani, da Lorenzo che ben conosci, dalla editor di Piemme Francesca Lang e tutte le persone che ruotano attorno al libro, alle sue fasi di perfezionamento, promozione, divulgazione.

L’uscita dell’ultima opera non è conclusiva per uno scrittore che ha quasi in serbo altre idee da proporre. Quali sono le tue?

Mia saggia Mannie, hai ragione. Ho già in cantiere una nuova storia e te ne parlerò, te ne parlerò da dentro il mio cuore. Tu non andare troppo lontano, oppure trova qualche attimo per venire a trovarmi, come hai sempre fatto in chat in questo lungo periodo di lockdown e di lontananza. Non mi lasciare senza quel tuo sostegno tutto speciale, così intimo e solido, così forte. Unico come sei tu. Come sarai sempre. Mi rifiuto di parlare al passato Mannie, perché menti come la tua, anime come la tua, non sono soggette al tempo e, come tali, non hanno principio né fine.

Buon viaggio amica cara.

 

P.S.

La mia grande, magnifica donna aveva mandato queste domande prima di prendere una strada diversa dai miei compagni di viaggio. Il mio cuore è morto di dolore, ma lei desiderava dare questo articolo a Franco ed è giusto che io segua il suo desiderio.

G.M.

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Manuela Menci
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Manuela Menci è nata a Firenze il 22 aprile 1952 e ha continuamente collaborato alle ricerche per i saggi del marito Giovanni Mongini. Con La Fantascienza su Internet, si è impegnata in prima persona nella ricerca dei cortometraggi, serial e film che appaiono nel volume pubblicato dalle Edizioni Della Vigna: una guida per tutti quegli appassionati di piccole rarità che cinema e TV non riescono a colmare.

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