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L’invenzione di Morel (1974)

L’invenzione di Morel (1974)


L’influenza del futuro sul passato. Peccato che lei non voglia credermi e che non possiamo intenderci… perché abbiamo un termine breve, tre giorni, e poi non avrà più importanza…”

[Morel/John Steiner]

 

L’invenzione di Morel: Emidio Greco

Emidio Greco

L’invenzione di Morel, una della più interessanti pagine della fantascienza italiana risale al 1974, con un film del regista Emidio Greco al suo esordio cinematografico.

Un evaso senza nome (Giulio Brogi) naufraga su una misteriosa isola, dove si trova un’imponente costruzione in stile anni Venti del Novecento. All’interno si trovano strani macchinari che il protagonista rimette in funzione.

Dopo qualche tempo, si accorge di non essere il solo abitatore dell’isola: un gruppo di persone apparse dal nulla e vestiti con abiti d’epoca iniziano a frequentare la casa e aggirarsi per l’isola.

Inizialmente si nasconde da loro ma ben presto si accorge che i nuovi inquilini svolgono ciclicamente le stesse azioni e ripetono gli stessi dialoghi.

Uno degli ospiti attira l’attenzione del naufrago, la bella Faustine (Anna Karina), della quale s’innamora e cerca di comunicare, ma ogni tentativo d’interazione viene frustrato. La donna, come gli altri ospiti, sembra non accorgersi della sua presenza.

L’invenzione di Morel: Giulio Brogi

Giulio Brogi

La psiche del protagonista sembra traballare ma durante il suo girovagare tra gli ospiti scoprirà la verità. Lo scienziato Morel (John Steiner), uno degli ospiti, ha inventato una macchina, nascosta nelle fondamenta del palazzo, in grado di “registrare” la vita e riprodurla come in un enorme proiezione in 3D.  Una specie di antesignano del ponte ologrammi di Star Trek, e vi ha sottoposto, a loro insaputa, la sua compagnia di amici in vacanza in quel luogo.

Quelli che il naufrago vede, sono quindi le immagini, dotate di solidità, degli ospiti presenti sull’isola anni addietro, nel 1929. Dei simulacri, forse dotati di coscienza o forse no, che imitano la vita ripetendo all’infinito i gesti di quella settimana di “spensierata gaiezza”.

Creare questo surrogato di vita comporta, però, una controindicazione. Una volta che l’essenza di una persona è “registrata”, questa non può più esistere nel mondo reale e la persona muore per consunzione.

Nonostante ciò, il naufrago decide di sottoporsi anche lui alla macchina per restare con l’amata Faustine, probabilmente ormai morta da anni, modellando i suoi gesti con quelli della donna come in un’elaborata sovra-impressione, una registrazione su registrazione per creare l’illusione di vivere e interagire con lei. In un ultimo momento di lucidità dopo il “trattamento”, prima di cadere nell’oblio, l’uomo distruggere la macchina realizzando la vacuità del suo sogno.

L’invenzione di Morel: Anna Karina

Anna Karina

Pellicola dal ritmo lentissimo con risvolti meta-cinematografici, comunque ipnotico e dall’atmosfera inquietante. I primi dialoghi si sentono dopo trentadue minuti dall’inizio, il resto della pellicola ne è quasi priva e sono perlopiù quelli ripetitivi tra gli ospiti.

Il film è tratto in maniera fedelissima dal romanzo L’invenzione di Morel (La invención de Morel, 1940) di Adolfo Bioy Casares, scrittore argentino dalla prosa influenzata dall’amico Jorge Luis Borges.

Lo stesso Borges disse a proposito del romanzo: «Ho discusso con il suo autore i particolari della trama; l’ho riletta; non mi pare un’imprecisione né un’iperbole qualificarla perfetta». A titolo di curiosità, ricordiamo anche che la disegnatrice della copertina della prima edizione fu Norah Borges, la sorella del famoso scrittore.

Poche le differenze tra pellicola e libro e riguardano il protagonista, nel romanzo giunto sull’isola volontariamente per fuggire a non precisate persecuzioni di carattere politico e non per naufragio dopo un’evasione; l’ubicazione dell’isola, non in Polinesia ma nel Mediterraneo (per ragioni economiche il film fu girato a Malta, peraltro ripresa magnificamente dal regista); nel finale, infine, il protagonista non distrugge la macchina.

Il romanzo servì probabilmente da ispirazione ad Alain Robbe-Grillet e Alain Resnais per il loro capolavoro L’anno scorso a Marienbad (L’Année dernière à Marienbad, 1961).

Il nome del cinico scienziato Morel sembra invece un riferimento a L’isola del dottor Moreau (The Island of Dr. Moreau, 1896) di H. G. Wells ma di isole misteriose dove le persone ritrovano sé stessi è piena la narrativa scritta, cinematografica e televisiva, non ultima la serie Lost (2004-2010) di J. J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber.

L'invenzione di Morel: John Steiner

John Steiner

Sia il romanzo sia il film, inoltre, sono dei precursori nel descrivere una sorta di realtà virtuale, elemento fantascientifico che solo in seguito acquisterà popolarità e diffusione.

Ricordiamo, infatti, che il romanzo è del 1940, quando ancora non si parlava di computer e infatti Casares descrive la “macchina” di Morel non un elaboratore elettronico, ma come un fonografo o una macchina da presa,  la quale registra, riproduce e materializza immagini, senza bisogno di supporto su cui proiettarle.

Il romanzo L’Invenzione di Morel era già stato adattato per lo schermo nel 1967 nel film televisivo francese dal titolo L’invention de Morel per la regia di Claude-Jean Bonnardot.

 

L’invenzione di Morel (Italia 1974, 110’, C)
Regia di Emidio Greco
Sceneggiatura di Andrea Barbato ed Emidio Greco dal romanzo di Adolfo Bioy Casares L’invenzione di Morel (La invención de Morel, 1940).
Con Giulio Brogi (il naufrago), Anna Karina (Faustine), John Steiner (Morel).

 

L'invenzione di Morel

Roberto Azzara
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(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.

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