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“LE SFERE ROSSE” DI GEORGE C. WALLIS

“LE SFERE ROSSE” DI GEORGE C. WALLIS

Mondi Passati – Vintage

Le sfere rosse, di George C. Wallis

 

Una solenne riunione di uomini e donne, in tutto meno di 50, si stava tenendo nella sala comune di un grande edificio. sereni intelletti splendevano nei loro brillanti occhi, e si evincevano dalle loro alte fronti e delicati tratti. Tutti, sia uomini che donne, indossavano abiti semplici e ampi, stretti in vita da una cintura. Sedevano su sedie comode, poste in semicerchio davanti a un liscio muro bianco.

Di colpo, una nota musicale spezzò il silenzio, e una voce distaccata parlò.

– Il tempo è vicino, – disse la voce. – È stato deciso, con voto telepatico, di gettare ancora uno sguardo sulle rovine del mondo. L’ultimo, prima di fare la Grande Avventura.

La luce si offuscò, e il muro bianco divenne uno schermo televisivo, vivido di vita e colore; colori naturali, in tre dimensioni, e un sonoro in tutte le tonalità reali.

– Dall’ultima volta che abbiamo guardato la Terra, – continuò la voce, con studiata freddezza, – le condizioni sono molto deteriorate. Il ghiaccio e la neve hanno completamente conquistato i Tropici, e son sempre più fuori uso le stazioni automatiche che trasmettono le immagini. Non saremo capaci di vedere granché del nostro condannato pianeta. E dopo il nostro ultimo sguardo, dovremo costringerci ad affrontare il futuro, ed eseguire il Compito.

Le parole, pregne di fatalità, caddero come un macigno sull’assemblea silenziosa, ma nessun volto cambiò espressione. Perché erano arrivati gli ultimi giorni per l’Umanità; e in quegli ultimi giorni l’umanità aveva conseguito una costante pace interiore e una serenità d’animo che, tutti ne erano convinti, niente poteva danneggiare.

Secoli, millenni su millenni di progresso avevano scremato e raffinato la razza, eliminato gli istinti animali, bandito la paura e l’impulso delle emozioni, reso gli uomini come dei.

Per la registrazione del tempo sul muro, era evidente vedere che questo era il terzo giorno del secondo mese dell’anno 9.586.304 dell’Era Scientifica. In quest’era meravigliosa, i vecchi imperi, le nazioni, le lingue e i modi di pensare erano tutti morti, per non tornare mai più. Il mondo era diventato un’unico stato, con una sola lingua, una filosofia, un obiettivo. La vita, apparentemente più complessa, era diventata più semplice.

Per gli uomini delle epoche precedenti, al vertice del suo trionfo l’Era Scientifica sarebbe stata un paradiso miracoloso. A ogni l’individuo, in quel tempo fortunato, era stata assicurata una vita piena e sana, libera da ogni ansia. Guerra, malattia e povertà – povertà spirituale e materiale – erano state abolite da molto tempo e completamente.

Il potere, oltre i sogni più selvaggi, era stato ottenuto e gli uomini si spostavano sulla faccia del loro pianeta a velocità tale da rendere la navigazione del globo una questione di ore.

Alimenti artificiali, prodotti direttamente dagli elementi, e accoppiati con una digestione igienicamente perfetta, ha reso la vita una gioia invece che un peso difficile. La maggior parte del lavoro necessario era realizzato da macchine automatiche – anche da macchine autoriparantesi. Insieme alla televisione perfetta e alla trasmissione radio, la telepatia era stata completamente sviluppata, e la mente parlava alla mente in silenzio, non ostacolata dalla distanza. E così, armata di potere inesauribile (come sembrava agli uomini di quei trionfanti giorni), l’umanità aveva continuato a conquistare sempre più le forze della Natura, e aveva finalmente raggiunto le stelle.

L’uomo aveva conquistato il segreto del viaggio spaziale, aveva visitato la maggior parte dei pianeti del Sistema Solare, e persino stabilito colonie precarie, di breve durata su Marte e Venere, e su uno dei più grandi satelliti di Giove. Eppure lì aveva dovuto confessare la sua frustrazione; era stato costretto ad ammettere che questi mondi non sarebbero mai stati la sua casa.

Quindi, aveva lanciato i suoi occhi desiderosi alla Via Lattea, sperando di entrare in comunicazione con altre intelligenze. E poi, all’apice della sua corsa, un destino incombente aveva oscurato il suo cielo. Un sole morente aveva liberato il torvo demone del Freddo sulla terra, e tutti i poteri  dell’uomo, all’apparenza sovrumani non poterono trattenere il gelo che avanzava, poterono evitare la debacle in arrivo.

Lentamente, inesorabilmente, il freddo aveva spinto l’uomo fuori dalle regioni polari, fuori dalle zone temperate, e lo spinse ad affollare i Tropici; esso aveva congelato i mari, distrutto le sue strade, reso i voli aerei impossibili, e seppellito le città sotto una coltre di neve. Lentamente, la progenie si era ridotta rifugiandosi alla fine in grandi edifici riscaldati dall’elettricità – generata dalle ultime fonti di energia: reazioni chimiche e il rilascio pericoloso di energia atomica.

Eppure, sebbene ridotti in numero, e svuotati di speranza, gli uomini di quella nuova era glaciale mantennero il loro nobile coraggio, la loro risolutezza d’animo. Molto tempo prima, tutte le vecchie religioni e confortanti credenze erano cadute dall’uomo come un indumento logoro, lasciandolo spiritualmente nudo ad affrontare il terrore di un Cosmo insensibilmente indifferente; eppure, da solo nello spazio, senza un amico, guardò ancora al futuro senza paura.

Nei giorni gloriosi del trionfo dell’uomo, lui aveva stabilito molte migliaia di stazioni visive automatiche che di continuo osservavano ogni miglio della superficie terrestre, in modo che, in qualsiasi momento, chiunque potesse vedere qualsiasi parte del globo desiderasse. E anche adesso, dopo l’invasione del gelo, alcune di queste stazioni funzionavano, inviando loro immagini e suono attraverso l’etere. . .

Prima, sullo schermo bianco della parete nella sontuosa camera, venne avvistata Gibilterra. La famosa Rocca, ancora un punto di riferimento dopo così tanti anni, era vestita con un mantello di bianco scintillante. La sua cima era stata appiattita per l’atterraggio di navi aeree giganti, e ora mostrava un cono di neve. Il Mediterraneo, un tempo azzurro, era un mare di grandi montagne che navigavano attraverso vaste banchise di ghiaccio.

Poi fu la volta di Adam’s Peak, a Ceylon, che si alzava verso il cielo da una massa tumultuosa di ghiacciai. Perché lì c’era stato ben poco mutamento nella terra e nel mare per milioni di anni: la Terra, perdendo il suo calore interno, e non più riscaldata dal sole, s’era addormentata.

L’isola di Manhattan appariva come una scogliera di relitti ammassati, coperta di neve, sulla spiaggia di un oceano incrostato di ghiaccio. In veloce successione arrivarono vedute  di zone una volta temperate, ora di rigidità artica; e per ultima, una scena dalle regioni polari, uno scorcio inviato dalla stazione, quasi inutile, a Capo Nord: una visione debole e offuscata.

Qui il Freddo era davvero il re; e in una desolazione in cui non c’era vita di bestia o uccello o vegetazione, temporali intermittenti di aria liquida cadevano da un triste cielo quasi nero. In ogni immagine c’erano enormi tumuli rotondi, sepolti in profonde cave – le abitazioni a cupola che erano le Città  del Calore dell’uomo, ora abbandonate  e desolate. Tutte le altre tracce della gloriosa civiltà che aveva coperto il pianeta erano state cancellate.

Rapidamente, inspiegabilmente, durante l’ultimo mezzo milione di anni, il Sole si era raffreddato, riducendosi infine a brace incandescente; e l’umanità vide la morte dura e inevitabile davanti a sé. La vide, ma non batté ciglio; senza emozioni, accettò il suo destino, preparandosi all’ultimo grande sforzo. Come fossero immagini scolpite, non passò nessun barlume di sgomento sui volti di quegli ultimi uomini riuniti nella sala di osservazione.

Quando la scena finale svanì e la luce tornò, la riunione si disperse in silenzio. Un uomo e una donna, che sedevano vicini, furono gli ultimi ad andarsene. Fianco a fianco, camminavano lentamente fino al loro piccolo appartamento, un posto senza finestre, illuminato da luce diffusa, riscaldato solo da un calore tenue, appena sufficiente.

La donna premette diversi pulsanti sul tavolo in metallo lucido al centro della stanza, e i due spinsero le sedie in avanti. Una sezione del tavolo si staccò in avanti, e attraverso l’apertura, dall’interno dello spesso piedistallo su cui si poggiava il tavolo, uscirono tazze con un  fragrante liquido e vapore e piattini con cubetti ed esagoni cibo artificiale di vari colori.

Il magro pasto occupò poco tempo, e quando fu finito, i piatti vuoti e le tazze furono infilate attraverso l’apertura e lo sportello alzato. Cibo e bevande erano più necessarie che mai in quegli ultimi giorni, ma il rituale e il piacere della sala da pranzo non davano più sapore alla necessità.

– Così questa è la fine, Alwyn “, disse la donna. – La fine delle lotte e dei trionfi  dell’umanità. La fine mia e tua. Siamo stati molto felici, Alwyn.

– Siamo stati felici, Lucia, – l’uomo rispose gravemente. – È strano, ma dopo una vita di autocontrollo, dopo tutta l’eredità della disciplina mentale alle mie spalle, sento un leggero risorgere delle vecchie emozioni che pensavamo fossero superate per sempre. Trovo che posso ancora provare rammarico, sento ancora un risentimento irragionevole per il destino. Perché forse non lo sappiamo tutti, anche se possiamo non riconoscerlo nemmeno a noi stessi, che quell’ultimo sforzo sarà inutile, il nostro ultimo compito una semplice follia? – Parlami ancora dell’ultimo sforzo, Alwyn, – disse la donna. – È passato tanto tempo da quando ho letto la storia dei giorni del Trionfo e delle istruzioni che erano state lasciate dai Grandi Scopritori, io ho dimenticato molto. Un altro segno di debolezza – che alcuni di noi considerino i nostri ricordi come una colpa.

– Quando il nostro destino divenne noto oltre ogni minimo dubbio, Lucia, il Consiglio Mondiale mise tutti i grandi intelletti a lavorare sulla possibilità di lasciare la Terra e trovare un’altra casa su un pianeta di qualche stella lontana. Certo, il viaggio entro i confini del Sistema Solare è relativamente semplice rispetto al viaggio interstellare. Come sai, fu allora che due dei nostri scienziati simultaneamente scoprirono il Metallo Rosso, e furono costruite le due sfere rosse. Il Metallo Rosso, opportunamente magnetizzato, diventa anti-gravitazionale. Cioè, viene caricato, portato fuori dalla piega nello Spazio-Tempo in cui la Terra rotea intorno al Sole, e poi, ancora nel suo slancio, spinto sempre più lontano dalla ruga in cui si muove il sole stesso.

– Calcoli effettuati per un lungo periodo, e con molta difficoltà, ripetuti in dettaglio più e più volte, hanno indicato che se le sfere rosse sono magnetizzate nel momento concordato, viaggeranno a grande velocità verso la stella Proxima. Aria, acqua e viveri chimici immagazzinati in questa sfera dureranno  molti anni ai nostri quarantaquattro viaggiatori , e si spera che il dispositivo di riscaldamento sia almeno in grado di neutralizzare la temperatura zero  dello spazio esterno.

– Più di questo non possiamo sperare né prevedere, ma non siamo stati educati, da molte generazioni, a credere nella sacralità di questo compito: l’ultimo Dovere? Qualunque siano i nostri dubbi personali, noi dobbiamo svolgere tale compito, in modo che, forse, l’uomo possa sopravvivere al suo mondo. Non metterai in dubbio i nostri obblighi, Lucia.

– Certo che no, Alwyn. Eppure, come tu stesso ammetti, ora che il tempo è vicino, le vecchie emozioni puerili e illogiche si sono risvegliate in noi. Sarà difficile lasciare la Terra, per uscire nel vuoto eterno, verso un destino incerto. È difficile pensare che tu ed io potremmo perire nel mare senza spiagge dello spazio. Ed è impossibile credere che il viaggio possa avere un finale sicuro, nonostante tutta la nostra scienza.

– Eppure il Dovere deve essere compiuto”, l’uomo insisté, tanto per confermare la sua stessa fede quanto per confermare quello della sua compagna. – Noi non possiamo tradire la fiducia che i nostri antenati ci hanno consegnato. La Sfera Rossa deve essere lanciata nel suo viaggio al momento stabilito. Non dobbiamo fallire.

– Parli della Sfera Rossa, – disse Lucia. – Ma furono costruite due navi, ognuna per trasportare cinquanta viaggiatori scelti. Che cosa ne è stato dell’altra?

La faccia dell’uomo si offuscò. Scosse le spalle, come per togliersi di dosso qualcosa di fastidioso, qualcosa di spiacevole.

– Ancora le antiche emozioni! – sbottò irritato. – La seconda Sfera Rossa è sepolta sotto la neve vicino alle rovine della vecchia città di Emperia, novanta miglia a nord, ai margini della terraferma. E da qualche parte tra quelle rovine, con i resti di una centrale elettrica, potrebbero ancora esserci uomini e donne… almeno un uomo e una donna. Tu ricordi Selene, che mi fu assegnata all’ufficio del matrimonio? Saprai che è scomparsa, lei e Boris, ma tu non avrai sentito altro. L’ufficio naturalmente sopprime  tutte le informazioni riguardo a coloro che disobbediscono ai suoi necessari editti. . .

“Selene amava Boris, e con lui e i loro vecchi genitori lei fuggì da qui a Emperia, 88 anni fa. Lei e io avevamo solo trentasette anni… molto giovane. Era bella. . .

– E tu l’amavi?”

– Sì, Lucia. Perché dovrei negare la verità? L’ho amata; ma allora non ti vedevo con occhi limpidi. La amo ancora, Lucia, ma ho  amato anche te, e siamo stati molto felici insieme. Che pagliacciata ridicola è, con i nostri piccoli numeri, tenere in piedi il Consiglio e l’Ufficio!

– Come hanno raggiunto Emperia e perché non abbiamo avuto più notizie da loro, né per radio o telepaticamente? Possono usare la seconda Sfera?

– Come hanno coperto la distanza, se, davvero, hanno vissuto a lungo dopo quell’impresa, non sappiamo. Sappiamo che fu ricevuto un messaggio radio di sfida da loro, e che in seguito, nessuna comunicazione si è dimostrata possibile. Le loro menti non ci hanno inviato alcuna parola, e hanno chiuso i loro pensieri ai nostri. Sono esiliati, emarginati dal loro stesso desiderio.

– Ma loro conoscono il Dovere? Non vorranno unirsi all’Esodo?

– Come posso dirtelo, Lucia? –  Alwyn era ancora irritabile. – Forse hanno rigettato ogni fedeltà al passato e al Dovere. Potrebbero non avere energia sufficiente per magnetizzare la loro Sfera. Possono essere morti… Ma basta! Mi ha seccato tutto questo parlare di Selene. Io posso vedere il suo bel viso ora, fiero e risoluto, quando lei rifiutò il mio amore e lanciò la sua sfida al Ufficio. L’Ufficio!

– Andiamo a guardare la sfera che dovrà essere la nostra casa quando scoccherà l’ora.

Mano nella mano, sentendosi sentimentalmente sciocchi, l’uomo e la donna lasciarono il loro appartamento, passarono attraverso un lungo corridoio su una piattaforma mobile, e giunsero a un ascensore. Con esso discesero ed emersero in una vasta camera sotterranea.

A un’estremità di questa grandiosa camera, giravano delle enormi dinamo e dalle strane, complicate macchine lì vicino veniva il costante ronzio di un’estrazione di energia chimica e radioattiva. All’altra estremità della lunga caverna sotterranea si ergeva un grande globo di metallo rosso, che sembrava brillare vividamente nella luce diffusa che si diffondeva sul posto da una fonte invisibile. Dei cavi usciti dalle dinamo conducevano a contatti posti sul globo di metallo. Nessuna finestra o apertura visibile spezzava la superficie liscia di quell’enorme palla rossa, sebbene ci fossero linee che suggerivano una porta.

– È passato tanto tempo dall’ultima volta che sono stata qui – disse la donna.  – Come possiamo accendere la corrente magnetizzante quando saremo tutti dentro? O bisogna essere lasciati indietro… a morire da soli?

– Tutto è organizzato, Lucia. Se uno dovesse rimanere, il Consiglio, cioè tre di noi, incluso me, nominerebbe la persona giusta. Ma, per fortuna, non sarà necessario. Gli interruttori all’interno faranno le connessioni necessarie. Il tempo è vicino ora, perché la nostra energia sta lentamente scemando. Come il carbone, il gas e l’olio, le nostre riserve di materiale radioattivo sono andate sprecate completamente nei bei tempi andati. Se ritardiamo non ce ne resterà abbastanza, anche concentrando tutta la nostra energia al solo scopo di lanciare la Sfera. Una volta applicata quella corrente concentrata, la Sfera si staccherà da questo luogo di sosta, lanciandosi verso l’alto, distruggendo tutto.

– È stato detto che quando il metallo rosso sarà magnetizzato, sarà trasparente: non sembra possibile.

– Tuttavia, sarà così; per questo, non fu necessario indebolire il guscio con delle finestre. Non è un Principio di Fede che possiamo fidarci dei Costruttori morti e sepolti? Dobbiamo fidarci di loro.

– Un’altra domanda, Alwyn. Supponi che la Sfera non lasci la Terra, ma che cada indietro e si distrugga. Supponi che, quando siamo fuori nello spazio, scopriamo che non si possa raggiungere un altro sistema, che dobbiamo perire di freddo e fame nella nostra prigione di metallo. Sono previsti provvedimenti per questo?

– Anche per questo è previsto un provvedimento. Noi non desideriamo cadere nell’incoscienza in quel modo. Avremo una fine rapida e improvvisa, se necessario, una soluzione di quelle che risolvono tutto. Avrai sentito parlare dell’ultima scoperta, il Fulminato di Sterarium…

– Lo strano elemento artificiale che, una volta acceso, avvia una sfera di fiamma incandescente, che dissolve all’istante se stessa e tutta la materia vicina in un’invisibile polvere cosmica? Sì, ne ho sentito parlare: come di una grande, ma per ora completamente inutile, scoperta.

– Non inutile nell’ultima emergenza. In ciascuna delle Sfere Rosse è depositato Fulminante sufficiente dissolvere nel nulla tutto il globo e il suo contenuto. Basterebbe solo premere un interruttore per mettere fine all’ultima speranza dell’uomo.

– E domani al tramonto sarà l’ora zero – disse Lucia, dolcemente. – Torniamo al nostro appartamento, Alwyn. Cerchiamo di stare insieme, da soli, per il poco tempo che rimane a noi sulla Terra.

* * *

Le sfere rosseStretti insieme, mano nella mano, lasciarono la Sala della Sfera, salirono con l’ascensore, attraversarono la piattaforma mobile, e raggiunsero il proprio rifugio privato. Entrambi anelavano ansiosi a quel luogo di sollievo, a quelle poche ore di pace e di compagnia silenziosa, prima di essere chiamati a compiere l’Ultimo Dovere; ma questo non doveva pesare, né a loro, né a nessuno per quel poco che restava della razza umana.

Si erano appena sistemati nel loro santuario, quando si resero conto della discordia e del turbamento presenti nell’etere, opinioni divise, un’inaspettata amarezza: tutte cose che rimbombarono nel loro cervello. Stupiti, addolorati, sintonizzarono le loro menti con le onde di pensiero che si scontravano, e scoprirono che in questa ultima ora di vita della Terra, la resistenza e il freddo coraggio, conquistate con tanta fatica dall’uomo avevano cominciato a crollare. L’umanità non era così superiore alla debolezza emotiva come si era convinta per così tanti secoli.

Per quanto la maggior parte dei quarantaquattro superstiti della razza fossero fedeli alla tradizione del Dovere e determinata a eseguire l’Ultimo Compito, sette di loro si erano ribellati. Questi sette erano cinque uomini e due donne, tutti di eccezionale intelletto e dal carattere forte.

Avevano sfidato il diritto del Passato a governare il Presente. Sostenevano che ogni generazione doveva giudicare per se stessa. Dichiararono che il viaggio progettato poteva finire solo in un disastro, e che sarebbe stato meglio rimanere sulla Terra. Essi non avevano perso la speranza, così dissero, ma secondo loro qualche nuova invenzione avrebbe potuto salvare l’umanità, attingendo a una nuova fonte di  energia e di calore. In ogni caso, affermavano, era più eroico rimanere e perseverare ciò che c’era fino alla fine, piuttosto che abbandonare il loro mondo nativo per seguire una pazza avventura che poteva solo portare alla distruzione.

Da molte migliaia di anni, né questa diversa opinione, né tale radicale divergenza di  pensiero aveva scosso gli Ultimi Uomini. Faccia a faccia con la crisi finale, la lunga abitudine di sottomissione alla tradizione a all’autorità si era improvvisamente, sorprendentemente, indebolita. La controversia si fece accesa e aspra. I Trentasette erano determinati a compiere il Dovere a cui si erano dedicati sin dalla nascita; erano tanto feriti quanto infuriati per questa opposizione inattesa.

D’altra parte, i Sette furono risoluti nella loro eresia. Qualunque cosa la maggioranza avesse deciso, non sarebbero partiti, dichiararono ferventemente.

Mentre le passioni si accendevano, mentre istinti a lungo repressi si rianimavano, questa silenziosa battaglia di anime divenne un conflitto feroce. I Trentasette giurarono che tutti avrebbero dovuto andare e che i Sette dovevano obbedire alla loro volontà. I sette asserirono, violentemente, che non solo si rifiutavano di obbedire, ma che avrebbero fatto il massimo per impedire l’Esodo. Essi avevano bisogno dell’intera produzione dell’impianto d’energia per il proprio scopo, e non doveva andare sprecato nella Sfera Rossa.

Per il momento la situazione era di stallo; ancora l’idea di usare la violenza fisica era solo il fantasma di un’idea in quelle super-menti. Ma era lì, in attesa…

– Ho paura: io che avevo creduto che non avrei mai dovuto aver paura, – disse Alwyn – paura che capiti il peggio. Uno dei sette, Ariston, è il Capo Controllore delle dinamo. Si reputa che lui solo possieda la conoscenza segreta dell’impianto di energia atomica. Se lui rifiuta il suo consenso all’uso della corrente…

– Allora, – disse Lucia, – i Trentasette lo costringeranno a obbedire. Almeno ci proveranno. Sicuramente la forza di Trentasette voleri deve prevalere. Non possiamo lasciare che si metta sulla nostra strada, a qualunque costo. Lo sento; lo sento nella vibrazione di tutti i nostri pensieri. Ma lui è forte; non si farà costringere. C’è solo un modo…

– Che si debba arrivare a questo, alla fine, dopo tutto che l’uomo ha così trionfato sulla natura, e su se stesso! Eppure lo vedo chiaramente; Ariston deve morire! Deve morire, perché il nostro Sacro  Dovere si possa compiere!

Sebbene facessero parte dei Trentasette, e nella loro coscienza di gruppo lo sapessero e si rendessero conto della necessità, loro due, come individui, furono travolti dall’orrore, dal senso di colpa e dalla vergogna per il loro pensiero. Eppure, come  membri dei Trentasette, sapevano che dovevano indurire i loro cuori, che non dovevano esitare. Ariston doveva morire, in modo che Kormak, il suo sostituto, potesse usare tutta la conoscenza che aveva acquisito e liberare la Sfera Rossa dalla Terra, lanciarla nel suo viaggio rischioso.

– Dobbiamo desiderare la sua morte, – disse Alwyn, recuperando parte della sua compostezza. – Deve essere così. Non c’è altro modo. Le nostre volontà unite devono concentrarsi su di lui, e cesserà di esistere. Sarà, almeno, improvviso e indolore.

– Ma morirà solo perché lo desideriamo? – domandò Lucia.  – Il suo spirito fermo e orgoglioso non potrebbe resisterci? Rifiutarsi di essere sopraffatto? E in questo caso?

– Trentasette anime devono sconfiggerne una, non importa quanto forte possa essere – fu la risposta dell’uomo. – È deciso: Ariston deve morire.

E ognuno dei Trentasette fedeli servitori della Vecchia Tradizione piegarono le loro volontà al compito, pensando: “Ariston deve morire, deve morire.”

La dura battaglia fu lunga, perché Ariston era molto tenace, e le menti dei suoi sei sodali rafforzarono la sua resistenza.

Strana, stranissima, era questa silenziosa lotta, questa battaglia di cervelli. Ognuno dei combattenti, soli nei loro appartamenti, o riuniti in piccoli gruppi, sedevano immobili, muti, in lotta con tutti i loro poteri mentali. Non c’era mai stato un tale conflitto nella storia del mondo.

Poi, quasi all’improvviso, la tensione si placò e fu finita. La maggioranza aveva avuto la meglio. Come di comune accordo, vincitori e sconfitti si ritrovarono nella sala comune in modo di poter vedere da soli che cosa era successo, in modo da avere il conforto di una conversazione articolata.

Erano ora scomparsi l’elevata solennità, il quieto, impassibile atteggiamento della riunione precedente. Non potevano incontrarsi serenamente, faccia a faccia. Parlavano in sommessi sussurri, vincenti e perdenti allo stesso modo. Un profondo senso di colpa e di vergogna pesava su di loro. Perché non era morto solo Ariston,  ma anche due suoi seguaci: e dei Trentasette, uno era perito nella battaglia psichica.

– Ma è finita, e il passato non si può cambiare. Non dobbiamo permettergli di assillarci, – disse Alwyn, a cui era toccato inevitabilmente il ruolo di leader. – il nostro percorso adesso è chiaro. Dobbiamo eseguire il Dovere, seguendo tutte le Istruzioni. Kormak prenderà il posto di Ariston, e i quattro ribelli rimasti senza dubbio si sottometteranno ai nostri voleri, ora che abbiamo ottenuto la vittoria, a un così terribile costo. Non è così?

– Ci sottomettiamo, – dissero i quattro, mesti.

– Allora, al tramonto di domani lasceremo la Terra per sempre, per affrontare qualunque destino il Cosmo abbia in serbo per noi. Lavoriamo insieme; che non ci siano più dissensi fra noi. Così, forse, riconquisteremo la pace mentale e l’amicizia nella nostra comune avventura. L’ora è fissata: prepariamoci.

– Siamo preparati. Saremo pronti, – rispose ciascuno, in silenzio.

Dopo che furono allestiti i preparativi per consegnare i defunti alla sepoltura del ghiaccio, l’assemblea fu sciolta. Ogni individuo era in ansia per l’impresa imminente, e cercava di scacciare dalla mente il lacerante ricordo del recente conflitto. Ma un tale sforzo era troppo persino per le loro risolute e disciplinate volontà.

Fu allora che nel tumulto dei loro pensieri giunse una nuova, strana voce. Parlò direttamente ad Alwyn: una voce dalle rovine di Emperia, una voce che arrivava dall’etere, attraverso i deserti di ghiaccio.

– Parla Selene, – dissero le parole che penetrarono i loro cervelli. – Parla Selene, in primo luogo ad Alwyn. Boris e io siamo qui, vivi ma deboli. Ci siamo isolati da voi, abbiamo chiuso le nostre menti alla vostra influenza, fino a oggi. Ma i vostri atroci pensieri, le vostre tremende azioni hanno investito anche noi, una spaventosa tempesta psichica che ha abbattuto le nostre barriere mentali. E sapendo, ora, che il tempo è arrivato, desideriamo dirvi che anche noi tenteremo l’Ultima Avventura.

“Sì, abbiamo lavorato sodo in tutti questi anni solitari, e siamo convinti che la nostra centrale d’energia sia forte abbastanza da energizzare la nostra Sfera. Partiremo nel vostro stesso momento, e forse, portando un carico più leggero, la nostra Sfera potrà superare la vostra e raggiungere per prima un qualche approdo… posto che un qualsivoglia approdo si possa raggiungere.

“Sebbene non siamo mai stati davvero compagni, Alwyn, ho sempre ammirato e rispettato il tuo ricordo. È bene pensare che potremo rincontrarci su qualche lontano pianeta. Fino ad allora, se mai sarà, addio!

– Ascoltare Selene dopo tutti questi anni! – disse Alwyn. – È meraviglioso. Pensavamo tutti che lei e Boris fossero morti, da molto tempo.

– La ami ancora? – chiese Lucia.

– Sì, ancora, – confessò lui. Quanto meno non siamo degenerati al punto da chiudere gli occhi davanti alla verità, anche se spiacevole. Sì, amo ancora Selene; ma allo stesso tempo amo te, Lucia.

– Possiamo affrontare i fatti con sguardo fermo, Alwyn. Io posso. Tu puoi. E allora ecco un’altra verità. Boris mi era stato assegnato dall’Ufficio Matrimoni, e l’avrei accolto volentieri. ma con te sono stata felice. Le nostre menti sono state in sintonia. Ora riposiamoci, perché l’ora è vicina.

Il giorno passò; il tramonto si avvicinava. Kormak testò le sue riserve d’energia, le sue dinamo e tutte le connessioni. I sistemi di aria condizionata e di riscaldamento nella Sfera furono controllati, e funzionavano alla perfezione. La porta fu aperta, e lentamente, gravemente, i 40 uomini e donne si misero in fila.

Il peso di quel che era successo era ancora pesante da portare, e quasi non dissero una parola, quasi non si scambiarono nessun pensiero. Ognuno avanzava, all’apparenza, solo, senza cercare alcun contatto con il vicino. Completato l’imbarco, la porta si sigillò nel suo alloggio a tenuta stagna con un suono sordo.

Venne l’ora del Destino. Alwyn spinse il primo tasto di comando, una connessione meccanica diretta, predisposta per magnetizzare il Metallo Rosso a sufficienza per liberare la Sfera dalla gravità della Terra. Una volta fuori dalla sua profonda caverna, all’aria aperta, i controlli radiocomandati avrebbero finito il lavoro e accelerato la corsa del globo. Questi comandi dovevano essere collegati prima che la Sfera raggiungesse lo strato della ionosfera.

La Sfera Rossa, in un movimento convulso, si staccò dalla camera sotterranea, impennandosi con forza verso l’aria gelida. Attraverso il trasparente scafo metallico del vascello, gli uomini e le donne all’interno videro crollare, una volta per tutte, le mura di questa loro ultima abitazione terrestre.

Salendo lentamente, ora, videro sotto di loro un mondo bianco, screziato dai tenui bagliori del sole morente. Un mondo di ghiaccio e neve, una scena di estrema desolazione in cui niente viveva, niente si muoveva. Anche qui, dove una volta c’era un’isola tropicale, la promessa della liquefazione dell’atmosfera era quasi compiuta. L’Esodo non avrebbe potuto essere rimandato di molto…

Un mondo in cui niente viveva, niente si muoveva? Guardarono verso nord, verso le rovine di Emperia; e di colpo, dall’opaca foschia rossa, un oggetto scuro si fece visibile, risalendo verso sud in una lunga corsa obliqua. Poteva essere solo una cosa.

– Selene e Boris! – gridò Alwyn a Lucia, accanto a lui. – Ci sono riusciti. Hanno scoperto il segreto dell’energia, si sono ricordati delle Istruzioni. Hanno risposto al richiamo del Passato, si sono pentiti della loro ribellione. Ma senz’altro devono aver già dato pieno magnetismo alla Sfera, se vanno così veloci. Mentre io sono riluttante a fare il mio ultimo contatto. Sento un cenno del vecchio, irragionevole sentimentalismo, e vorrei indugiare nel mio ultimo sguardo alla Terra…

“Ma non posso aspettare a lungo, o saremo fuori dalla portata dei radiocomandi. Già ora, posso vedere che la Seconda Sfera presto ci raggiungerà e supererà, qualunque cosa facciamo, a meno che… Ah! Vedo.

– Sì, Alwyn; anch’io vedo! È inutile che cerchi di escludere me dai tuoi pensieri, anche se puoi escludere gli altri. La Seconda Sfera sta arrivando così veloce e a un tale angolo di volo, che senz’altro si schianterà contro di noi! Questo non era stato previsto dai Costruttori. Qualcosa dev’essere andato storto, quando la Seconda Sfera fu tolta dal suo alloggio. Cosa succederà, Alwyn?

– L’impatto distruggerà entrambi i globi, – rispose Alwyn, telepaticamente. – Sarà la fine dell’umanità. Dopo tanti secoli di sforzi, di sacrifici e di trionfo… la fine. Ma non dobbiamo scontrarci. NO!

– Come puoi evitare il disastro, Alwyn? Per quanta velocità imprimi alla Sfera, l’altra di certo ci raggiungerà e distruggerà. Né noi né loro possiamo deviare la rotta delle nostre navi di un grado. Cosa possiamo fare?

E mentre lei formulava senza voce questa domanda, la donna lesse la risposta non detta di Alwyn.

– Non quello! Non quello! – fu il suo grido mentale.

– Sì; non c’è altro modo: il fulminato di sterarium. L’interruttore è qui, sotto la mia mano. un tocco, e la sfera, e tutti noi, saremo fusi nel nulla. Allora Selene e Boris, l’ultima speranza rimasta, possono continuare il loro viaggio. Preparati!

– Farai questo pur di salvare Selene? – disse Lucia, in silenzio. – Non dovrei sentire il peso dei vecchi sentimenti barbarici, eppure non posso di fare a meno di sentire il morso della gelosia. E tu, poiché tu ami Selene, sacrificheresti gli altri, te stesso e me così che lei continui a vivere!

– Sì, lo farò – rispose Alwyn. . Certo, devi capire che non c’è alternativa. Così si compirà il Dovere. Se non salvo la Seconda Sfera, entrambe andranno distrutte, e la più piccola speranza di salvare il genere umano andrà persa per sempre. Fatti forza! Pochi secondi ancora, e premerò il pulsante.

Non visti dai loro compagni, le dita dell’uomo e della donna s’incontrarono in un ultima, tremolante stretta. La mano libera di Alwyn si chiuse sul pomello che avrebbe detonato il fulminato di sterarium. La Seconda Sfera incombeva sempre più grande, mentre si avvicinava, salendo veloce. Poi, dal gruppo che li osservava alle loro spalle si alzò un improvviso mormorio di sgomento, mentre anch’essi realizzavano ciò che stava succedendo, videro il pericolo, e intuirono le intenzioni del loro capo. Troppo tardi!

– Addio, – sospirò Alwyn, e spinse con forza il tasto fatale.

All’istante, ci fu un’intenso lampo di luce, e la Prima Sfera divenne un’abbagliante stella bianca che di colpo si offuscò, disperdendosi in una vaporosa nube di polvere, e svanì. E attraverso quella nuvola in dissolvenza, stupiti e perplessi per lo strano fenomeno, l’uomo e la donna nella Seconda Sfera si diressero avanti e all’insù verso le stelle.

Sapevano solo che erano nello spazio, diretti neanche loro sapevano dove…

 

Copertina e immagine all’interno tratta da Grey Dog Tales
The Red Spheres, Tales of Wonder, primavera 1941; Traduzione © 2019, Mario Luca Moretti

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano

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